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Conferenza dei paesi donatori: fondi per l’Iraq

I lavori per la ricostruzione dell'Iraq sono agli inizi, il problema maggiore è la sicurezza Keystone

La due giorni di Madrid si è conclusa con l’impegno al versamento, da parte di governi ed organizzazioni internazionali, di circa 40 miliardi di dollari, 20 dei quali da parte degli USA, per la ricostruzione dell’Iraq.

La Svizzera ammonisce: bene la ricostruzione, ma prima bisogna pensare a ristabilire la sicurezza.

L’Organizzazione delle Nazioni unite e la Banca mondiale hanno stimato che per ricostruire l’Iraq nei prossimi quattro anni saranno necessari 56 miliardi di dollari (più di 73 miliardi di franchi). Le promesse di aiuto umanitario, di crediti e finanziamenti fatte a Madrid sono un primo e consistente apporto alla ricostruzione dell’Iraq.

Svizzera prudente

La Svizzera non ha offerto più denaro di quanto già contemplato nel suo budget, ma continuerà a sostenere i suoi progetti di aiuto umanitario in Iraq.

«Quest’anno abbiamo già speso 21 milioni di franchi e continueremo in questa direzione anche l’anno prossimo», ha dichiarato a swissinfo Walter Fust, capo della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC).

«Siamo pronti a impegnarci di più da un punto di vista finanziario, ma prima devono essere chiariti alcuni punti». La Svizzera è uno dei tanti paesi che chiedono delle informazioni chiare sul modo in cui opererà la neonata agenzia internazionale incaricata di amministrare i fondi destinati ai progetti di ricostruzione in Iraq.

Prima di stanziare nuovi aiuti, Berna vuole inoltre che sia reso pubblico in che modo verranno impiegati i soldi generati nei prossimi anni dal programma «petrolio in cambio di cibo».

Sicurezza

La sicurezza, o meglio la sua mancanza, è un altro dei fattori che ha inciso sulla volontà di alcuni paesi di contribuire alla ricostruzione dell’Iraq.

«Più di una delegazione ha insistito sul fatto che si possono distribuire crediti solo quando è garantita la sicurezza necessaria per portare a termine i progetti in questione», fa notare Fust. «L’imperativo numero uno è la sicurezza. È la premessa indispensabile per poter rispondere alle necessità fondamentali».

Fust sottolinea come l’ONU sia fra le tante organizzazioni che hanno ridotto la loro presenza in Iraq a causa dell’incontrollato aumento di episodi di violenza. Anche Ed Schenkenberg, del Consiglio internazionale delle organizzazioni di volontariato ribadisce che il fatto di garantire la sicurezza è fondamentale per la costruzione di uno stato.

Per Schenkenberg bisogna riconoscere che anche se la situazione umanitaria in Iraq non è drammatica come quella riscontrabile in diversi paesi africani, gli sforzi per la ricostruzione profusi fino ad ora non sono stati coronati da molto successo.

Anche il capo della DSC Fust ha sottolineato nel discorso tenuto a Madrid che gli aiuti all’Iraq non devono in nessun modo andare a scapito di quelli promessi ai paesi più poveri.

Elettricità, telefono e posti di lavoro

Per poter meglio seguire i suoi progetti, la Svizzera ha aperto, poco dopo la fine della guerra, un ufficio di coordinamento a Bagdad. L’ufficio permette di collaborare con le organizzazioni umanitarie internazionali presenti sul territorio iracheno.

Martin Aeschbacher, direttore dell’ufficio di coordinamento, è d’accordo con chi vuole investire in primo luogo nella sicurezza. «Poi si dovrà investire nell’infrastruttura di base, come la rete elettrica. Anche il sistema bancario dovrebbe essere rimesso in funzione, così come i rifornimenti di benzina e gli allacciamenti telefonici».

Secondo Aeschbacher e Fust, un altro problema spinoso che dovrà essere affrontato al più presto è quello della disoccupazione.

Mobilitazione

Il ministro degli esteri statunitense, Colin Powell, ha sottolineato di fronte ai delegati il valore della conferenza: «Il popolo iracheno si ricorderà a lungo del sostegno che gli offriamo in questo momento difficile, carico di sfide e di speranze».

Anche Walter Fust, dal canto suo, traccia un bilancio positivo della conferenza di Madrid. «È stato un incontro molto utile per scambiarsi le proprie esperienze ma anche per mobilitare più aiuti per l’Iraq».

swissinfo

56 miliardi di dollari: la cifra che secondo la Banca mondiale è necessaria per la ricostruzione dell’Iraq durante i prossimi quattro anni
40 miliardi di dollari (circa): la somma di aiuti promessa dai paesi donatori
20 miliardi di dollari (circa): la partecipazione degli USA

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