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Anche le imprese contro il pensionamento a 67 anni

Nei prossimi decenni, gli anziani rischiano di dover tener in mano molto più a lungo i ferri del mestiere Keystone

Secondo un sondaggio, quattro datori di lavoro su cinque sono contrari ad un aumento dell’età di pensionamento dal 2015.

La proposta, lanciata dal ministro dell’interno Pascal Couchepin, continua a sollevare dibattiti e polemiche in Svizzera.

Non ha, probabilmente, sorpreso nessuno l’ondata di reazioni negative espresse dalle organizzazioni dei lavoratori al progetto presentato a fine maggio da Pascal Couchepin.

Meno scontati appaiono invece i risultati di un sondaggio sull’opinione dei datori di lavoro, pubblicato mercoledì scorso dalla Handelszeitung e realizzato a inizio giugno dall’istituto M.I.S Trend.

Oltre l’85% delle 300 imprese interrogate nella Svizzera tedesca e francese disapprovano infatti la proposta di aumentare l’età di pensionamento per uomini e donne a 66 anni dal 2015 e a 67 anni dal 2025.

La misura sicuramente più controversa del pacchetto di drastici interventi sostenuto dal ministro dell’interno per evitare il collasso delle assicurazioni sociali – a cominciare dall’Assicurazione per la vecchiaia e i supersiti (AVS) e la previdenza professionale.

Poco interesse per i lavoratori anziani

Altrettanto categorica la risposta fornita dalla maggioranza dei datori di lavoro alla domanda “Siete disposti ad assumere personale di età superiore ai 65 anni?”.

Più del 77% delle ditte intervistate rispondono negativamente. Il 20% è favorevole, ma a determinate condizioni. Soltanto un misero 1,5% è d’accordo senza riserve.

I dirigenti aziendali sono più “magnanimi” nei confronti del loro personale: oltre il 58% affermano infatti essere pronti ad impiegare fino a 67 anni i loro dipendenti attuali.

Associazioni padronali favorevoli

I datori di lavoro non sono comunque diventati tutti socialisti. Se, come la sinistra, rifiutano le proposte di Pascal Couchepin è piuttosto per una questione di costi.

Il personale più maturo comporta generalmente un onere maggiore tanto per il salario che per la previdenza sociale. E, oltretutto, attualmente vi sono già molti disoccupati più giovani – e meno costosi – che bussano alle porte delle aziende svizzere.

Per Peter Hasler, direttore dell’Unione padronale svizzera, occorre tuttavia avere una visione più a lungo termine. “A partire dal 2006, la popolazione attiva diminuirà rapidamente: le aziende saranno quindi costrette a ricorrere anche alle persone più anziane”.

Sia l’Unione padronale svizzera che Economiesuisse, l’altra grande associazione dei datori di lavoro, sarebbero addirittura favorevoli ad aumentare l’età di pensionamento ancora più in fretta di quanto proposto dal ministro dell’interno.

Sindacati in tenuta da combattimento

Seppure meno disposti a scendere sulle piazze rispetto ai loro colleghi dei paesi vicini, anche per i lavoratori svizzeri e per i loro rappresentanti la difesa dei diritti previdenziali è ormai diventata la priorità numero uno da diversi anni.

I sindacati hanno già preannunciato di voler lanciare una grande offensiva contro le misure di “smantellamento sociale” avanzate da Couchepin e considerate una vera e propria “provocazione”.

Per Colette Nova, segretaria dell’Unione sindacale svizzera (USS), “l’AVS è già confrontata da decenni alla questione dell’invecchiamento della popolazione e finora ha superato brillantemente la prova”.

Secondo la sindacalista, “per garantire il futuro delle assicurazioni sociali vi sono soluzioni ben migliori di un aumento dell’età di pensionamento”. Ad esempio, favorire una maggiore crescita economica oppure facilitare l’accesso delle donne al mercato del lavoro.

Anche Martin Metzger, direttore di Pro Senectute, propone di cercare alternative più valide, come “l’inserimento ad una più giovane età nel mondo scolastico e professionale”.

Evoluzione demografica preoccupante

Dirigenti politici, economici e sindacali sono chiamati, nei prossimi anni, a mettere in mostra spirito di inventiva e capacità di compromesso per evitare sia il collasso della sicurezza sociale che quello della pace sociale.

La preoccupante curva demografica dei prossimi decenni rischia infatti di creare forti tensioni non solo tra i cosiddetti partner sociali, ma anche tra le generazioni.

L’evoluzione non è comunque nuova: nel 1950 le rendite di un pensionato erano finanziate da 6 persone attive, nel 2000 da 4 lavoratori. Nel 2050 vi saranno probabilmente soltanto 2 persone attive a sfaticare per far godere la pensione ad un anziano.

swissinfo, Armando Mombelli

10. revisione AVS (in vigore): pensionamento per gli uomini a 65 anni, per le donne a 64.
11. revisione AVS (in cantiere): per uomini e donne a 65 anni dal 2009.
12. revisione AVS (progetto Couchepin): per uomini e donne a 66 anni dal 2015 e a 67 anni dal 2025.

Il 26 maggio scorso, Pascal Couchepin ha presentato un pacchetto di proposte per risanare le assicurazioni sociali, minacciate in particolare dall’invecchiamento della popolazione.

Secondo il ministro dell’interno, occorre tra l’altro aumentare l’età di pensionamento per uomini e donne dal 2015.

Combattuta dalla sinistra e dai sindacati, questa proposta non otterrebbe neppure il sostegno dei datori di lavoro.

Secondo un sondaggio, l’85% dei dirigenti aziendali interrogati respingono il progetto Couchepin.

Il 77% non sono neppure disposti, attualmente, ad assumere dipendenti di età superiore ai 65 anni.

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