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Arte contemporanea: tra visione e percezione

Markus Raetz: Senza titolo (1980-1983) Kunstmuseum Bern

È attorno alla tematica della percezione visiva che ruota "Don't Look Now", la prima di una serie di esposizioni con cui il Kunstmuseum di Berna ha deciso di iniziare a rendere note le opere della propria collezione di arte contemporanea.

Negli ultimi anni il Museo d’arte di Berna ha mostrato raramente opere della sua collezione di arte contemporanea. Questa assenza era motivata dal desiderio di accrescere nel pubblico la curiosità verso di esse e verso il nuovo spazio progettato per accoglierle.

“Inizialmente avevamo programmato di non mostrare troppo della nostra collezione per poterla presentare nella nuova ala del museo”, spiega a swissinfo.ch Kathleen Bühler, responsabile della sezione di arte contemporanea e curatrice dell’attuale esposizione. “Ma quando ci siamo resi conto che l’ampliamento non era più realizzabile abbiamo pensato che era molto importante mostrare i nostri tesori ora.”

Vedere e percepire

Prima di una serie di 5 esposizioni tematiche che saranno presentate nel corso dei prossimi anni, “Don’t Look Now” propone una piccola ma significativa parte dell’immenso patrimonio chiuso nei depositi del Museo.

I lavori esposti sono stati realizzati negli ultimi 40 anni da una ventina di artisti internazionali e si focalizzano tutti, senza eccezione alcuna, attorno al vedere, alla visibilità e invisibilità nonché alla percezione visuale.

“Non volevamo presentare la nostra collezione secondo un ordine cronologico e così ho cercato di individuare dei temi specifici trattati nell’arte contemporanea”, spiega la curatrice. “E ho trovato che la riflessione sulla relazione tra percezione e visione è molto presente.”

Sorprendente, convincente e in alcuni casi davvero spiazzante, l’accurata e interessantissima selezione proposta da Kathleen Bühler offre una gamma molto ricca di generi, tecniche e di approcci in cui questa riflessione è stata tematizzata.

Vecchi conosciuti e nuove sorprese

Alcune delle opere portano la firma di artisti familiari al Kunstmuseum, come il bernese Olivier Mosset -che nel suo enorme dipinto monocromo Red Painting (1981) s’interroga sull’essenza della pittura- o l’americano Christian Marclay -che in White Noise (1993), una grande e suggestiva installazione murale composta da un collage di foto appese a rovescio, induce l’esperienza visuale a riempirsi di un muto brusio-, ma sono presenti anche lavori nuovi che dal loro acquisto non erano ancora mai stati presentati.

“I dipinti di Pia Fries, ad esempio, non vengono esposti dagli anni 90”, sottolinea la curatrice. “Da queste opere si capisce subito che la Fries è un’artista che oltrepassa il mondo della visione perché la sua è una pittura così sensuale che si ha voglia di toccarla e gustarla.”

Se i coloratissimi e materici dipinti della Freis costituiscono una presenza nuova, l’installazione che Markus Raetz ha realizzato per il piccolo gabinetto “Stettlerbau” del Kunstmuseum è sotto gli occhi del pubblico dal 1983, “ma come tutte le cose che si trovano sempre allo stesso posto, si finisce per non vederla più”, sottolinea la curatrice. “E per me era importante includere in questa esposizione anche questa installazione perché Raetz è un artista che usando pitture, disegni, piccoli oggetti gioca con il punto di vista e invita a scoprire modi di vedere.”

La comprensione

In numerose opere, tra cui The Looking Glass (1978) di James Lee Byars, sembra non ci sia nulla da vedere. Ma questa grande lastra di vetro provvista di un foro dorato che il visitatore si trova di fronte non appena solca l’uscio del museo, vuole attirare l’attenzione proprio sull’atto del vedere invitando il pubblico a uno sguardo consapevole.

“È sempre difficile con l’arte contemporanea individuare ciò che è importante, capire perché un oggetto è un pezzo d’arte e l’altro no, anche per me”, sottolina la Bühler. “E in questa mostra ho voluto giocare mostrando oggetti che si possono o non si possono riconoscere come arte. Perché è ciò di cui si ha cognizione che si riesce a vedere. È come quando si fa un viaggio in un altro paese: si vedono solo le cose che si conoscono.”

Anche Light (1994), l’installazione minimalista dell’artista pakistana Ceal Floyer -che in una sala buia illumina una lampadina appesa al soffitto servendosi di 4 dia-proiettori – è un meccanismo che mette in scena l’illusione e l’assurdo invitandoci a riflettere sui nostri meccanismi percettivi.

E ancora alla capacità di percepire e comprendere si rivolge l’iscrizione luminosa Voir Mort (1991) dell’artista concettuale Remy Zaugg, un’opera nella quale la riflessione sulla relazione tra visione e percezione è spinta ai limiti più estremi. Il contrasto semantico tra i 2 termini, la dissonanza insita nella forma grammaticale, la contraddizione tra la dimensione commerciale richiamata dal supporto luminoso e il concetto di morte come fine di ogni consumazione, ogni piano crea in questo lavoro relazioni dialettiche contrastanti ed enigmatiche.

Grande speranza per una casa futura

“Don’t Look Now” costituisce comunque solo un gustoso assaggio rappresentativo e fino a quando non verrà trovata una soluzione al dolente tema della mancanza di spazio, gli amanti dell’arte contemporanea dovranno accontentarsi di questi scorci.

Ma Kathleen Büher non si perde d’animo e con grande ottimismo non esclude che un giorno possa concretizzarsi anche la realizzazione di un’area nuova in grado di accogliere queste opere in modo permanente. “Credo ci siano tante possibilità ma anche tanti interrogativi e problemi sia politici che strategici a cui bisogna trovare una soluzione.”

“Comunque io sono molto ottimista, perché so che la costruzione dei nuovi musei richiede sempre molto tempo. Ci sono voluti per esempio 25 anni per il Kunsthaus di Arau e 60 per il Landesmuseum a Zurigo. Allora noi non siamo ancora troppo fuori tempo!”

Paola Beltrame, Berna, swissinfo.ch

“Don’t Look Now”, la prima di una serie di 5 mostre tematiche con le quali Il Kunstmuseum di Berna intende presentare le opere della sua collezione di arte contemporanea, rimarrà aperta fino al 20 marzo 2011.

Orientata verso l’arte internazionale la collezione è composta da fondi e depositi di lunga duranta della fondazione Kunsthalle Bern, Kunst Heute, GegenwART e Bernische Stiftung für Fotografie, Film und Video, oltre che da opere di proprietà del museo stesso.

La mostra propone lavori di: Silvia Bächli, Herbert Brandl, Stefan Brüggemann, James Lee Byars, Hans Danuser, Joel Fisher, Ceal Floyer, Pia Fries, Christian Marclay, Olivier Mosset, Yves Netzhammer, Boris Nieslony, Meret Openheim, Nam June Paik, Markus Raetz, Tracey Rose, Christoph Rütimann, Adrian Schiess, Bill Viola, Rémy Zaugg

Il titolo dell’esposizione fa allusione a un thriller del 1973 del regista inglese Nicolas Roeg intitolato “Don’t Look Now” (uscito in italiano come: “A Venezia… un dicembre rosso shocking”).

Il film, ispirato a un racconto breve della scrittrice britannica Daphne du Maurier, si sviluppa attorno al concetto che le cose essenziali spesso restano invisibili o che è facile passarvi accanto senza vederle. Dilemma questo che accompagna molto spesso l’arte contemporanea.

L’invito a non guardare esplicitato dal titolo, nell’esposizione fa riferimento, con un po’ di ironia, al lungo periodo di assenza dalla vista delle opere della collezione di arte contemporanea. Un’assenza che ha costretto fino a questo momento -e costringerà anche in futuro- le persone interessate al genere a “non guardare ora”.

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