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Amnesty International non dimentica Davos

La polizia bloccò l'accesso dei treni a Davos nel gennaio 2001 Keystone

Nel suo rapporto annuale Amnesty International punta il dito sulle limitazioni della libertà constatate durante il Forum economico mondiale.

Per l’organizzazione internazionale di difesa dei diritti dell’uomo, il 2001 è stato contrassegnato da un lato dagli attentati dell’11 settembre e dall’altro dalla rimessa in discussione, in nome della lotta al terrorismo, dei diritti umani fondamentali che credeva accettati per sempre.

In questo senso la Svizzera non viene tirata in ballo, ma ancora una volta Amnesty International si preoccupa delle informazioni riguardanti il trattamento inflitto dalla polizia ai cittadini stranieri durante l’espulsione e il rimpatrio forzato.

Detto ciò il rapporto si concentra anche, sempre per ciò che concerne la Svizzera, sulle restrizioni che sono state “imposte al diritto di riunirsi pacificamente e alla libertà d’espressione” durante il Forum economico mondiale di Davos nel gennaio 2001.

I fatti

Amnesty si accontenta di ricordare i fatti: il divieto ai manifestanti di entrare in Svizzera o di raggiungere Davos, la violenza degli scontri tra polizia e manifestanti, le proteste delle ONG presso le autorità federali, il rammarico espresso da esse e le riflessioni scaturite sui problemi del mantenimento dell’ordine durante il Forum.

Il rapporto fa cenno ugualmente al Tribunale federale “che ha giudicato che visto il rischio della violenza, il divieto di manifestare a Davos non aveva schernito né il diritto a riunirsi né la libertà d’espressione, ma che le autorità avrebbero dovuto considerare altre soluzioni”.

“È una risposta che non ci soddisfa”, commenta Catherine Morand, portavoce della sezione svizzera di Amnesty International. “Ci aspettavamo qualcosa di più preciso riguardo alle misure di mantenimento dell’ordine che non abbiamo giudicato adeguate, ma non abbiamo ottenuto delle risposte chiare.”

Diritti e contestazioni

Bisogna d’altronde contestualizzare i fatti di Davos con il quadro più ampio delle manifestazioni anti-globalizzazione. Il rapporto di Amnesty ne fa cenno nei capitoli consacrati all’Italia e alla Repubblica Ceca.

Genova, durante il G8 in luglio, così come Praga in settembre durante una riunione della Banca mondiale, erano state teatro di violenti scontri, di dure repressioni e di arresti arbitrari. A Genova, un manifestante aveva perso la vita per un proiettile sparato dalle forze dell’ordine.

Amnesty International deplora l’incapacità dei due paesi di fare luce completa su quegli avvenimenti. L’organizzazione ha chiesto, senza successo all’Italia la costituzione di una commissione d’inchiesta indipendente. E teme fortemente che le inchieste della polizia ceca “non siano conformi ai criteri d’indipendenza e d’imparzialità necessari”.

C’è inoltre il fatto che il movimento anti-commercio mondiale è a sua volta diventato un fenomeno senza frontiere. Amnesty International, che ha la funzione di osservatorio mondiale dei diritti fondamentali, vuole evidentemente restare molto attenta.

Riportare i dirigenti alle proprie responsabilità

L’organizzazione non tira delle conclusioni generali. E nemmeno desidera lanciarsi contro la globalizzazione come hanno fatto altre ONG. Non corrisponde al suo ruolo. Davos, New York, Porto Alegre e altri, sono appuntamenti che non vuole mancare, continuando a prendervi parte dall’interno e non dalla strada.

Ciò corrisponde d’altronde ai nuovi obiettivi prefissati dall’organizzazione: per molto tempo ha limitato la propria manovra ai diritti civili e politici. D’ora in avanti metterà anche l’accento sul rispetto dei diritti economici, sociali e culturali, ricordando ogni volta ai dirigenti economici e politici le proprie responsabilità.

Ma quando vede le minacce che pesano sulle libertà più fondamentali, Amnesty non è incline a prendere piuttosto la parte dei manifestanti che dei poliziotti?

“No, ci risponde chiaramente Catherine Morand, per Davos abbiamo riconosciuto che le autorità dovevano assicurare la sicurezza dei partecipanti, non volevamo certo dare carta bianca ai manifestanti di mettere in pericolo persone e cose”.

Una cosa è chiara: che il Forum economico mondiale si tenga l’anno prossimo a Davos o a New York, Amnesty International ci sarà, con lo stesso messaggio e la stessa vigilanza.

swissinfo/Bernard Weissbrodt

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