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Con il fucile d’assalto 90 nell’armadio

Prima di lasciare l'esercito, il fucile d'assalto 90 deve essere privato della possibilità di sparare a raffica Keystone

I soldati potranno continuare a portare a casa la loro arma alla fine dell'obbligo di servizio, ma dovranno pagare di tasca propria le modifiche necessarie.

Intanto il governo ha congelato la revisione della legge sulle armi, in attesa del voto su Schengen.

L’esercito svizzero ha molte particolarità. Fra di esse vi è la possibilità per i militi di portarsi a casa il fucile d’assalto allo scadere dell’obbligo di prestare servizio. Un’usanza che all’estero desta meraviglia e qualche timore, ma a cui gli svizzeri sono (o almeno erano) molto legati.

Da quando l’esercito ha introdotto il nuovo fucile d’assalto 90, alla fine della carriera i soldati potevano però portarsi a casa solo il vecchio modello, cioè il fucile d’assalto 57.

Il fucile d’assalto 90 sopra il caminetto

Dal 1° aprile le cose sono tuttavia destinate a cambiare, perché per la prima volta termineranno il loro obbligo di servizio militari che durante la loro permanenza nell’esercito non hanno mai preso in mano un fucile d’assalto 57. I nuovi congedati potranno perciò portare con sé l’arma più moderna, ha fatto sapere venerdì il Dipartimento della difesa.

Nell’ambito della modifica dell’ordinanza sull’equipaggiamento personale, il governo ha deciso inoltre che gli appassionati dovranno sopportare di tasca propria il costo della trasformazione del fucile in arma semiautomatica e i relativi costi amministrativi.

Questi compiti venivano finora assunti dai servizi logistici dell’esercito, mentre in futuro saranno attribuiti a privati. Chi vorrà portarsi a casa l’arma – che rimane di per sé gratuita – dovrà quindi versare un obolo di 100 franchi per un fucile 90, 60 franchi per un fucile 57 e 30 franchi per una pistola.

L’interesse per lo schioppo appeso sopra il caminetto va comunque scemando: i soldati che volevano rimanere proprietari del fucile erano ancora il 54% nel 1994, ma sono scesi al 48% nel 2003 e non superavano il 43% nel 2004.

Congelata la revisione della legge sulle armi

Venerdì il governo ha d’altro canto deciso di congelare la legge sulle armi, in attesa di conoscere l’esito della votazione sull’accordo di Schengen, prevista per il 5 giugno (sempre che il referendum lanciato dalla destra riesca, cosa che appare certa).

Il progetto di revisione della legge ha sollevato parecchie riserve, soprattutto rispetto all’idea di un registro centralizzato delle armi da fuoco a livello nazionale. Tiratori, collezionisti e partiti di destra hanno segnalato la loro opposizione alla riforma, ha indicato un comunicato del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP).

Il progetto è stato criticato anche per il trasferimento di competenze alla Confederazione nella concessione di permessi e per il divieto di alcuni tipi di armi. Sono comunque numerosi i cantoni e i partiti che lo hanno accolto positivamente.

In attesa di Schengen

La revisione della legge concerne ambiti in cui la direttiva di Schengen pone condizioni importanti. È questo a giustificare la posizione attendista del governo, spiega il comunicato. Il Consiglio federale deciderà dopo il voto sullo spazio di sicurezza europeo di Schengen se e come proseguire la revisione.

L’accordo prevede ad esempio che il permesso obbligatorio per acquistare le armi sia necessario non solo per comperarle da un commerciante specializzato, ma anche da un privato.

Per alcuni tipi di armi (armi per il tiro a raffica, lanciagranate, armi da fuoco che simulano oggetti d’uso corrente) dovrebbe essere introdotto un divieto di possesso. Inoltre, il commercio di armi da fuoco sarebbe consentito solo se queste saranno munite di un contrassegno individuale, per favorire la tracciabilità in caso di reato.

Nonostante l’applicazione dell’accordo bilaterale bis di Schengen rimarrà necessaria una base legale per permettere lo scambio di informazioni tra autorità civili e militari. Si tratta di evitare che persone che non hanno il diritto di acquisire armi in ambito civile lo possano fare attraverso l’esercito.

Inoltre Schengen non contempla le «soft air gun» (armi a CO2 e ad aria compressa) e le imitazioni di armi, per cui le restrizioni in merito all’acquisto e al porto andrebbero disciplinate nell’ambito di una revisione separata. Anche l’ufficio nazionale per la valutazione delle tracce di armi da fuoco, di cui i Cantoni chiedono l’istituzione, rimarrebbe privo di una base legale.

swissinfo e agenzie

Il numero di soldati che vuole tenere la propria arma dopo la fine del servizio è in diminuzione.
Nel 1994 si trattava del 54% dei soldati a fine servizio, nel 2004 la percentuale è scesa al 43%.

In Svizzera per ogni 100 persone vi sono almeno 16 armi da fuoco. A ciò si aggiunge oltre mezzo milione di fucili d’assalto che gli ex-militi si sono portati a casa.

Nel 2003 gli esperti stimavano che le armi da fuoco presenti nelle case private svizzere ammontassero a 1,2 milioni.

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