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Crisi petrolifera: la Svizzera è preparata

Gli svizzeri potrebbero continuare "in riserva" per quattro mesi e mezzo Keystone Archive

La minaccia di una guerra americana contro l'Iraq ha fatto aumentare il prezzo del petrolio. E anche l'economia elvetica potrebbe risentirne.

Ma il carburante non dovrebbe mancare: le riserve sono piene.

Nei giorni scorsi, il prezzo del petrolio è notevolmente aumentato, e in alcuni casi ha toccato il limite massimo da un anno a questa parte. Sul mercato londinese il prezzo per ottobre del barile di Brent, il grezzo del Mare del Nord che domina il mercato, ha già superato i 29 dollari.

Gli esperti dei mercati petroliferi parlano di un “premio di guerra”, una componente del prezzo del petrolio che attualmente ammonterebbe a 4 dollari al barile. Si tratta quindi di un aumento che non rispecchia dati fondamentali come l’offerta o la domanda. Il rincaro, sostengono gli osservatori, è unicamente dettato dalla speculazione.

Ripercussioni sulla Svizzera

“Se gli USA attaccano l’Iraq, è ovvio che si assisterà a un aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi”, afferma Kurt Rüegg, dell’Unione petrolifere svizzera, l’organizzazione mantello dell’economia petrolifera nazionale.

Il prezzo per il barile di greggio potrà superare i 30 dollari, “e ci saranno quindi turbolenze sui mercato internazionali”. Il rincaro del greggio si ripercuoterà anche sui consumatori svizzeri, che dovranno pagare di più per la benzina, per i gasolio, per l’olio da riscaldamento.

Tuttavia, si è già potuto constatare che anche crisi come quella della guerra del Golfo o degli attentati dell’11 settembre sono rientrare rapidamente. Ed è quanto si prevede anche in questa occasione.

Se lo choc petrolifero dovesse veramente verificarsi, verrebbe a sostenere l’attuale tendenza alla recessione, ritiene Rüegg, “ma in quale misura, non lo si può ancora dire”.

In ogni modo, non è ancora il caso che i consumatori si preoccupino, sostiene Jeremy Baker, analista presso il Credito Svizzero. “Le notizie riportate dai media potranno preoccupare la gente, che ha la sensazione di pagare qualcosa di più per riempire i serbatoi dell’auto e dell’impianto di riscaldamento”.

E anche l’economia dovrebbe poter affrontare un’eventuale crisi petrolifera. “In genere, l’economia è pronta a far fronte a questo genere di crisi, specie nei paesi più sviluppati”, afferma l’analista. “la speculazione, invece, potrebbe avere un effetto negativo sulla recessione”.

La Svizzera è preparata

Il paese è comunque pronto per affrontare uno scenario di crisi. “Le riserve sono abbondanti. Soprattutto ora, in vista dell’inverno, i serbatoi dei distributori sono pieni” afferma Sonja Studer, vice-direttrice di Carbura, l’Ufficio centrale svizzero per l’importazione dei carburanti e combustibili liquidi.

E se la crisi dovesse prolungarsi e dovessero pure cessare le importazioni, “ci sono riserve obbligatorie sufficienti per il fabbisogno normale di 4 mesi e mezzo per quanto concerne la benzina, il gasolio e l’olio da riscaldamento, e di 3 mesi per il cherosene per gli aerei” aggiunge Sonja Studer.

Non è comunque detto che tali riserve debbano essere intaccate. “In situazioni analoghe a un’eventuale guerra in Iraq, come fu per esempio il caso durante la crisi del Golfo, non fu necessario ricorrere alle riserve”, ricorda Kurt Rüegg.

E anche sul piano internazionale, non c’è penuria di materiale, afferma l’esperto, specificando che il problema attualmente è soltanto quello del prezzo troppo alto. è comunque difficile dire se le multinazionali petrolifere approfittano della situazione: “Anche loro”, afferma Rüegg, “devono pagare di più per il greggio”.

Attesa una decisione dell’OPEP

La settimana prossima i paesi esportatori di petrolio dovranno decidere se aumentare la produzione, per la prima volta da due anni a questa parte. Un’eventualità alla quale alcuni paesi dell’OPEP si sono finora fermamente opposti.

In ogni modo, sostiene l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) i paesi produttori terranno conto, in vista della loro decisione, del fatto che le riserve dei paesi industrializzati stanno diminuendo.

Importazioni dalla Libia e dalla Nigeria

Per quanto concerne la Svizzera, il petrolio greggio viene importato soprattutto dalla Libia, nella misura del 50 percento, e dalla Nigeria, 30 percento. Lo scorso anno, ci sono pure state importazioni dall’Algeria (10 percento) e dai paesi mediorientali (8 percento).

“Questo è dovuto alle relazioni commerciali delle due raffinerie di Collombey e Cressier”, spiega la vice-direttrice di Carbura, “e pure al fatto che il petrolio libico e quello nigeriano vantano un minor tasso di zolfo del greggio proveniente dall’Arabia Saudita. In tal modo”, prosegue Sonja Studer, “i due stabilimenti non devono modificare il loro procedimenti di raffinazione”.

Fabio Mariani, swissinfo

Le minacce di intervento militare americano contro l’Iraq hanno fatto aumentare il prezzo del petrolio, che per la prima volta in un anno ha di recente superato i 29 dollari al barile.

Una crisi petrolifera avrebbe conseguenze anche sull’economia svizzera. Ma gli esperti ritengono che la crisi non dovrebbe essere troppo lunga. Soltanto in caso di conflitto prolungato si potrebbero sentire effetti negativi sulla recessione.

In caso di necessità, la Svizzera dispone di riserve per coprire il fabbisogno normale per più di quattro mesi.

Nel primo semestre 2002, venduti in Svizzera:
1,85 milioni di tonnellate di benzina
651’000 tonnellate di gasolio
637’000 tonnellate di cherosene
2,56 milioni di tonnellate di olio da riscaldamento

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