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Come frenare lo spopolamento delle Alpi?

La politica regionale deve offrire delle possibilità di sviluppo fino agli estremi del paese: qui un'immagine della Valle di Poschiavo swissinfo.ch

Le montagne continuano a spopolarsi anche se negli ultimi decenni si è speso molto per frenare il fenomeno. Adesso i meccanismi di promozione delle periferie sono in revisione.

Il progetto per una nuova legge sulla politica regionale è pronto. Ma basterà per invertire la tendenza?

La Svizzera diventa città: ormai il 73% della popolazione vive nell’agglomerazione di un grosso centro. Il resto del territorio si svuota: in soli dieci anni i contadini di montagna sono 10’000 in meno e anche il numero di alberghi nelle regioni periferiche è sceso da 6’500 a 5’700.

Per frenare il fenomeno, negli anni Settanta è nata la cosiddetta «politica regionale», un misto fra pianificazione centrale e desideri delle autorità locali. Lo strumento fondamentale è stata fin qui la perequazione, cioè la ridistribuzione di risorse secondo la ricchezza e le necessità.

Le falle del sistema

Ma il meccanismo attuale non funziona e va rivisto. Rudolf Schiess, responsabile del dossier presso il Segretariato per l’economia (seco), elenca tre ragioni: «Malgrado gli sforzi degli ultimi anni, lo spopolamento continua ad aumentare; inoltre le persone qualificate continuano a non trovare lavoro in periferia, causando il cosiddetto «brain drain», la fuga dei cervelli; e da ultimo abbiamo visto che gli strumenti attuali, legati soprattutto al sostegno dell’infrastruttura regionale, non bastano ad invertire la tendenza».

Insomma: non tutti i comuni di montagna hanno bisogno di una piscina coperta, un centro scolastico nuovo o imponenti infrastrutture pubbliche. Quello che serve sono i posti di lavoro e una prospettiva di vita. Per questo adesso si elabora una nuova strategia che prometta più successo.

Esemplare: l’alfabetizzazione informatica

Andiamo a vedere un esempio che il seco elenca fra i modelli per il futuro. È nato a Poschiavo, una piccola valle di lingua italiana dove vivono meno di 5’000 persone. Dal 1996 l’Istituto svizzero di pedagogia per la formazione professionale vi ha creato un centro per lo studio e lo sviluppo della formazione a distanza, il «Progetto-Poschiavo». Dal 2000 la struttura è indipendente, ha integrato nella zona di riferimento alcune regioni limitrofe e ha trovato una sua identità.

Danilo Nussio, un protagonista della prima ora, riassume così l’esperimento legato alle nuove tecnologie: «Il progetto ci ha permesso di aprire gli occhi e renderci coscienti delle nostre potenzialità».

Le 300 persone che hanno fruito dei corsi finora non hanno solo imparato ad usare il computer, ma anche a sfruttare le opportunità che la telematica offre. Si spazia dalla semplice vendita online di prodotti locali allo sviluppo di ambiziosi corsi di comunicazione, più volte premiati a livello nazionale.

Oggi il «Polo Poschiavo» è promotore di molte iniziative e, per l’enclave di lingua italiana nel cantone dei Grigioni, ha «cambiato la geografia della regione», come afferma Nussio. I contatti con il Ticino o con la provincia di Sondrio sono ormai diventati la norma, «mentre prima c’era un po’ di commercio e un po’ di contrabbando, ma non un rapporto a tutti i livelli oltre confine».

La svolta verso il futuro

Attualmente quattro persone altamente specializzate gravitano intorno alla sede del «Polo Poschiavo», ma quello che per Danilo Nussio è ancora più importante è la fiducia generale: «I progetti interregionali con la vicina Italia si sommano e le attività si sono moltiplicate, si ha più coraggio e non si aspetta semplicemente la manna dal cielo».

Anche a Berna si vuole dare più peso ad interventi simili: «In futuro i finanziamenti devono essere legati a progetti che creano posti di lavoro, risolvendo i problemi. L’infrastruttura non basta a garantire un futuro per le regioni periferiche», spiega Rudolf Schiess. Questo il traguardo della nuova legge che ha terminato la consultazione presso tutti gli interessati a fine settembre.

Opinioni divergenti

Ai principi di maggiore efficacia non si oppone nessuno seriamente, ma alla prova dei fatti – o meglio delle cifre – nasce il sospetto. Il governo ticinese, esempio fra i molti, afferma: «Ci vogliono alcune chiare garanzie». Espresso in parole povere, questo vuol dire: si può cambiare paradigma, ma i soldi devono continuare ad arrivare.

Si temono delle misure di risparmio coatte, ma Schiess smentisce: «Non si vuole risparmiare, ma aumentare l’efficacia delle misure». Con l’iter della legge, si è comunque aperto un ampio dibattito. Forse già questo può essere salutare.

swissinfo, Daniele Papacella

979 dei circa 3000 comuni svizzeri fanno già parte di un’agglomerazione urbana.
Nel 1950 erano soltanto 155.
Fra il 1950 e il 2000, la popolazione residente nello spazio urbano è più che raddoppiata, raggiungendo il 73% della popolazione.

Il traguardo della politica regionale della Confederazione è di limitare il divario economico fra le regioni, soprattutto fra città, motore dell’economia, e montagna, minacciata dallo spopolamento.

Finora tutte le regioni di montagna beneficiavano di crediti e contributi agevolati per la costruzione di infrastrutture atte a migliorare le basi di vita. Ma questo non ha frenato lo spopolamento.

Con il nuovo modello si vuole puntare di più sull’efficacia dei singoli progetti in montagna o in altre zone periferiche.

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