Antrace, la psicosi avanza
Gli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti non hanno soltanto scatenato una guerra. Hanno anche alterato l'abituale percezione dei rischi e dei pericoli, facendo nascere, tra l'altro, la psicosi dell'antrace.
I drammatici avvenimenti dell'undici settembre hanno sconvolto l'opinione pubblica. Dopo un primo sentimento di incredulità e di apprensione per le vittime e per le ripercussioni degli attacchi di Nuova York e Washington, è il senso di impotenza nei confronti di pericoli imprevedibili che ha preso il sopravvento.
E ora, con i veri o presunti attentati batteriologici, i timori si focalizzano su una nuova minaccia: gli invii postali sospetti che potrebbero contenere spore di antrace. Le notizie sui recenti casi, di cui uno mortale, verificatisi negli Stati Uniti e sulle buste contenenti polverine sospette, segnalate un po' dappertutto nel mondo, hanno scatenato in molte persone una vera e propria psicosi. E già c'è chi fa la scorta di antibiotici, chi acquista maschere antigas, chi non osa più aprire la posta.
Quali sono i meccanismi suscettibili di scatenare simili reazioni? Come mai, in una società che è costantemente confrontata a pericoli ben più presenti e concreti, anche una sola busta di cui non si conosce il contenuto e recapitata magari a centinaia di chilometri di distanza, può suscitare tanta paura?
La paura è dettata dalle convinzioni
Il professor Gianfranco Soldati, docente di filosofia moderna e contemporanea all'Università di Friburgo ed esperto di relazioni tra filosofia e psicologia, ci spiega che i timori e le emozioni dipendono soprattutto dalle nostra certezze, dalle nostre convinzioni. "Per aver paura" afferma "non basta essere confrontati a pericoli reali, come per esempio quelli che si riscontrano nel traffico motorizzato. Infatti, pur sapendo che il rischio di finire sotto una macchina è abbastanza grande, noi neutralizziamo questa convinzione, evitando di pensarci continuamente. E se non ci si pensa, non si avverte la paura. Mentre se ogni giorno riflettessimo alla probabilità di finire sotto una macchina, probabilmente non attraverseremmo più la strada."
Per il professor Soldati, sono proprio le convinzioni che influenzano le emozioni. Per cui ora, dopo tutto quanto è successo ultimamente, "al centro delle nostre preoccupazioni ci sono le convinzioni concernenti i pericoli dell'antrace, del terrorismo, di un qualche pazzo che prende il fucile e comincia a sparare all'impazzata."
Il difficile rapporto dell'uomo con le probabilità
Ma perché non siamo in grado di pensare, in modo razionale, che certi pericoli non ci concernono direttamente? Per esempio, che una busta sospetta, in una città lontana, non costituisce alcun pericolo effettivo per noi? E che le probabilità i ricevere personalmente una busta con delle spore di antrace sono infime?
"Perché quando si tratta di tener conto delle probabilità" afferma il professor Soldati "la gente ha dei problemi". E spiega che, quando si manifestarono i primi casi di aids, negli Stati Uniti numerose persone sieropositive si suicidarono. Perché i medici che li curavano non erano stati capaci di far loro capire che, pur essendo sieropositivi, c'era tuttavia la probabilità che la malattia non si manifestasse.
"Il semplice fatto di dare delle indicazioni precise sul modo di valutare le probabilità di un evento negativo, può condurre a delle emozioni differenti. Ma, in quel campo, ci sbagliamo molto spesso" specifica il professor Soldati.
Inoltre, non sempre si sente il bisogno di verificare certe informazioni. E questo dipende dal bagaglio di convinzioni che si ha a disposizione. "Se uno ha già la convinzione che oramai il mondo va male, che siamo in preda al terrorismo" dice il professor Soldati "è anche pronto ad accettare, senza nessuna verifica, qualsiasi informazione supplementare. Perché ciò rientra nella concezione globale che si è fatto del mondo. È una questione di coerenza."
Considerare l'attualità in un contesto più generale
Questa visione del mondo, questa concezione globale è in gran parte costituita da informazioni diffuse dai mass media. Che però, normalmente, non fanno altro che riportare notizie, senza necessariamente inserire i fatti cui si riferiscono in un contesto più generale. E secondo il professor Soldati "in una riflessione di fondo sul caso delle paure legate al terrorismo, si dovrebbe cercare di mettere i fatti d'attualità in relazione con un contesto più generale".
Per capire i meccanismi che generano certe emozioni e certi timori, si dovrebbe confrontare l'attuale paura del terrorismo con le paure di massa, che si ripresentano ciclicamente nella storia dell'umanità. "E per tentare di scoprire le leggi generali che determinano il fenomeno della paura" conclude il professor Soldati "ci si potrebbe anche chiedere perché c'è chi continua a fumare, ben sapendo che la probabilità di ammalarsi di cancro è abbastanza grande". C'è di che riflettere.
Fabio Mariani

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