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Banche svizzere in Italia: alla conquista di nuovi clienti

Lo scudo fiscale voluto dal ministro delle finanze italiano potrebbe favorire l'espansione delle banche elvetiche nella Penisola.

Il ministro italiano Giulio Tremonti ha dichiarato guerra al segreto bancario svizzero. Non lo ha fatto per un’ antipatia verso la Svizzera quanto piuttosto perché intenzionato a ricuperare nel minor tempo possibile i 550 miliardi di euro – 800 miliardi di franchi svizzeri – che gli italiani hanno depositato nel corso degli anni nelle banche svizzere.Una manovra che con l’avvento dell’euro ha effettivamente qualche possibilità di successo.

Un rientro inferiore al previsto

Il provvedimento, noto come il decreto-legge Tremonti, concede l’immunità fiscale e l’anonimato a chi, per evadere le tasse in Italia, ha esportato capitali all’estero, a patto che al momento del rimpatrio dei fondi, versi l’equivalente di un modico 2,5% di questo capitale allo Stato. Con il decreto-legge il ministro delle finanze conta di colmare il vertiginoso buco del deficit statale. Il governo Berlusconi si dice certo di riuscire a far rientrare in questo modo dai 50 ai 100 miliardi di euro.

I dati, appena comunicati dall’Ufficio Italiano dei Cambi, sembrano però smentire l’ottimismo del “cavaliere”. Dall’entrata in vigore del decreto, in novembre, sono stati rimpatriati solo 2’381 milioni di euro. 502 milioni sono stati invece regolarizzati. Non a caso il termine per il rimpatrio è stato più volte spostato. Fissato inizialmente al mese di febbraio, è stato successivamente prolungato fino in maggio ed ora l’ultimo termine è il mese di giugno.

La piazza finanziaria ticinese in crisi

I capitali rimpatriati in Italia vanno comunque ad alleggerire le banche elvetiche, soprattutto quelle ticinesi. Secondo Giorgio Ghiringhelli, presidente dell’Associazione bancaria ticinese, l’economia cantonale “vive” della piazza finanziaria e un indebolimento di quest’ultima avrebbe conseguenze catastrofiche.

In effetti, gli istituti di credito ticinesi gestiscono qualcosa come 400 miliardi di franchi: il 10% degli affari bancari di tutta la Svizzera. Il Dipartimento cantonale delle finanze, dal canto suo, non si sbilancia. Per la responsabile, la consigliera di Stato, Marina Masoni, è prematuro esprimersi sulle conseguenze del decreto.

Anche all’UBS, uno dei grandi istituti bancari elvetici, i responsabili non sembrano troppo preoccupati. “I clienti che si sono informati sulla possibilità di rimpatriare i loro capitali detengono meno del 10% degli averi italiani presso la nostra banca”, spiega a swissinfo Christoph G. Meier, responsabile delle Relazioni pubbliche.

Il Credit Suisse Group non vuole fornire dati ma ammette che numerosi clienti si sono informati sulla possibilità di trasferire i propri soldi, anche se poi non lo hanno fatto. “L’importante è che questi fondi vengano dichiarati allo Stato italiano”, dichiara a swissinfo Martin Somogyi, portavoce del Credit Suisse, “non è necessario che vengano per questo trasferiti in patria. Dichiarandoli, questi fondi diventano automaticamente ufficiali”.

Alla conquista del mercato italiano

Ma i clienti italiani che vorrebbero approfittare dell’amnistia fiscale senza dover rinunciare alla qualità e alla discrezione dei servizi bancari elvetici, hanno ancora una possibilità. Le banche più lungimiranti sono già corse ai ripari e hanno aperto nuove succursali nelle principali città italiane.

Il Credit Suisse Group ha iniziato già nel 1999 ad investire nel mercato italiano. “Fa parte della strategia europea della nostra banca rivolgerci ai clienti facoltosi nel loro stesso Paese”, sottolinea Martin Somogyi. Oggi il CS Group ha 14 filiali e 35 sedi minori in Italia e copre così tutta l’area dell’Italia settentrionale.

L’UBS ha concentrato i propri sforzi su quattro grandi città: Milano, Roma, Bologna e da poco anche Napoli. La Pictet&Cie di Ginevra ha aperto nel 2000 due filiali a Torino e a Milano.

I fondi che lasciano la Svizzera finiscono dunque nelle sedi italiane delle banche elvetiche? “Il 50% dei capitali che sono stati prelevati dalle nostre sedi in Svizzera sono effettivamente confluiti nelle succursali italiane dell’UBS”, spiega Christoph G. Meier. “L’UBS si trova in una posizione particolarmente favorevole perché ha filiali che si occupano del private banking nei centri con una concentrazione patrimoniale particolarmente forte”.

Gli svizzeri d’Italia…….

Ma, ironia della sorte, non sono solo i cittadini italiani a lamentarsi per il nuovo decreto. Fra la comunità svizzera in Italia, soprattutto in Lombardia, lo stupore è grande. “Perché mai”, scrive un lettore indignato alla “Gazzetta svizzera”, “io, cittadino svizzero e solo svizzero, devo pormi il problema se avvalermi o meno di questa nuova legge?”

Gli fa eco l’avvocato Ugo Guidi, personalità molto nota fra gli svizzeri di Milano, che spiega a swissinfo: “Non si può vivere e beneficiare dei vantaggi e degli aspetti piacevoli di un Paese, senza rispettarne le leggi. La legge italiana sul rimpatrio di capitali vale per tutti, anche per i cittadini stranieri”.

“Gli svizzeri residenti in Italia hanno reagito malissimo al decreto Tremonti”, dice Guidi, bisogna comunque distinguere”, dice Ugo Guidi, “fra gli svizzeri che vivono già da molti anni in Italia e che hanno depositato in Svizzera i loro risparmi, o hanno acquistato una casa senza farlo sapere al fisco italiano e quelli che si sono limitati a ricevere, ad esempio un’eredità, pure senza dichiararla allo Stato italiano. I primi hanno finito per accettare il decreto, i secondi invece fanno molta fatica ad accettarlo”.

…….e gli italiani in Svizzera

L’avvocato svizzero ricorda anche che il decreto Tremonti non si applica solo a coloro che, italiani o stranieri, risiedono effettivamente in Italia ma anche a chi ha acquisito un domicilio di comodo, o fasullo, in un Paese a fiscalità agevolata, pur abitando di fatto in Italia e ricorda che si tratta di una legge fiscale e non valutaria.

Negli altri Paesi comunitari si guarda con interesse e un pizzico di curiosità a quanto succede in Italia e in Svizzera. Il 60% del capitale depositato all’estero da cittadini residenti in Italia, ossia il 60%, si trova comunque in Svizzera. Il 13% in Germania, la percentuale restante in Paesi come l’Austria e la Francia. Il Credit Suisse persegue in Germania e in Spagna un’analoga strategia come in Italia e propone lo stesso tipo di servizi.

E il segreto bancario? Il decreto Tremonti potrebbe, paradossalmente, giovare e non nuocere al segreto bancario svizzero. Se infatti, grazie allo spiccato senso degli affari delle banche elvetiche, i capitali depositati in Svizzera rientreranno in tutta legalità nelle succursali italiane di queste banche, l’immagine della piazza finanziaria svizzera verrà rivalutata e sarà più difficile accusare gli istituti di credito della Confederazione di accogliere fondi neri e proteggerne i titolari.

Elena Altenburger

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