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Bloccati i fondi privati di Saddam

Tre dei quattro assi: Qusai, Saddam e Odai Hussein Keystone

Mercoledì il Consiglio federale ha ordinato il congelamento degli eventuali beni di 55 responsabili dell'ex regime iracheno.

Sulla lista, pubblicata lunedì dalle Nazioni Unite, figurano anche i nomi dell’ex dittatore Saddam Hussein e dei suoi due figli.

I fondi depositati in Svizzera appartenenti a Saddam Hussein e agli altri leader iracheni, alle loro famiglie o sotto il loro controllo sono congelati. Bloccati pure i patrimoni di aziende gestite da queste persone.

Chi detiene o gestisce i loro beni deve ora dichiararli immediatamente al Segretariato di stato all’economia (Seco).

“Il mancato rispetto dell’obbligo può essere all’origine di conseguenze penali”, rileva Roland E. Vock, collaboratore della sezione per il controllo delle esportazioni e delle sanzioni del Seco.

Negli scorsi giorni Parigi e Washington avevano già provveduto a bloccare i loro conti.

Cooperazione con ONU e USA

La decisione del Consiglio federale segue di due giorni la pubblicazione della lista con i 55 nomi elaborata dalle Nazioni Unite.

Oltre a quello dell’ex presidente, essa contiene i nomi di ministri, consiglieri, militari e responsabili del partito Baas. Per la maggior parte si tratta di persone ricercate dal Pentagono. La metà di loro si trova invece già nelle mani dei militari statunitensi.

Settimana scorsa, gli USA avevano avevano chiesto a 38 governi di sequestrare gli eventuali beni trovati nei loro paesi e di devolverli al nuovo Fondo per lo sviluppo iracheno nell’ambito delle Nazioni Unite.

Necessari adattamenti giuridici

Per il momento, il denaro bloccato in Svizzera non potrà tuttavia essere devoluto ad alcun tipo di fondo, come invece prevede la risoluzione ONU numero 1483 del 22 maggio 2003.

“Si tratta di una prima assoluta per la Confederazione”, dice a swissinfo Rolank E. Vock. Mai prima d’ora, alla richiesta di bloccare dei fondi si era aggiunta quella di confiscarli.

Andranno quindi elaborati gli strumenti necessari per permettere il riversamento dei patrimoni. “Non si tratta di un problema solo svizzero: anche altri Stati non possono semplicemente congelare soldi e destinarli ad altri scopi”, sottolinea Vock.

Pure da chiarire le possibilità di ricorso per le persone toccate dalla misura. “Tanto più che la lista è destinata ad allungarsi”, rileva Vock. La questione sarà tuttavia da dibattere in seno all’ONU.

Beni pubblici già sequestrati

In Svizzera, i beni appartenenti all’ex regime iracheno sono già congelati dallo scorso 9 aprile. Il loro blocco è poi stato nuovamente irrigidito a partire da fine maggio.

La Svizzera, di concerto con la Nazioni Unite, aveva quindi formalmente tolto l’embargo contro l’Irag in vigore dal 1990. Erano stati così soppressi l’obbligo di commerciare e di trasferire soldi in Iraq, come pure le restrizioni imposte al traffico aereo.

Al contrario, il divieto di fornitura di materiale militare è rimasto in vigore. Così come ed il blocco dei conti del regime iracheno. Blocco, da oggi, esteso pure ai privati.

Mezzo miliardo in Svizzera

Secondo una stima della Banca nazionale svizzera i fondi iracheni depositati su suolo elvetico dovrebbero aggirarsi attorno al mezzo miliardo di franchi svizzeri.

Gli USA valutano invece che l’ex regime di Saddam abbia esportato nel mondo patrimoni per un valore di almeno 10 miliardi di dollari.

swissinfo e agenzie

Gli eventuali fondi depositati in Svizzera da 55 personalità dell’ex regime iracheno sono stati congelati.

La risoluzione 1483 delle Nazioni Unite prevede che questi soldi vengano trasferiti ad un fondo per la ricostruzione irachena.

La Svizzera dovrà modificare la sua legislazione in materia per permettere la confisca dei patrimoni.

Una stima degli USA parla di circa 10 miliardi di dollari esportati nel mondo dagli alti responsabili dell’ex regime di Saddam.

La Banca nazionale svizzera valuta che quelli depositati in Svizzera potrebbero raggiungere i 500 milioni di franchi.

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