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Chiaro no alle 36 ore settimanali

Quasi il 75% dei votanti hanno rifiutato la proposta sindacale di ridurre il tempo di lavoro settimanale swissinfo.ch

L'iniziativa dell'Unione sindacale svizzera (USS) "per una durata ridotta del lavoro" è stata seccamente bocciata dal popolo svizzero.

I giochi sono fatti: dopo lo spoglio delle schede di tutti i cantoni i dati sono impietosi. Nessun cantone ha accolto la proposta dell’USS. A livello nazionale l’iniziativa sindacale ha ottenuto il sostegno di soltanto il 25.37% dei votanti.

Il grado di rifiuto non è stato uniforme in tutto il paese. Nel Giura (42.05%), a Ginevra (38.6%) a Neuchâtel (38.2%) ed in Ticino (37.6%) l’iniziativa ha ottenuto le maggiori percentuali d’assenso. Nella Svizzera centrale ed orientale invece la percentuale di sì non ha raggiunto il 20%. Addirittura nel semicantone di Appenzello interno la quota di sì è stata misera: 10.4%!

La partecipazione al voto è stata piuttosto elevata, raggiungendo il 57.41% degli aventi diritto.

Pedrina deluso ma non sorpreso

Il «no» all’iniziativa delude ma non sorprende Vasco Pedrina. Malgrado la bocciatura popolare, il presidente dell’USS è persuaso di aver raggiunto un obiettivo importante.

“Il popolo ha evidentemente considerato la settimana di 36 ore un passo troppo grande», ha detto Pedrina alla Swiss Radio News (SRN). Tuttavia, ha proseguito, l’USS è soddisfatta, visto che si è potuto svolgere un vasto dibattito pubblico sul tema e i datori di lavoro, durante la campagna, hanno dovuto ammettere il grande bisogno di tempi di lavoro ridotti.

Come Pedrina, anche la presidente del PS Christiane Brunner non si attendeva di vincere la votazione. Tutavia, indica un comunicato del partito, il tema non è definitivamente escluso dall’agenda politica. Il PS lotterà accanto ai sindacati a livello dei negoziati con i datori di lavoro.

Dal canto suo, la Federazione svizzera dei sindacati cristiani (FSSC) sottolinea in una nota che la bocciatura dell’iniziativa non può essere considerata come un rifiuto generale di tempi di lavoro ridotti. Delusione anche in casa ecologista: un comunicato dei verdi ricorda che un sì avrebbe permesso di distribuire in modo più equo il lavoro retribuito e quello non pagato tra uomini e donne.

“Una sberla per i sindacati”

Il chiaro no è una sberla per i sindacati. Lo sostiene il direttore dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI) Peter Hasler, secondo il quale gli svizzeri non vogliono farsi dettare la durata del lavoro dalla Costituzione.

Con una proporzione di no pari ai tre quarti dei votanti, il tema della riduzione della durata del lavoro è definitivamente sepolto, ha detto Hasler.

La definizione della durata del lavoro deve rimanere prerogativa dei partner sociali e non della legge. Anche l’argomentazione secondo cui tempi di lavoro ridotti offrono maggiore qualità di vita non ha avuto presa: «Gli svizzeri sono un popolo laborioso», ha affermato Hasler.

Il presidente del PLR svizzero Gerold Bührer non ha dubbi: il risultato della votazione è un buon segnale per la piazza economica svizzera. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il segretario generale dell’UDC Gregor Rutz.

Soddisfazione è stata espressa anche dal PPD secondo cui la riduzione del tempo di lavoro a livello costituzionale avrebbe coinciso con una messa sotto tutela.

Proposta attaccata da destra e sinistra

Consegnata nel novembre del 1999 alla cancelleria federale, l’iniziativa chiedeva l’introduzione progressiva per tutti i lavoratori di un tetto massimo di 1’872 ore lavorative annuali. Ciò che sarebbe equivalso ad una settimana lavorativa media di 36 ore.

Nata come risposta alla perdita di posti di lavoro durante la fase di stagnazione dell’economia negli anni Novanta, l’iniziativa mirava fondamentalmente a combattere la disoccupazione. I suoi fautori hanno fatto leva anche su una miglior qualità di vita in Svizzera, uno dei paesi dove la durata del lavoro settimanale media è tra le più alte al mondo.

Gli avversari borghesi dell’iniziativa hanno fatto campagna ricordando come il problema della disoccupazione non fosse più così urgente. Inoltre, secondo loro, la proposta sindacale era troppo rigida non prevedendo eccezione alcuna: meglio regolamentare l’orario di lavoro attraverso la contrattazione tra le parti sociali.

Le critiche all’iniziativa dell’USS sono giunte anche da sinistra. Alcuni settori sindacali ritenevano che fissare un tempo di lavoro annuale avrebbe aperto la porta ad un’ancora maggiore flessibilizzazione del tempo di lavoro, a scapito dei lavoratori.

L’iniziativa era stata bocciata anche da Consiglio federale e Parlamento.

swissinfo e agenzie

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