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Primo sì parlamentare alla Lex USA

La legge per aiutare le banche svizzere ad uscire dai guai con il fisco americano ha ricevuto luce verde dalla Camera alta del parlamento elvetico Keystone

Per le banche svizzere, la via d'uscita nel conflitto che le oppone al fisco statunitense è un po' più vicina. La Camera dei cantoni mercoledì ha avallato la legge per aiutarle a risolvere il contenzioso. Il testo deve però ancora superare l'esame della Camera popolo, che si pronuncerà il 18 giugno.

“A chi ha bisogno di una prova che la politica spesso deve scegliere tra due mali, penso che oggi, con questo oggetto, gliene venga fornita una schiacciante”: la senatrice liberale radicale Karin Keller-Sutter ha così sintetizzato la situazione in cui la Camera alta si trovava a decidere sulla Legge sulle misure per agevolare la soluzione della controversia fiscale tra le banche svizzere e gli Stati Uniti d’America.

Un sentimento di essere costretti a scegliere tra il minore dei mali sottolineato anche da diversi altri senatori, nel lunghissimo e vibrante dibattito sul testo sottoposto dal governo al parlamento. La cosiddetta “Lex USA” in pratica sospenderebbe per un anno delle disposizioni del diritto svizzero, per consentire alle banche che hanno aiutato clienti a frodare il fisco americano di trasmettere a Washington dati sui dipendenti coinvolti in tali operazioni e su altre eventuali persone esterne che vi hanno partecipato.

Senza questo stratagemma, le banche sarebbero tra l’incudine e il martello: fornendo i dati all’erario USA violerebbero il diritto elvetico, non trasmettendoli sarebbero perseguite dalla giustizia americana.

Non solo grandi banche

Pur riconoscendo che effettivamente le banche hanno sbagliato, i fautori della Lex USA hanno messo sul piatto della bilancia le conseguenze incalcolabili a cui si andrebbe incontro in caso di mancata cooperazione con le autorità statunitensi. Da più parti è stato paventato il pericolo che le cause legali negli Stati Uniti potrebbero persino minacciare l’esistenza stessa di certe banche, avere un effetto domino su numerosi istituti e un impatto disastroso per l’intera piazza finanziaria ed economica svizzera.

Secondo la basilese Anita Fetz, potrebbero essere coinvolte anche tutte le banche cantonali. Uno scenario che la senatrice basilese ha definito un “incubo”.

In gioco, “purtroppo, non vi sono solo le grandi banche. Vi sono numerosi istituti”, che dopo i problemi dell’UBS nel 2009 negli Stati Uniti hanno ripreso suoi clienti, ha avvertito la ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf, difendendo il progetto governativo dinanzi alla Camera dei cantoni.

Al momento sono indagate 14 banche. “Non è ancora stata sporta alcuna denuncia penale. Tuttavia il Dipartimento di giustizia (DOJ) ha condotto inchieste penali. E sappiamo tutti cosa ciò significhi negli Stati Uniti”, ha precisato Eveline Widmer-Schlumpf. Per gli istituti che non coopereranno con Washington, una denuncia penale negli Stati Uniti sarà inevitabile.

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Le banche dovranno risolvere i loro problemi con gli Stati Uniti

Questo contenuto è stato pubblicato al «Si trattava di un’offerta unilaterale che non potevamo negoziare», ha affermato mercoledì la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf di fronte alla stampa. Per risolvere la controversia fiscale con gli Stati Uniti, il Consiglio federale ha licenziato un disegno di legge che permetterà alle banche di raggiungere un’intesa con il Dipartimento di giustizia statunitense, si legge…

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No alle amnistie

Circa questa scomoda posizione, vari parlamentari hanno obiettato che, aiutando clienti ad evadere il fisco americano, le banche sapevano di agire illegalmente. Dunque ora devono assumersi le proprie responsabilità.

Con la Lex USA, in sostanza le banche verrebbero assolte, ha denunciato il senatore friburghese Christian Levrat. Secondo il presidente del Partito socialista svizzero, “una correzione retroattiva del diritto, sulla base di una procedura urgente, al fine di salvare le banche da perseguimenti legittimi, equivale a un’amnistia dei responsabili degli errori passati”.

Niente dettagli

Collaborare con Washington, per le banche interessate significa sottoscrivere un programma americano, i cui dettagli non sono stati pubblicamente rivelati dal governo svizzero. I particolari saranno resi noti dalle autorità statunitensi direttamente alle banche. Attualmente si sa solo che le banche saranno suddivise in quattro categorie.

La durata del programma prevista dalle autorità USA è di 120 giorni per aderirvi, altri 120 per l’esecuzione e altri 60 giorni di riserva. Un lasso di tempo durante il quale Washington ha promesso di non sporgere alcuna querela penale, ha precisato Eveline Widmer-Schlumpf.

Il fatto di non avere informazioni dettagliate sul programma è stato uno dei grandi motivi di disappunto dei parlamentari. Così come il fatto che si tratti di una proposta unilaterale degli Stati Uniti, che la Svizzera può solo prendere o lasciare. Non sono mancati gli interventi di senatori che, come il democentrista Peter Föhn, hanno chiesto di non cedere ai “ricatti” americani e parlato di “avvilimento” della Svizzera.

S’ingoia il rospo

Ma la maggioranza dei senatori, compreso qualche critico delle banche nei ranghi della sinistra, ha giudicato troppo elevati i rischi per l’intera economia elvetica. Ha verosimilmente prevalso la filosofia del senatore democentrista, This Jenny: osservando che ne va di posti di lavoro, imprese e famiglie, ha affermato di essere “anche disposto a calare le braghe” per salvarli.

Con 24 voti contro 15 e 2 astensioni, dopo circa sette ore di discussioni, la Camera dei cantoni ha dunque approvato la legge. Un testo al quale ha apportato qualche modifica, rispetto al progetto governativo. In particolare per migliorare la protezione anche di terzi – per esempio fiduciari e avvocati – i cui dati potrebbero essere trasmessi alle autorità fiscali USA.

Il secondo tempo della partita si giocherà la settimana prossima alla Camera del popolo. La legge deve assolutamente essere avallata dalle Camere federali il 21 giugno ed essere dichiarata urgente. In caso contrario non potrà entrare in vigore il 1° luglio prossimo, come previsto dal governo. E le autorità statunitensi non sembrano affatto intenzionate a concedere tempi di recupero. Affaire à suivre.

La controversia fiscale tra Berna e Washington sui cittadini americani che hanno nascosto averi in banche svizzere dura ormai da cinque anni. L’UBS, che per prima era stata presa di mira dalle autorità fiscali statunitensi, era riuscita a risolvere la vertenza nel 2010. Anche per gli altri istituti di credito elvetici si prospetta ora una soluzione globale. Ecco le principali tappe del conflitto.

19 giugno 2008: Bradley Birkenfeld, ex collaboratore dell’UBS, ammette davanti a un giudice di aver aiutato clienti a frodare il fisco quando era alle dipendenze della banca.

19 agosto 2009: Stati Uniti e Svizzera firmano l’accordo definitivo sulla vicenda UBS. Berna trasmetterà entro un anno i dati relativi a 4’450 conti UBS. Washington rinuncia a misure unilaterali per ottenere informazioni. Inoltre la banca paga una multa di 780 milioni di dollari.

16 novembre 2010: Dopo l’ultima trasmissione da parte della Svizzera di dati riguardanti i casi di assistenza amministrativa, l’autorità fiscale statunitense IRS ritira definitivamente l’azione civile contro l’UBS. Vuole comunque continuare ad indagare su altre banche svizzere.

Febbraio 2011: Gli USA hanno nel mirino il Credit Suisse (CS) e varie altre banche quali HSBC Suisse, le banche cantonali di Basilea e Zurigo, Julius Bär e la Banca Wegelin.

9 dicembre 2011: Il Dipartimento di giustizia americano chiede alle banche svizzere il nome dei consulenti della clientela. Il diritto elvetico vieta però la consegna diretta di documenti con nomi di dipendenti.

Gennaio 2012: Il governo elvetico decide che si possono fornire dati bancari criptati alla giustizia americana. La chiave per decifrarli dovrebbe venir consegnata solo nel quadro di una procedura di assistenza amministrativa o giudiziaria, oppure dopo una soluzione globale della vertenza fiscale. Sotto pressione la Banca Wegelin, il più vecchio istituto di credito elvetico, vende le sue attività non americane al gruppo Raiffeisen.

11 aprile 2012: Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ferma la consegna di dati bancari agli Stati Uniti. I giudici danno ragione ad un cliente del Credit Suisse che si opponeva all’assistenza amministrativa accordata dalla Svizzera al fisco americano.

4 dicembre 2012: Stati Uniti e Svizzera siglano un accordo sull’applicazione della legge fiscale americana denominata FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) che dovrebbe entrare in vigore nel 2014. Gli Stati Uniti vogliono tassare i conti che le persone assoggettate a imposta negli Stati Uniti detengono all’estero.

3 gennaio 2013: La banca privata Wegelin, accusata dalle autorità americane di complicità in evasione fiscale, si dichiara colpevole e dovrà pagare una multa di 74 milioni di dollari.

29 maggio 2013: Il governo elvetico adotta un progetto di legge urgente per consentire a tutte le banche svizzere di mettere una pietra sul passato e di regolarizzare le loro relazioni con le autorità statunitensi. Il progetto di Lex USA è trasmesso alle Camere federali, chiamate ad esprimersi nella sessione parlamentare estiva.

5 giugno 2013: La Camera del popolo sospende l’esame del progetto. Prima di deliberare, esige che il governo fornisca maggiori informazioni al parlamento sul programma proposto da Washington per consentire alle banche di regolarizzare il loro passato.

12 giugno 2013: La Camera dei Cantoni approva il disegno di legge, apportandovi qualche modifica.

(Fonte: Agenzia telegrafica svizzera, ats)

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