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Commercio e politica nella visita di Couchepin in Turchia

Il ministro dell'economia e vicepresidente della Confederazione Pascal Couchepin Keystone Archive

Primo giorno, lunedì della visita ufficiale del ministro svizzero dell'economia e vicepresidente della Confederazione Elvetica Pascal Couchepin.

La Turchia ha il potenziale per diventare un partner economico importante, per la Svizzera come per il resto del mondo: lo ha sostiene lunedì ad Ankara, capitale della Turchia, il consigliere federale Pascal Couchepin, secondo cui il Paese euro-asiatico deve però proseguire sulla via delle riforme.

Potenzialità da analizzare

Dai primi contatti durante la sua visita ufficiale di due giorni il capo del Dipartimento federale dell’economia ha ricavato l’impressione di una nazione con un enorme potenziale. Ma dopo la crisi economica e finanziaria del 2001 la situazione è ancora difficile, gli hanno spiegato gli uomini d’affari attivi sul posto.

La Turchia è ad esempio ancora troppo cauta negli investimenti esteri. Il protezionismo turco è eccessivo, ha rilevato un rappresentante svizzero dell’economia privata. Alcuni politici temono che il loro Paese sia svenduto e questo proprio mentre i turchi stessi investono milioni di dollari in Bulgaria.

Gli investimenti elvetici

Pesanti vincoli amministrativi impediscono il lavoro. Un’impresa elvetica ha chiesto un generale snellimento delle procedure, perché oggi i processi decisionali sono troppo lenti e caratterizzati da numerose tappe. Difficoltà sussistono anche per quanto riguarda il rispetto della proprietà intellettuale, deplorano gli ambienti farmaceutici. I brevetti beneficiano di una protezione spesso solo aleatoria.

I farmaci autorizzati prima del 1995 non sono oggi più coperti da protezione. Inoltre per ricevere l’autorizzazione alla commercializzazione passano spesso più di due anni, ed a volte la formula del prodotto viene svelata a terzi che fabbricano medicinali per conto dello stato.

Ditte svizzere discriminate

Il dirigente di una grande impresa elvetica ha detto che aziende straniere subiscono spesso discriminazioni. La legge non è applicata in modo uniforme, ciò che raffredda gli entusiasmi di chi vuole investire.

Le discussioni fra Pascal Couchepin, esponenti della Camera di commercio turca e rappresentanti della Tüsiad, l’associazione delle imprese turche, hanno affrontato anche la crisi dell’economia del 2001. Il vicepresidente della Confederazione ha detto di aver fiducia nelle capacità del governo di Ankara di contenerne gli effetti. Ma secondo un uomo d’affari turco, la crisi è lungi dall’essere superata: una seconda ondata negativa potrebbe portare il Paese alla bancarotta. A suo avviso il rischio è ancora più elevato che in Argentina.

Gli aspetti politici

In qualità di vicepresidente della Confederazione Couchepin ha affrontato anche argomenti più strettamente politici che non economici quale il genocidio armeno, un’argomento sensibile per le autorità turche. Sulla questione Couchepin ha ribadito che il Consiglio federale non cambia la sua posizione, non intendendo giudicare i «tragici avvenimenti» avvenuti nel 1915. «Tocca agli storici occuparsene», ha affermato il vicepresidente della Confederazione.

La settimana scorsa le autorità turche avevano convocato l’ambasciatore elvetico, dopo che al Consiglio nazionale era stato presentato un postulato firmato da 115 deputati che invita la Camera del popolo a riconoscere la deportazione forzata, i massacri e le vessazioni contro gli armeni (furono uccisi fra 800 000 e 1,5 milioni di persone).

Le rivendicazioni di Ankara

Il dialogo è stato cortese, ma la Turchia ha fatto sapere di non vedere di buon occhio il tema nuovamente trattato in parlamento. Nel marzo 2001, il Consiglio nazionale aveva rifiutato con tre voti di scarto un altro postulato che invitava anche il governo a riconoscere il genocidio.

Il nuovo postulato si distingue dal primo per il fatto che attribuisce la responsabilità di quanto accaduto all’impero ottomano. Couchepin ha detto di non essere in grado di dire il seguito che avrà l’atto parlamentare, né se il governo d’allora sarà messo in causa ed ha chiuso l’argomento precisando che, a sua conoscenza, l’impero ottomano si è nel frattempo dissolto.

swissinfo e agenzie

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