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Battaglia per l’elettricità

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A tre mesi dalla votazione popolare, partigiani e oppositori della liberalizzazione del mercato dell'elettricità hanno aperto la campagna. Si prospetta un'estate calda.

Data l’importanza delle sue ripercussioni economiche e ideologiche, la Legge sul mercato dell’elettricità (LME) avrà occupato il parlamento per una buona parte dell’anno.

Dopo due passaggi tra le due camere, si dovuto far ricorso alla Commissione di conciliazione per eliminare le ultime divergenze fra il Consiglio nazionale e quello degli Stati.

Tuttavia, il compromesso non ha convinto nè la sinistra nè i Verdi, messi in minoranza nei dibattiti parlamentari. Il referendum, lanciato dall’Unione sindacale svizzera (USS) è riuscito nel maggio del 2001.

Quasi la metà delle 67’000 firme sono state raccolte nella Svizzera romanda, e un terzo nei soli cantoni di Vaud e Ginevra.

La votazione popolare è stata fissata per il 22 settembre di quest’anno. E lunedì, i partigiani e gli oppositori della nuova legge hanno lanciato la campagna, presentando alla stampa i loro argomenti.

Apertura inevitabile

Per il comitato “Sì alla LME”, che raggruppa un centinaio di parlamentari dei partiti borghesi, l’apertura del mercato è inevitabile. Ed è anzi addirittura già cominciata. Quindi, in queste condizioni, tanto vale controllarla, piuttosto che fare le spese di una liberalizzazione selvaggia.

Per questo, la legge prevede un lungo periodo di adattamento: sei anni per arrivare all’apertura integrale, in tre tappe. I primi ad aver diritto di approvvigionarsi dove meglio gli pare saranno i grandi consumatori, poi le piccole e medie imprese e infine le economie domestiche.

Rischi di black-out

Da parte del comitato “No alla LME” si teme invece che gli speculatori facciano piombare il paese nella notte più nera, come è capitato di recente in California.

Infatti, il solo modo di rispondere ai picchi della domanda assicurando l’approvvigionamento consiste nel costituire riserve di capacità, molto costose. “Ora, il comportamento economico razionale consiste nell’adattare il più possibile l’offerta alla domanda”, spiega il consigliere nazionale socialista vodese Pierre-Yves Maillard.

Gli oppositori alla LME si aspettano pure un forte rialzo dei prezzi per i piccoli consumatori. Se i partigiani della legge non commentano questo argomento, invocano per contro il fatto che le piccole e medie imprese svizzera pagano attualmente la corrente elettrica fino a due volte più dei loro concorrenti europei.

Favorire la corrente ecologica

Rimane l’argomento ecologico. Per il consigliere nazionale democratico-cristiano lucernese Ruedi Lustenberger, le Alpi svizzera, “serbatoio idrico dell’Europa”, hanno tutto da guadagnare con la LME, che assicura una base legale alla riassicurazione delle loro dighe.

La legge prevede infatti dei prestiti per la modernizzazione delle grandi centrali idroelettriche che non saranno più competitive. E accorda pure un esonero delle spese di trasporto della corrente a tutte le piccole centrali, siano esse idroelettriche, solari, eoliche o a legna.

Incoraggiamenti all’energia pulita, che sembrano però nettamente insufficienti al comitato “No alla LME”. Gli oppositori temono infatti un aumento del consumo globale dal 10 al 20 percento – come si è d’altronde osservato in Europa.

Ora, la parte d’energia rinnovabile rischia di aumentare contemporaneamente soltanto dall’1 al 2 percento, rimanendo così cara e poco competitiva.

Marc-André Miserez

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