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L’economia svizzera e il prezzo dei contigenti

In Svizzera, alcuni settori dell'economia sono a corto di personale qualificato. Keystone

Chi dovrà colmare le lacune quando, dal 2017, gli imprenditori svizzeri potranno reclutare all'estero solo un numero limitato di dipendenti qualificati? "Nessun modello è gratis", avverte Urs Meister del think tank Avenir Suisse. Degli imprenditori UDC, il partito che ha promosso l'iniziativa "contro l'immigrazione di massa", sono comunque ottimisti.

La maggior parte degli imprenditori membri dell’Unione democratica di centro (UDC) che sono – o sono stati in passato – deputati nel parlamento svizzero declina l’invito di swissinfo.ch e di altri media ad esprimersi sull’impatto potenziale sulla loro azienda dell’introduzione di contingenti annuali degli stranieri, previsti dall’iniziativa approvata nella votazione popolare del 9 febbraio scorso.

Peter Spuhler, CEO della Stadler Rail, Walter Frey, capo del Gruppo Emil Frey (importatore di auto), Ulrich Giezendanner, titolare di aziende di trasporti e logistica, e Hansjörg Knecht, comproprietario della Knecht Mühle SA: nessuno di loro accetta di rispondere alle domande dei giornalisti.

Acconsente invece Jean-François RimeCollegamento esterno. Il parlamentare friburghese e presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAMCollegamento esterno) dirige la Sagerime, azienda a conduzione familiare con sede a Bulle, che comprende una segheria, una società di orticoltura e una di sicurezza stradale. Sui suoi cento dipendenti, 35 provengono dall’estero, dice Rime. “Ma non ho mai reclutato personale all’estero. Si tratta di persone venute di propria iniziativa in Svizzera”. Pur avendo una quota di stranieri del 35%, egli non prevede grandi svantaggi per la sua impresa.

Carenza di personale qualificato

Diversi settori dell’economia svizzera soffrono di una carenza di personale qualificato.

Il personale straniero partecipano in modo fondamentale alla produttività e alla competitività dell’economia svizzera.

La carenza di lavoratori qualificati è anche una conseguenza dell’invecchiamento della società (crescente proporzione di anziani nella popolazione).

Senza il personale proveniente dall’estero, una parte del lavoro dovrebbe essere trasferito all’estero, avverte Hans Hess, presidente dell’associazione dell’industria Swissmen.

Tutte le campagne condotte finora dall’economia e dalla politica per compensare la carenza di lavoratori qualificati tramite l’attivazione della potenziale forza lavoro nazionale non hanno portato alcun miglioramento.

Per contrastare la carenza, nel maggio 2013, Confederazione, Cantoni e partner sociali hanno lanciato una “iniziativa sul personale qualificatoCollegamento esterno“. Il potenziale esistente in Svizzera di persone che con strategie mirate potrebbero rafforzare la disponibilità di personale specializzato è stimato a poco meno di 1,75 milioni (1,5 milioni con una formazione di livello secondario superiore, 143mila donne attraverso misure per una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, più di 93mila persone che superano i 55 anni attraverso un sistema pensionistico flessibile).


Quale presidente dell’USAM, conosce molto bene la situazione delle piccole e medie imprese (PMI) e il loro contesto economico. Queste, secondo le cifre sul portale PMICollegamento esterno della Segreteria di Stato dell’economia, rappresentano più del 99% delle aziende e impiegano il 67% di tutti i dipendenti della Svizzera.

Per trovare migliori soluzioni alla penuria di lavoratori qualificati, Rime si appella alla coscienza padronale. “Le aziende avrebbero già la responsabilità di assumere personale residente in Svizzera, soprattutto nei cantoni con alti tassi di disoccupazione”. Jean-François Rime cita i cantoni di Neuchâtel e Ginevra, dove c’è più del 5% di disoccupazione, ciò che significa anche maggiori costi sociali. “Con l’introduzione dei contingenti, saranno costrette a farlo”, osserva.

Per lui è però anche chiaro che “la distribuzione dei contingenti porterà a conflitti di interesse, poiché settori come l’agricoltura, l’edilizia, la ristorazione o la farmaceutica hanno esigenze diverse”. Dovrebbero allora essere le autorità a decidere. Il presidente dell’USAM si rammarica che il governo federale, nel piano di attuazione dell’iniziativa presentato giugno, preveda il contingentamento anche per i permessi di soggiorno di breve durata già a partire da 90 giorni di lavoro.

Egli osserva d’altra parte che tutte le campagne intraprese finora nella Confederazione per risolvere il problema del personale specializzato non hanno dato i risultati sperati.

“La Svizzera ha il tasso di occupazione più elevato d’Europa, così come il più alto tasso di persone di più di 60 anni attive professionalmente”. Tuttavia, l’economia deve trovare soluzioni innovative. “I dipendenti più anziani devono essere tenuti più a lungo nel processo lavorativo tramite modelli pensionistici più flessibili, le donne devono avere migliori condizioni per conciliare lavoro e famiglia”, afferma il deputato UDC.

La palla nel campo del governo

Un po’ diversa si presenta la situazione per un altro imprenditore e parlamentare UDC: Hansruedi WandfluhCollegamento esterno che dirige a Frutigen, nell’Oberland bernese, l’azienda familiare produttrice di pezzi e apparecchiature nel campo dell’idraulica e dell’elettronica. Sui suoi 325 dipendenti in Svizzera, meno del 10% proviene dall’estero. “Assumiamo il nostro personale prevalentemente nella regione”, spiega Wandfluh.

La carenza di manodopera qualificata però dà filo da torcere all’imprenditore bernese. “Questo è per noi un problema costante, perché in Svizzera non vengono formati specialisti di idraulica. Perciò li formiamo noi stessi”. Attualmente la sua azienda conta una trentina di apprendisti, di cui sette ragazze.

“Investire nella formazione” è dunque la ricetta di Wandfluh contro la carenza di lavoratori qualificati. “Molte aziende non formano apprendisti. Si dovrebbe motivarle a offrire posti di tirocinio. Tuttavia non con incentivi fiscali, bensì con il lavoro di sensibilizzazione”. Con questa si dovrebbe in particolare aumentare la proporzione di donne nelle professioni tecniche. “Il gusto della tecnologia dovrebbe essere dato alle ragazze già nell’insegnamento a livello di scuole medie”, sottolinea il politico UDC.

L’azienda Blocher recluta all’estero

La libera circolazione delle persone rovinerà la Svizzera, aveva messo in guardia l’ex ministro e stratega dell’UDC Christoph Blocher, prima della votazione sull’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”, approvata nella votazione popolare del 9 febbraio 2014. Egli aveva anche chiesto di introdurre la clausola della preferenza nazionale nell’assegnazione dei posti vacanti.

Tuttavia la sua impresa familiare, il Gruppo Ems, ora gestito dalla figlia Magdalena Martullo-Blocher, ha reclutato personale anche all’estero, secondo quanto emerso da una ricerca del quotidiano popolare zurighese ‘Der Blick’.

Per la ricerca di personale, l’azienda di Blocher ha pubblicato annunci a pagamento su portali in Germania. Le offerte di posti di lavoro erano rivolte a ingegneri, chimici e venditori.

Interpellata dal ‘Blick’, Magdalena Martullo-Blocher ha risposto che il principio della precedenza agli indigeni è stato rispettato. Le inserzioni pubblicate in Germania erano dapprima state pubblicate in Svizzera. Inizialmente si cerca di occupare tutti i posti vacanti a Domat-Ems con persone residenti in Svizzera. “Se non ci si riesce, si prendono in considerazioni anche le candidature provenienti dall’estero”, ha spiegato al giornale.

Secondo il ‘Blick’, in giugno in Svizzera c’erano 1’889 ingegneri, 588 specialisti della chimica e delle materie plastiche e oltre 15mila venditori disoccupati.

Egli non esclude che possano sorgere problemi a causa delle restrizioni alla libera circolazione delle persone dal 2017. Spetta comunque al governo federale presentare soluzioni adeguate, commenta Wandfluh.

Permessi all’asta?

Secondo Urs MeisterCollegamento esterno, capo progetto del think tank liberale dell’economia svizzera Avenir Suisse e docente all’università di Zurigo, l’introduzione di contingenti per i permessi di soggiorno potrebbe avere conseguenze più gravi di quelle indicate da Rime e Wandfluh.

Per quanto riguarda il 2017, egli percepisce un diffuso “eccesso di sicurezza”. “In generale si spera in una applicazione favorevole all’economia della limitazione dell’immigrazione. Probabilmente in alcuni settori si suppone inoltre che l’influenza politica sia abbastanza forte da poter beneficiare di deroghe o contingenti speciali”.

Determinante sarà il livello assoluto dei contingenti. “Se la soglia sarà fissata molto in alto, non farà male a nessuno. Al contrario, in caso di scarsità, vi sarà lotta per la ripartizione”.

Ricette semplicistiche come il modello “chi prima arriva, prima si serve”, secondo Meister, sono poco efficienti, “poiché non producono alcun effetto incentivo”. La soluzione più efficace, a suo avviso, è una messa all’asta su scala nazionale dei permessi, come suggerisce nel documento di Avenir Suisse “Immigrazione controllata”Collegamento esterno, di cui è co-autore.

“Una ripartizione amministrativa dei contingenti significa un guadagno per coloro che ricevono il personale e una perdita per coloro che restano a mani vuote”, riassume Meister. “Tramite l’asta, l’immigrazione viene dotata di un prezzo, quindi viene automaticamente diretta verso settori ad alto valore aggiunto. Così sarebbe anche automaticamente applicata la preferenza nazionale”.

Meister ammette che l’asta graverebbe molto di più sui settori con poco valore aggiunto. “Ma gli introiti dei permessi potrebbero essere suddivisi in modo che i cantoni particolarmente svantaggiati ricevano una quota maggiore degli incassi dell’asta”.

Per l’economista una cosa è comunque chiara: “Qualsiasi sia il modello che il Consiglio federale applicherà, qualcuno dovrà pagare il prezzo del contingentamento. Nessun sistema è gratis, bensì qualsiasi tipo comporta sempre dei costi”.

Preferenza nazionale: un tabù per l’UE

Dopo il sì dell’elettorato svizzero all’iniziativa popolare “contro l’immigrazione di massa”, il 9 febbraio 2014, l’Unione democratica di centro (UDC) chiede al governo svizzero di imporre la clausola della priorità nazionale nel mercato del lavoro. Vale a dire che i posti di lavoro possono essere occupati da persone provenienti dall’estero, soltanto se si prova che non si è riusciti a trovare lavoratori idonei residenti in Svizzera.

Per Bruxelles, la priorità nazionale è un tabù, perché in contrasto con il principio della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione europea, al quale la Svizzera è associata dal 2002.

La Commissione europea il 6 luglio ha puntualizzato che per Bruxelles non entra in linea di conto una rinegoziazione dell’accordo bilaterale con la Confederazione sulla libera circolazione delle persone, con l’obiettivo di introdurre contingenti e priorità nazionale.

Il 25 luglio l’UE ha trasmesso alla Svizzera un rifiuto ufficiale alla richiesta di Berna di rinegoziare la libera circolazione delle persone.


(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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