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Cortocircuito popolare alla legge sull’elettricità

Il popolo svizzero ha spento le speranze di liberalizzare rapidamente il mercato dell'energia elettrica Keystone

La proposta di aprire il mercato dell'energia elettrica è stata bocciata di misura dal popolo svizzero.

Una scossa per il governo e i fautori della liberalizzazione e un punto a favore dei difensori del servizio pubblico.

Per gli svizzeri la liberalizzazione del mercato dell’energia rimane un filo ad alta tensione, dal quale è meglio mantenere una rispettosa distanza.

Questo fine settimana il popolo elvetico ha infatti respinto, con il 52,6% di voti contrari, la Legge sul mercato dell’energia elettrica (LMEE) proposta dal governo e dalla maggioranza del parlamento. La LMEE era stata combattuta da un referendum, sostenuto dai sindacati e dai partiti di sinistra, soprattutto nella Svizzera francese.

Il verdetto popolare non costituisce in realtà una sorpresa: da qualche tempo spira un forte vento contrario per i sostenitori di iniziative volte a liberalizzare i mercati e privatizzare le aziende pubbliche. Diversi tentativi poco riusciti anche in altri settori, condotti sia in Svizzera che all’estero, hanno sollevato timori e malcontento presso l’opinione pubblica.

D’altronde, proprio nel campo dell’elettricità, consultazioni analoghe tenute dall’anno scorso in Svizzera avevano dato un responso negativo. Sia nel cantoni di Zurigo e Nidwaldo, che nella città di Bellinzona, la popolazione aveva infatti bocciato le proposte di aprire il mercato locale, privatizzando le aziende elettriche.

Governo sconfitto

La LMEE era sostenuta dal Consiglio federale, dalla maggioranza dei rappresentanti del parlamento e dalle associazioni padronali. Ai loro occhi, di un’apertura dei mercati avrebbero beneficiato non solo i fornitori di corrente elettrica e i loro clienti, ma anche l’economia svizzera nel suo insieme.

La normativa proposta mirava a generare gradualmente una situazione di concorrenza tra le aziende distributrici che, secondo i promotori della LMEE, avrebbe favorito gli interessi degli stessi consumatori. Questi ultimi avrebbero infatti approfittato della libertà di scelta tra i fornitori, optando per le tariffe più basse.

La LMME avrebbe inoltre imposto ai distributori di indicare la provenienza dell’elettricità messa a disposizione dei clienti, agevolando tra l’altro la scelta di energie rinnovabili. Il transito di corrente elettrica prodotta dai piccoli impianti ecologici sarebbe stato esentato dal pagamento di tasse per un periodo di 10 anni.

Contro un indebolimento del servizio pubblico

Fatto piuttosto eccezionale negli ultimi decenni, il popolo svizzero si è quindi schierato questa volta dalla parte della sinistra e dei sindacati, che avevano sostenuto il referendum contro la LMEE. A loro avviso, la legge rappresentava un nuovo tentativo di deregolamentazione dei mercati e di smantellamento del servizio pubblico.

Gli oppositori alla legge hanno a più riprese evocato gli esempi negativi di liberalizzazioni della distribuzione di elettricità avvenute in altri paesi. Primo tra tutti quello californiano che, un anno fa, aveva portato a pesanti interrruzioni dell’approvvigionamento di corrente elettrica.

Ma anche in altri settori, in Svizzera, l’apertura dei mercati e il rafforzamento della concorrenza non si sono rivelati una panacea per i consumatori. Dall’introduzione della nuova legge sull’assicurazione malattia, che si basa sulla libera concorrenza tra le casse malati, i prezzi sono continuamente esplosi in Svizzera.

La liberalizzazione del mercato postale è stata accompagnata fin dall’inizio da un progressivo aumento delle tariffe, dalla soppressione di posti di lavoro presso l’ex-regia nazionale e dalla chiusura di vari uffici postali nelle regioni periferiche. Un indebolimento del servizio pubblico che, sempre secondo gli oppositori alla legge, si sarebbe concretizzato anche nel settore dell’elettricità.

Oltre a questi aspetti, sulla LMEE ha probabilmente pesato in modo negativo anche la sfavorevole evoluzione economica e, in particolare, le raffiche di annunci di licenziamenti in massa presso le principali imprese svizzere. Il progetto di liberalizzazione, si temeva, avrebbe portato ad una maggiore concentrazione aziendale e alla soppressione di alcune migliaia di posti di lavoro.

Un’isola in Europa?

Il rifiuto della LMEE costringe ora la Svizzera a nuotare controcorrente rispetto agli altri paesi europei. Nel marzo scorso, i 15 membri dell’Unione europea hanno infatti deciso di liberalizzare completamente i loro mercati dal 2004.

Le aziende elvetiche rischiano quindi di incontrare alcune difficoltà nel commercio di energia elettrica con i paesi vicini. Una prospettiva poco positiva per la Svizzera che rappresenta un’importante piattaforma europea nel settore della distribuzione di corrente elettrica.

È quindi probabile che, sotto le pressioni europee, anche la Confederazione sarà costretta ad aprire rapidamente i suoi mercati. Per il Consiglio federale vi è però ora il rischio, senza LMEE, di andare incontro ad una liberalizzazione selvaggia.

Esprimendo la sua delusione per il risultato della votazione, il ministro dell’energia Moritz Leuenberger ha affermato che la LMEE non mirava ad una liberalizzazione incontrollata, ma permetteva piuttosto di introdurre un quadro legale per regolamentare l’apertura progressiva del mercato.

Armando Mombelli

La LMEE fissava una liberalizzazione del mercato elettrico in tre tappe: 2003 per le grandi aziende, 2006 per quelle medie e 2009 per le piccole aziende e i consumatori privati.
In base alla legge, i distributori di elettricità sarebbero stati tenuti a garantire il transito di energia alle ditte concorrenti e l’approvvigionamento di tutti i consumatori.
La legge prevedeva inoltre l’obbligo di dichiarare la fonte della corrente elettrica ed esentava dal pagamento della tassa di transito l’energia prodotta in modo ecologico.

La LMEE è stata bocciata dal 52,6% dei votanti
Oltre 1’200 aziende elettriche sono attive in Svizzera
Circa 20’000 persone lavorano nel settore dell’energia elettrica

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