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UBS: arrivano nuovi fondi, ma l’utile è in calo

L'UBS resta cauta, aspettando di vedere se la tendenza positiva continuerà. Keystone

Per la prima volta dal 2008, i clienti facoltosi hanno portato nel forziere della banca più fondi di quanti ne abbiano ritirati. Un risultato accolto con ottimismo dall'UBS, che per il momento preferisce però non cantar vittoria.

Dopo aver perso 50 miliardi di franchi in svalutazioni e oltre 200 miliardi in deflussi di clienti negli ultimi due anni, ora l’UBS sta lentamente risalendo la china. Nell’ultimo trimestre del 2009, la principale banca elvetica è tornata nelle cifre nere e da allora non è più uscita in perdita.

Per molto tempo, però, la clientela dell’UBS ha continuato a prelevare soldi dalla banca, sulla scia della scemata fiducia nell’istituto in seguito alla crisi finanziaria.

Nel terzo trimestre di quest’anno, invece, l’istituto ha segnato di nuovo – per la prima volta da dieci mesi – un afflusso netto di fondi pari a 1,2 miliardi di franchi, contro un deflusso di 4,7 miliardi tra aprile e giugno.

John Cryan, direttore delle finanze, preferisce però non parlare di un’inversione di tendenza, ma soltanto di un «passo avanti». L’andamento è ancora volatile e l’UBS deve compiere un lungo cammino per tornare a livelli normali, ha dichiarato martedì alla stampa.

Utile in calo

Nel terzo trimestre, l’UBS ha registrato un utile netto di 1,664 miliardi di franchi, due in meno rispetto al periodo precedente. A farne le spese è soprattutto la divisione “Investment Banking”, in perdita ante imposte di 406 milioni di franchi rispetto all’attivo registrato tra aprile e giugno.

Martedì, il titolo UBS in borsa ha reagito in forte ribasso, cedendo durante la seduta oltre il 5% e chiudendo a 16,76 franchi, in calo del 4,99%. «Le cifre del terzo trimestre sono considerevolmente al di sotto delle aspettative, ha spiegato a swissinfo Rainer Skierka, analista della Banca Sarasin.

Skierka sottolinea che i risultati della banca sono stati abbelliti da un credito d’imposta di 825 milioni di franchi. Il risultato pretasse è infatti soltanto di 818 milioni.

L’UBS ha puntato il dito contro i modesti livelli di operatività della clientela e i bassi volumi di mercato, registrati anche da altre banche. Eppure, malgrado il Credit Suisse abbia annunciato un calo simile nei profitti la scorsa settimana, Skierka è convito che l’UBS stia ancora operando al di sotto del livello del mercato globale.

«A preoccupare è soprattutto la divisione “Investment banking”», spiega l’analista. «L’istituto deve dimostrare di poter gestire la questione a medio termine e iniziare a generare utili sostenibili».

Una reputazione migliore

Al di là dei risultati in chiaro-scuro, in questo terzo trimestre l’UBS ha fatto di tutto per migliorare la sua reputazione, offuscata in seguito alla crisi mondiale e ai casi di evasione fiscale negli Stati Uniti.

Dopo aver risolto la questione con Washington – anche se con conseguenze pesanti –, l’UBS ha proseguito la sua strategia di riduzione dei rischi e dei costi, cercando allo stesso tempo di rafforzare le sue riserve di capitale in modo da soddisfare le nuove regole finanziarie.

Nel mese di settembre, la banca ha fatto sapere che il peggio è ormai passato, lanciando una campagna promozionale, seguita da un accordo di sponsorizzazione per la Formula 1.

Parallelamente, ci sono due accordi fiscali ancora pendenti tra il governo svizzero e i due paesi europei – Gran Bretagna e Germania – che nell’ultimo anno hanno criticato aspramente il segreto bancario.

Asia, costosa ma efficace

Al momento l’afflusso di beni giunge soprattutto dall’Asia, una regione strategica per l’UBS. L’istituto sta infatti costruendo le sue operazioni in Oriente, nel tentativo di compensare i problemi avuti negli Stati Uniti e in Europa.

Ma come la campagna pubblicitaria e il contratto con la F1, anche questa strategia ha i suoi costi. «Stiamo assumendo più personale onshore nelle regioni più care», spiega John Cryan. «In futuro saremo confrontati a un’inflazione di personale».

E mentre l’UBS si dice fiduciosa che la nuova strategia patrimoniale centrata sulle operazioni onshore possa dare i risultati sperati, la banca elvetica non è ancora pronta a stappare la bottiglia di champagne. «Il lavoro che abbiamo fatto per cercare di migliorare la situazione sembra dare i suoi frutti», conclude Cryan. «L’afflusso di fondi è un primo passo sulla via del recupero, ma è soltanto un primo passo».

Cataclisma: l’UBS è la banca europea maggiormente colpita dalla crisi dei subprime negli Stati Uniti. Tra la fine del 2007 e il 2009, ha perso circa 50 miliardi di franchi. Negli ultimi due anni, la perdita di fiducia dei clienti ha portato a un deflusso dei fondi pari a 200 miliardi di franchi.

Riposizionamento: i risultati dell’ultimo trimestre 2009 hanno dato un segnale incoraggiante, con un utile di 1,2 miliardi di franchi. Sull’arco di un anno, tuttavia, il deficit dell’UBS è stato di 2,47 miliardi. Nel primo trimestre 2010, la banca ha registrato un nuovo utile di 2,2 miliardi di franchi, mentre negli ultimi due trimestri le cifre sono in calo. Un risultato riscontrato tuttavia anche tra gli altri istituti di credito.

Evasione: nel 2009, l’UBS ha ammesso di aver aiutato diversi clienti americani a evadere il fisco ed è stata costretta a pagare una multa di 780 milioni. Nel giugno di quest’anno, il Parlamento elvetico ha ratificato l’accordo tra Svizzera e Stati Uniti per la consegna da parte di UBS dei dati di 4450 clienti al fisco americano. Intanto, la procura statunitense ha presentato un’istanza in cui chiede l’abbandono dei procedimenti avviati contro l’istituto di credito elvetico.

Fiducia: l’UBS ha lanciato una campagna pubblicitaria mondiale – la più importante negli ultimi tre anni – per spiegare alla gente che «non avrà pace» finché i clienti non saranno nuovamente convinti di aver scelto la banca giusta.

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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