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Berna prepara il rimpatrio di altri 3000 kosovari

Il minsitro degli esteri svizzero ha visitato anche una scuola, costruita con l'aiuto elvetico Keystone

Il consigliere federale Joseph Deiss si è recato lunedì in Kosovo, per verificare le condizioni di sicurezza nella provincia jugoslava sotto amministrazione Onu.

Ogni caso dovrà essere verificato singolarmente, ha dichiarato il ministro degli esteri dopo aver incontrato politici locali e rappresentanti dell’Onu.

Il previsto rimpatrio riguarda in particolare le minoranze etniche Rom e Ashkali, in passato perseguitate dai nazionalisti albanesi. Esso dovrebbe avvenire su base volontaria e per chi ritorna è previsto un aiuto finanziario, ha precisato Muriel Berset-Kohen, portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), senza poterne precisare l’entità. I dossier saranno valutati caso per caso dal rappresentante permanente dell’Ufficio federale dei rifugiati (UFR) a Pristina, capoluogo del Kosovo.

2002, anno del ritorno

Secondo la portavoce, la visita di Deiss, tre anni dopo l’arrivo nella provincia della Missione dell’Onu in Kosovo (Unmik), deve permettere al capo della diplomazia elvetica di chiarire se il momento sia opportuno per un ritorno dei rifugiati. Il capo della Unmik, Michael Steiner, aveva infatti dichiarato il 2002 anno del ritorno, ha rilevato la Berset-Kohen.

Il consigliere federale, accompagnato dal direttore dell’UFR Jean-Daniel Gerber, ha incontrato il governatore Onu Steiner, il presidente dell’Assemblea parlamentare, Nexhat Daci, e il primo ministro, Bajram Rexhepi. Deiss ha inoltre pranzato con i numerosi svizzeri che lavorano per le diverse organizzazioni sul posto, come la Unmik, Swisscoy e il Cicr.

I diversi incontri gli hanno permesso di costatare i progressi realizzati a livello di sicurezza, economia e integrazione delle minoranze. La portavoce del DFAE ha tuttavia messo in guardia dal generalizzare: la situazione varia considerevolmente da villaggio a villaggio. In ogni caso, «c’è una volontà reale da parte di tutti di avanzare sulla via dell’integrazione, anche se rimane molto da fare».

Situazione difficile

Il colloquio con il primo ministro Rexhepi ha permesso di constatare una situazione economica molto difficile: il 70 per cento della popolazione ha meno di 30 anni e il 60 per cento è disoccupato. Rimane molto da fare soprattutto per attirare gli investimenti richiesti dalle autorità provvisorie del governo autonomo.

Dal 1999 al 2002 la Svizzera ha impiegato circa 334 milioni di franchi in progetti e programmi nel Kosovo, compreso il distaccamento militare Swisscoy. Quest’anno, il contributo totale elvetico ammonta a circa 67 milioni di franchi.

Le principali azioni sono state un programma per rifugi d’emergenza per 32’000 persone rimpatriate, progetti di ricostruzione e di ripristino (scuole, istituzioni sociali, oltre 1200 abitazioni, ponti e strade), il riassetto e l’ammodernamento della rete dell’acqua potabile. Inoltre si è proceduto alla distribuzione di sementi per 15’000 famiglie e di 1750 capi di bestiame per circa 1000 famiglie.

Altri contributi sono andati alla formazione per il Kosovo Protection Corps, all’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), al Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) e al Programma alimentare mondiale (Pam).

swissinfo e agenzie

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