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Generali birmani invitati dal governo elvetico in Svizzera

réfugiés rohingyas
La minoranza musulmana dei rohingya continua a fuggire in Bangladesh, così come questa madre di 23 anni e sua figlia nata 5 giorni prima della foto, scattata martedì 17 ottobre. Keystone

A Berna si riceve una delegazione di alti funzionari militari birmani guidata dal numero due dell’esercito, il generale Soe Win. Una visita inappropriata, per la sezione svizzera di Amnesty International. L'occasione di avere un "dialogo critico" e chiedere di fare luce sulla repressione dei rohingya, sostiene l'ambasciatore elvetico in Myanmar.

L’annuncio è giunto dall’agenzia ufficiale birmana Myanmar News: su invito del Ministero svizzero degli affari esteri (DFAE), una delegazione dell’esercito birmano, guidata dal generale Soe Win, ha lasciato il paese asiatico lunedì scorso per una visita in Svizzera. 

Interrogato da swissinfo.ch, il DFAE, conferma la visita senza fornire dettagli. “All’inizio del 2017, dei membri dell’esercito birmano ci hanno contattati, manifestando il loro interesse per questo viaggio di studio sul federalismo. Abbiamo accettato la loro richiesta, considerando che è nell’interesse di una soluzione della controversia che l’esercito si interessi a tali questioni”, ha risposto per iscritto Georges Farago, portavoce del DFAE. 

“Alla luce degli ultimi sviluppi”, ha indicato ancora Farago, “il programma di viaggio è stato ripensato, affinché la Svizzera possa ricordare ai suoi interlocutori che condanna la violenza armata avvenuta a Rakhine e che è dovere di ogni Stato rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e, in particolare, prevenire qualsiasi violazione dei diritti umani. Desideriamo inoltre offrire le competenze della Svizzera e dei suoi partner in settori rilevanti”. 

“Superare l’indignazione, passare all’azione” 

Per la sezione svizzera di Amnesty International, questa visita non è appropriata. Mentre rappresentanti di alto livello dell’esercito del Myanmar sono in visita ufficiale in Svizzera, l’organizzazione per i diritti umani invita la comunità internazionale a “superare l’indignazione e a passare all’azione” per porre fine alla repressione che ha portato più della metà della popolazione rohingya a lasciare il Myanmar. 

“Interrompendo la cooperazione militare, imponendo un embargo sulle armi e sanzioni mirate contro i responsabili di violazioni dei diritti umani, il messaggio sarà chiaro: i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito nello Stato di Arakan non saranno tollerati”, scrive l’ONG, in occasione della pubblicazione del suo rapporto sui “crimini sistematici contro l’umanità volti a terrorizzare e scacciare i rohingya”. 

Di fronte a tali abusi, descritti come “pulizia etnica” da Zeid Ra’ad Al Hussein, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, l’UE ha deciso di seguire un corso diverso da quello della diplomazia svizzera: “Dato l’uso sproporzionato della forza da parte delle forze di sicurezza, lunedì l’UE e i suoi Stati membri sospenderanno gli inviti al comandante in capo e a altri ufficiali superiori delle forze armate Myanmar/Birmania”.

Un dialogo critico nella discrezione

“Abbiamo valutato se mantenere questa visita” – auspicata dall’esercito birmano per informarsi sul federalismo – e abbiamo ritenuto che “un dialogo aperto e critico fosse più importante che mai”, ha dichiarato l’ambasciatore Paul Seger ai microfoni della Radio della Svizzera francese RTS.

Il diplomatico ha spiegato che normalmente quando si ottiene un colloquio con le autorità di Rangoon, si dispone “di 20 o 30 minuti”. Con questa visita, invece, ci si può intrattenere con i partecipanti per cinque giorni.

Interrogato sulla discrezione del DFAE riguardo alla visita, l’ambasciatore ha affermato che la riservatezza era necessaria per condurre un dialogo critico e impedire a Rangoon di pubblicizzare la visita.

Paul Seger assicura che i partecipanti erano stati avvertiti che non si sarebbe trattato di un viaggio di “piacere o convenienza”. Tramite la delegazione, la Svizzera ha esortato la Birmania ad “applicare gli standard internazionali”. Pur sostenendo di applicarli, i birmani hanno riconosciuto che il loro paese “ha bisogno di riforme e cambiamenti”, ha detto l’ambasciatore.

Il diplomatico ha aggiunto che la Svizzera seguirà la situazione per sapere se il messaggio è realmente passato a Rangoon. Berna ha inoltre chiesto di fare piena luce in merito alle accuse di repressione dei rohingya da parte dell’esercito birmano, ha detto l’ambasciatore.


Traduzione di Armando Mombelli

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