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Quando l’handicap porta al successo in teatro

Danza, musica, tragedia o fantascienza: HORA è molto eclettica nella scelta dei generi. Nella foto, lo spettacolo "Mars Attacks!" (2014). Frances d‘Ath

La compagnia teatrale zurighese HORA, che tra le sue file conta attori professionisti con disabilità mentali, lo scorso 26 maggio ha ricevuto a Ginevra il Gran premio svizzero del teatro/Anello Hans Reinhart. Con umorismo, gli attori, «coscienti delle loro difficoltà, giungono a giocarci». Incontro.

Creato tre anni fa dall’Ufficio federale della cultura (UFC), il Gran premio svizzero di teatro/Anello Hans ReinhartCollegamento esterno è andato nel 2014 a Omar Porras e nel 2015 a Stefan Kaegi. Due registi il cui lavoro – estetico e letterario nel caso del primo, documentario e sociale del secondo – è stato messo in scena nei più grandi teatri del mondo, dall’Europa all’America latina, passando per l’Oriente. Resisti di prestigio, per il teatro svizzero.

Nel 2016 il Gran premio è andato al teatro HORACollegamento esterno. Questa compagnia zurighese, composta di attori professionisti con disabilità mentali, non gode certo all’estero della fama di Porras e Kaegi. Si produce soprattutto in area germanofona: Svizzera tedesca, Austria e Germania. Sia nella Svizzera italiana, sia nella Svizzera francese è stata invitata solo due volte dall’anno della sua fondazione nel 1989. Il suo successo internazionale si è basato sullo spettacolo «Disabled Theater».

Ciò che ha pesato soprattutto nella scelta della giuria di questa terza edizione del Gran premio, è la perseveranza di una compagnia che nonostante le difficoltà fisiche e mentali dei suoi attori non ha mai smesso di credere nel suo lavoro e nella sua libertà. L’UFC «conferisce così un’onorificenza a un’istituzione che da 25 anni offre a dei disabili mentali la possibilità di fare teatro a livello professionale». La direttrice dell’UFC, Isabelle Chassot, l’ha del resto ricordato al momento della consegna del Gran Premio il 26 maggio scorso a Ginevra, parlando di una «libera repubblica», innamorata dell’uguaglianza.

“Human Resources” (2015). Sava Hlavacek

«Sì, sono una star»

Creato dal pedagogo del teatro Michael Elber dopo la realizzazione di un primo progetto nel 1989, è uno dei pochi teatri professionali svizzeri che lavora con disabili mentali. Conta 14 attori professionali e cinque attori in formazione che partecipano ad atelier artistici e culturali. La maggior parte degli attori ha tra i 20 e i 30 anni.

I suoi spettacoli vanno in scena per la maggior parte nella Rote Fabrik di Zurigo. Dal 2003 fa parte della fondazione Züriwerk, un’istituzione zurighese per disabili mentali. La sua fama ha superato le frontiere nazionali. Nel 1998 ha ricevuto il Premio sociale e culturale dell’azienda ZFV e nel 2015 il Premio di consacrazione della fondazione Paul-Schiller. La sua creazione più nota, «Disabled Theater», ha ricevuto nel 2013 il Premio svizzero della danza.

Libertà, ma anche umorismo. Due valori che ben definiscono il lavoro del teatro HORA. Con il suo direttore Giancarlo Marinucci, l’appuntamento è fissato per il giorno successivo alla consegna del premio. Lo troviamo in compagnia di Gianni, uno degli attori, e di Giulia, una delle vedette della compagnia. O almeno è così che si percepisce la ballerina e attrice. Ridendo, conferma: «Sì, sono una star», poi, lucida, aggiunge: «Ma un giorno tutto questo è destinato a finire». Piena di talento, è già stata premiata: nel 2013, agli Incontri teatrali di Berlino, riceve il premio per l’interpretazione intitolato ad Alfred Kerr.

Più tardi nella vita, Giulia prolungherà forse i suoi sogni identificandosi, dice, con le stelle del cinema e delle serie TV americane, come Victoria Justice, eroina della sitcom «Victorious». Gianni ha in mente altri modelli, quelli che popolano la tetralogia di  «Hunger Games». In mano ha una videocassetta della celebre serie cinematografica, a partire dalla quale vorrebbe metter in piedi uno spettacolo, spiega.

Ah sì? Ma come? «Sì, è il suo desiderio più grande», risponde Giancarlo Marinucci. «Spera di realizzarlo nell’ambito del progetto ‘Freie Republik’, che offre a sei nostri attori scelti da una giuria la possibilità di dar libero sfogo alla loro immaginazione e anche alle loro ossessioni attraverso una messa in scena concepita da loro stessi». Il progetto, è bene notarlo, non comporta nessun intento terapeutico.

Terapia, no!

«Non siamo qui per ‘curare’ i nostri attori, che rimangono perfettamente coscienti del loro handicap e arrivano persino a gicoarci», avverte Giancarlo Marinucci, citando a proposito l’esempio di «Disabled Theater», vale a dire lo spettacolo faro di HORA. Per realizzarlo, la compagnia ha chiamato il grande coreografo francese Jérôme Bel. Questo spettacolo, che ha costruito la fama internazionale della compagnia, l’avevamo visto nel 2012 al festival della Bâtie a Ginevra. Qualche settimana prima era in programma al festival di Avignone, nel 2013 al festival d’autunno di Parigi. Due piattaforme francesi prestigiose che hanno dato alla compagnia zurighese nuova linfa vitale.

“Die Lust am Scheitern” (2000). Michael Bause

Successo internazionale

In seguito, lo spetttacolo è andato in tournée e continua a girare per tutto il mondo: Corea del Sud, Singapore, Brasile, Stati Uniti, Canada e presto al Cairo e ad Abu Dhabi. Non c’è pietà o imbarazzo, in «Disabled Thater». Di fronte al pubblico, nove attori si presentano a turno, quindi nominano il loro handicap. La realtà di questo handicap non è nascosta, è anzi messa al servizio del gioco che qui passa attraverso la danza.

«Avevo un timore, pensavo che lo spettacolo scioccasse il pubblico. Ma in tutti i paesi in cui siamo andati, abbiamo incontrato sale all’ascolto, attente e rispettose», confida Marinucci. Nessun voyeurismo. Né in «Disabled Theater», né altrove. Altrove, in altri spettacoli della compagnia, il gioco passa dalla musica («Normalität. Ein Musical»), dalla fantascienza («Mars Attacks!») o dalla tragedia («Faust»). In tutti i casi, è sempre l’esperienza individuale degli attori a essere sollecitata per creare un’atmosfera. «Seguiamo da vicino i loro gusti. Uno dei nostri attori, per esempio, adora lo stile gotico, indossa degli anelli, delle collane…», osserva Marinucci.

Moda, cinema, musica, teatro: fonti preziose di ispirazione. «I registi che lavorano con noi cominciano sempre ponendo domande agli attori su ciò che hanno visto o ascoltato di recente e su quello che gli è rimasto impresso», afferma Giancarlo Marinucci. Un mondo dove le percezioni e i modi di esprimersi divergono dai nostri. «Ciò non impedisce ai nostri attori di essere normali», precisa il direttore. Una normalità che conserva il proprio vocabolario… toccante.

(Traduzione dal francese, Andrea Tognina)

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