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Cooperazione con l’Est: a piccoli passi un lungo percorso

Stanko Churich, direttore del nuovo impianto di depurazione di Kumanovo (Macedonia), finanziato dal seco con 15 milioni di franchi swissinfo.ch

Dalla fine della Guerra fredda la Svizzera sostiene progetti in favore della democrazia e dell'economia di mercato nei paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale.

Dal 1990 la Confederazione ha stanziato 3,5 miliardi per le riforme. Un contributo utile non solo ai paesi in questione ma anche all’economia elvetica.

Con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la fine dell’Unione Sovietica nel 1991 anche la “cortina di ferro” che divideva in due l’Europa viene meno. La Guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica appartiene ormai al passato.

I paesi socialisti si trovano di colpo confrontati alla nuova situazione politica e all’obbligo di passare da un sistema economico pianificato e centrale a un’economia di mercato.

Da soli, gli ex paesi comunisti non sono in grado di riuscire questa transizione. Oltre che dei consigli degli specialisti, hanno bisogno anche di mezzi finanziari. Un valido sostegno giunge loro dalla comunità internazionale.

Aiuto ad ampio raggio

Anche la Svizzera fornisce il suo contributo. Negli ultimi 17 anni ha finanziato con circa 3,5 miliardi di franchi un migliaio di progetti, contribuendo così alla stabilità, alla sicurezza e al benessere in tutta l’Europa.

A titolo d’esempio Thomas Jenatsch, portavoce della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), cita un progetto di apprendistato artigianale in Albania o il miglioramento della qualità dell’acqua del lago di Ohrid, sul confine fra Albania e Macedonia. O ancora una serie di progetti nel settore sociale, del turismo e delle infrastrutture a Stara Planina, in Bulgaria, nel quale sono coinvolti sia la società civile sia l’economia privata.

Il contributo elvetico al processo di decentralizzazione dei paesi dell’Est è particolarmente apprezzato: «Grazie alle sue conoscenze e alla sua esperienza in ambito di federalismo, la Svizzera è molto credibile», afferma Jenatsch.

Nella Valle di Fergana, che si estende sul territorio di confine tra Kirghistan, Tagikistan e Uzbekistan, la DSC realizza un progetto pilota per la prevenzione dei conflitti (legati soprattutto alla distribuzione della terra e dell’acqua). Un esempio che bene illustra le diverse sfaccettature dell’aiuto elvetico ai paesi dell’Est: «Il miglioramento delle infrastrutture ha permesso di meglio gestire le acque d’infiltrazione e al contempo di ridurre i conflitti legati alla distribuzione dell’acqua», spiega Jenatsch.

Bilancio intermedio positivo

Il direttore della DSC Walter Fust considera un successo l’aiuto svizzero ai paesi dell’Est: «17 anni dopo la caduta del muro di Berlino, notiamo che i valori democratici si sono diffusi in quasi tutti gli ex-paesi comunisti», afferma. E questo malgrado alcuni contraccolpi negativi come la guerra nella ex-Jugoslavia.

Dell’aiuto a questi paesi non beneficiano solo i diretti interessati, bensì anche i donatori, a cui si offrono così nuovi partner. Per l’economia elvetica i mercati dell’est costituiscono infatti un nuovo potenziale d’affari e d’investimento.

Le cifre lo confermano: dal 1992 al 2002 le esportazioni dalla Svizzera verso l’Europa dell’Est sono più che raddoppiate, passando da 2,2 miliardi a 5,4 miliardi di franchi.

Accettazione

In un’analisi indipendente dei 12 anni di cooperazione con i paesi dell’Est, gli autori giungono alla conclusione che oltre il 90% dei progetti elvetici sono stati condotti con successo. Un alto livello d’efficacia dovuto soprattutto al rigoroso sistema di controllo che sia la DSC che il Segretariato di Stato dell’economia (seco) hanno adottato per i loro progetti sul territorio.

Anche grazie a questa qualità, l’aiuto elvetico è non solo molto apprezzato nei paesi riceventi, ma anche in patria non è contestato. Non va poi dimenticato che ogni franco che la Confederazione consacra all’aiuto ai paesi dell’Est aumenta il prodotto interno lordo (PIL) elvetico di 1,5 franchi.

swissinfo, Renat Künzi
traduzione, Anna Passera

La cooperazione con l’Est è attuata attraverso un aiuto tecnico e finanziario. La cooperazione tecnica è assunta dalla DSC, che opera per rafforzare le strutture democratiche e i diritti umani. L’aiuto finanziario è assunto dal Segretariato di Stato dell’economia (seco).

Sostiene la creazione di strutture di economia di mercato, promuove lo sviluppo del settore privato e l’integrazione dei paesi in transizione.

DSC e seco si suddividono a metà il contributo annuale di 200 milioni di franchi della Confederazione.

Operano in collaborazione con 12 uffici presenti nei principali paesi partner.

Grazie alla cooperazione con l’Est, 20 milioni di persone usufruiscono di un migliore servizio sanitario e 3 milioni di persone bevono acqua pulita.
780 milioni di franchi: il valore dei contratti ottenuti da imprese svizzere impegnate in lavori di miglioramento delle strutture.
1,7 miliardi di franchi: il surplus di esportazioni dalla Svizzera verso i paesi in transizione nel 2005.
Il prodotto interno lordo (PIL) svizzero è cresciuto, grazie all’estensione ad Est dell’UE, di circa 2 miliardi di franchi.
La Svizzera vuole sostenere i nuovi Paesi membri dell’UE con 1 miliardo di franchi.

Progetti partecipativi e orientati alle esigenze: la cooperazione con l’Est tiene conto della situazione dei paesi partner e dei bisogni della popolazione.

I partner locali sono coinvolti nella pianificazione dei progetti. Questo garantisce un successo duraturo.

La cooperazione con l’Est non cerca soluzioni isolate, ma completa gli sforzi profusi dai paesi partner e si integra nella politica di riforma dei loro governi.

La corresponsabilità dei progetti da parte svizzera e da parte del paese partner ne garantisce la sostenibilità.

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