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Come nasce un ricordo

Il responsabile del gruppo di ricerca, Egelbert Welker. Università di Losanna

Ricercatori dell'Università di Losanna svelano i meccanismi biologici della memoria, studiando il cervello dei topi.

Gli organismi dotati di un sistema nervoso, dai più elementari molluschi fino all’uomo, hanno la capacità di apprendere dall’esperienza.

Ricercatori dell’Università di Losanna svelano i meccanismi biologici della memoria, studiando il cervello dei topi.

Tutti gli organismi viventi dotati di un sistema nervoso, dai più elementari molluschi fino all’uomo, hanno la capacità di apprendere dall’esperienza.

Le informazioni raccolte dai sensi vengono registrate sotto forma di ricordi nell’archivio della memoria. Col passare del tempo, alcuni di questi ricordi sbiadiscono e vanno perduti.

Altri, rinfrescati da nuove esperienze, durano più a lungo. Ma come fa il cervello a registrare dati e conoscenze? Da decenni gli scienziati si interrogano sui meccanismi biologici della memoria.

Ora un gruppo internazionale, di cui fanno parte due ricercatori dell’Università di Losanna, è riuscito per la prima volta ad osservare dal vivo, nel cervello di un topo, la formazione di un ricordo.

Una rete di neuroni

Il tessuto cerebrale è formato da una rete di neuroni, le cellule nervose, che comunicano incessantemente tra loro con deboli segnali elettrici e messaggeri chimici.

Ogni neurone è dotato di una sorta di coda ramificata, il dendrite, che lo collega alle cellule circostanti. Lo scambio di informazioni tra i neuroni avviene attraverso le estremità dei dendriti, piccolissime punte chiamate spine.

Qualunque esperienza o informazione acquisita dai sensi attiva una catena di neuroni, che si trasmettono l’un l’altro un impulso nervoso. Se lo stesso percorso viene attivato ripetutamente, le connessioni tra i suoi neuroni si rafforzano.

Così il cervello impara: registra i ricordi e modifica la propria struttura in risposta alle esperienze. I neurobiologi hanno ricostruito questo meccanismo analizzando il sistema nervoso degli animali in laboratorio, ma finora non avevano mai osservato il fenomeno dal vivo a livello microscopico.

Finestre sul cervello

Egbert Welker e Graham Knott, ricercatori dell’Istituto di Biologia Cellulare e Morfologia dell’Università di Losanna, e un gruppo di colleghi americani, hanno messo a punto una tecnica che permette di fotografare i singoli neuroni nel cervello di un topo vivente e hanno descritto i risultati del loro esperimento sulle pagine della rivista Nature.

Manipolando il DNA del topo, hanno prodotto un ceppo di animali mutati che hanno i neuroni color verde fluorescente. Quindi hanno operato alcuni topini rimuovendo una parte della loro calotta cranica e sostituendola con una copertura di vetro trasparente.

Di fatto hanno aperto una finestra sul loro cervello. “Questo nuovo metodo rappresenta un progresso che avrà importanti ricadute sulle ricerche future in campo neurobiologico”, commenta Ole Ottersen, esperto del Centro di Biologia Molecolare e Neuroscienze dell’Università di Oslo, in Norvegia.

La durata dei ricordi

Mentre i topi crescevano nelle loro gabbie sottoposti a vari stimoli e fotografando periodicamente gli stessi neuroni con l’aiuto del microscopio. Hanno scoperto così che la struttura delle cellule non rimane immutata nel tempo.

Nuove esperienze provocano la formazione di nuove spine all’estremità dei dendriti, che rafforzano le connessioni neurali. Circa la metà di queste spine durano pochi giorni o poche settimane, poi si ritraggono: segno che il ricordo è svanito. Altre spine sono più persistenti, durano mesi.

Maria Cristina Valsecchi

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