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Contrordine, compagni UDC

Keystone

La direzione dell'Unione democratica di centro si oppone al rinnovo dell'accordo sulla libera circolazione delle persone con l'UE. In precedenza il più grande partito svizzero aveva rinunciato a sostenere il referendum contro l'accordo.

Il cambiamento di rotta è stato annunciato mercoledì mattina ai microfoni della Radio della Svizzera tedesca DRS dal presidente del partito Toni Brunner.

Secondo le intenzioni della direzione del partito, l’UDC si schiererà contro la proroga dell’accordo sulla libera circolazione e la sua estensione a Romania e Bulgaria, su cui si voterà nel febbraio del 2009.

L’estate scorsa l’UDC aveva rinunciato a sostenere il referendum contro il decreto federale sulla libera circolazione (che comprende sia la proroga, sia l’estensione dell’accordo), seguendo il consiglio dell’ex ministro della giustizia e leader carismatico del partito Christoph Blocher.

La rinuncia era stata motivata dal partito con la decisione del parlamento di unire i due temi in un solo decreto. Un referendum sarebbe stato solo un esercizio «fittizio», secondo l’espressione di Blocher. Lega dei ticinesi e Democratici svizzeri hanno comunque lanciato con successo il referendum, con il sostegno dei giovani UDC.

Sorpresa relativa

Secondo Brunner, la rinuncia al referendum non ha tuttavia nulla a che fare con una raccomandazione di voto sul tema della libera circolazione. L’UDC, ha ricordato il presidente, si è sempre schierata contro l’estensione della libera circolazione delle persone a Bulgaria e Romania.

«Dobbiamo dire no al ‘pacchetto’ unico voluto dal Parlamento, che ha deciso di associare la proroga dell’accordo con la sua estensione a Romania e Bulgaria», ha dichiarato Brunner alla DRS.

«Per me non si tratta davvero di una sorpresa», afferma il politologo dell’università di Berna Hans Hirter, contattato da swissinfo. «Sulla questione il partito è piuttosto diviso».

«Nella base molti ritengono che la votazione sulla libera circolazione metta in gioco due elementi centrali della politica UDC, l’antieuropeismo e la lotta all’immigrazione, e che il partito non possa stare in disparte su questo tema», ha aggiunto il politologo.

Partito diviso

La decisione dei vertici UDC non è tuttavia avvenuta all’unanimità. Due membri della direzione si sono opposti. I loro nomi non sono noti. Toni Brunner si è limitato a dire che Christoph Blocher, vicepresidente del partito, sostiene «completamente» il no al decreto sulla libera circolazione.

L’ultima parola spetterà comunque all’assemblea dei delegati, che si riunirà il prossimo 29 novembre. La discussione potrebbe essere accesa, poiché sulla tattica da adottare sul tema dei bilaterali il partito appare piuttosto diviso.

Nel luglio scorso il comitato centrale dell’UDC si era espresso contro il referendum sulla libera circolazione con 37 voti contro 20 e due astensioni. Nella successiva assemblea dei delegati, un terzo dei presenti si è espresso a favore del referendum.

Calcolo elettorale

«In estate era prevalsa l’idea che l’UDC non potesse schierarsi contro gli interessi del mondo economico, anche per non perdere i potenziali sponsor nell’economia», osserva Hans Hirter.

«Si trattava di una decisione razionale, di testa, forse troppo distante dalla base. Oggi sembra prevalere il timore di perdere elettori, in particolare a vantaggio dei Democratici svizzeri». Hirter ricorda che buona parte degli elettori dell’UDC esprime un voto di protesta, che potrebbe dirigersi rapidamente verso altre formazioni politiche.

Secondo il politologo, la decisione potrebbe servire a ricompattare il partito, che al momento sembra indeciso sulla direzione da prendere. «La direzione dell’UDC sembra preferire avere qualche dissidio all’interno del gruppo parlamentare, con i rappresentanti dell’ala economica, piuttosto che con la propria base».

Blocher, figura d’integrazione

In questa situazione, all’ex ministro della giustizia Christoph Blocher potrebbe toccare di nuovo un ruolo di integrazione e di mediazione fra le varie anime di partito. Nel contempo potrebbe di nuovo presentarsi come tribuno popolare che combatte l’establishment politico del paese.

«Penso che all’interno del partito sarà lui a spiegare agli ambienti vicini all’economia che la mossa è necessaria per non perdere elettori», afferma Hirter. «D’altra parte per il partito è una buona occasione per rimettere Blocher in primo piano, per presentarlo di nuovo come un uomo del popolo (e non delle banche), pronto a difendere la Svizzera».

Il leader carismatico dell’UDC tornerebbe così alle sue origini, riconoscendo l’impossibilità di rientrare a breve termine in governo.

swissinfo, Andrea Tognina

L’8 febbraio del 2009 gli elettori saranno chiamati a esprimersi per la terza volta sulla libera circolazione delle persone, che consente ai cittadini svizzeri di risiedere e lavorare liberamente nei paesi dell’Unione europea (UE) e a cittadini di questi ultimi di fare altrettanto in Svizzera.

La votazione riguarda sia la proroga dell’accordo sulla libera circolazione, che giunge a scadenza nel 2009, dopo un «periodo di prova» di sette anni, sia la sua estensione a Romania e Bulgaria, paesi che hanno aderito all’UE nel 2007. In giugno il parlamento ha deciso, dopo una lunga discussione, di unire i due temi in un unico decreto.

Per i fautori di questa soluzione, è un’illusione pensare che l’UE possa accettare di escludere due paesi membri dall’accordo sulla libera circolazione con la Svizzera. Un no all’estensione a Romania e Bulgaria equivarrebbe a un no all’intero accordo. La destra ha invece criticato la decisione di unire i due temi.

Se nelle urne in febbraio dovesse prevalere il no, l’intero pacchetto dei primi sette accordi bilaterali sarebbe a rischio. La cosiddetta clausola ghigliottina prevede infatti che la bocciatura di uno degli accordi comporti il decadimento di tutti gli altri.

Nel 2000 il popolo svizzero ha approvato l’accordo concluso con i 15 membri dell’UE. Nel 2005 ha accettato di estendere l’accordo ai 10 paesi che hanno aderito l’anno precedente all’UE.

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