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Il poeta in bicicletta che amava tanto la vita

Nelle poesie di Orelli (in una foto del 1998) «tutto è straordinariamente reale», disse Pier Paolo Pasolini. Keystone

Considerato uno dei maggiori poeti e scrittori di lingua italiana del dopoguerra, Giorgio Orelli, morto domenica a Bellinzona all'età di 92 anni, coltivava l'arte della longevità ed amava la vita. In un'intervista in occasione dei suoi 90 anni, ci aveva confessato di sperare di vivere «il più a lungo possibile per realizzare tutto quanto ho ancora in mente».

Definito dal suo maestro, il filologo italiano Gianfranco Contini (di cui Orelli disse «è il più grande che l’Italia abbia conosciuto da decenni a questa parte»), «un toscano nato in Ticino» per la sua perfetta padronanza della lingua di Dante, Giorgio Orelli è nato il 25 maggio 1921 ad Airolo, in Leventina. Di famiglia cattolica e conservatrice, ha studiato filologia all’Università di Friburgo prima di fare rientro in Ticino, dove ha insegnato letteratura italiana alla Scuola cantonale di commercio e al Liceo di Bellinzona.

In Svizzera, soprattutto nella regione germanofona, Giorgio Orelli è stato conosciuto ed apprezzato per le sue traduzioni dell’opera di Goethe. Laureato del Gran Premio Schiller e del Premio Chiara alla carriera, era anche un profondo conoscitore degli autori italiani i cui percorsi ha approfondito in Accertamenti verbali pubblicato nel 1978.

Preferiva l’italiano al dialetto

Pur essendo cresciuto in una famiglia ticinese dove si parlava il dialetto, Giorgio Orelli preferiva scrivere in italiano: «Il dialetto è importante, ma i ticinesi che insistono per una sua difesa ad oltranza lo fanno perché non si esprimono correttamente in italiano», ci disse in un’intervista nel 2011. Ammise però che, se visto come uno strumento indispensabile per esprimere certe cose in un certo modo, il dialetto può anche rimpiazzare una lingua: «Basta saperne fare buon uso, come fu il caso per il grande poeta Carlo Porta, che scriveva in milanese».

A questo proposito, da noi interpellato il linguista Alessio Petralli conferma: «Giorgio Orelli non prediligeva il dialetto in quanto era molto meticoloso nella ricerca del termine giusto, sapeva sviscerare le parole come nessuno anche se riusciva ad essere molto trasgressivo. Ma da un punto di vista linguistico era molto meticoloso».

Il poeta e scrittore Gabriele Quadri, 62 anni, che conosceva personalmente Giorgio Orelli, racconta dal canto suo: «Anni fa, in occasione di un nostro incontro a Bellinzona, aveva saputo che mi ero buttato fra le braccia di una musa più dimessa e meno ambiziosa, ossia la poesia dialettale per la quale ebbe però parole di lode».

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Un giorno della vita ora tradotto in tedesco

Giorgio Orelli che, fino alla fine della sua carriera batteva i suoi testi su una macchina a scrivere Olivetti – «perché non mi sono mai adeguato alle nuove tecnologie, né computer, né internet, né telefonino» – si è affacciato alla poesia durante la seconda guerra mondiale con Né bianco né viola pubblicato nel 1944. La maggior parte delle sue opere consiste in raccolte di versi, critiche, saggi e traduzioni. Solo due i libri di prosa, Un giorno della vita (1960), ora introvabile e in procinto di essere riedito dalle Limmat Verlag di Zurigo e Un giorno bellinzonese, un racconto pubblicato dalle edizioni Casagrande di Bellinzona, contenuto nel libro di Virgilio Gilardoni Luci e figure bellinzonesi del 1978.

Un giorno della vita uscirà in dicembre. «Sarà pubblicato con il suo titolo originale in due lingue, quella originale sulle pagine di sinistra, quella in tedesco su quelle di destra», ci spiega l’editore Jürg Zimmerli. Ma perché aspettare 53 anni per una traduzione? «Giorgio Orelli non aveva non aveva mai considerato l’opportunità di una versione in tedesco. È poi stato convinto dalla giovane traduttrice austriaca Julia Dengg e c’è voluto circa un anno e mezzo per concludere», precisa Jürg Zimmerli, la cui casa editrice ha tradotto altre opere di Orelli

«Giorgio Orelli ha scritto fino alla fine, in piena lucidità e la sua morte ci ha colti di sorpresa», ci dice Magda Mandelli, addetta stampa della casa editrice Casagrande. «Nel 2012 abbiamo pubblicato una sua raccolta di saggi, La qualità del senso. Dante, Ariosto e Leopardi,  e nel 2014 uscirà un suo Abbecedario curato da Yari Bernasconi, poeta e critico ticinese che lavora a Berna», precisa la nostra interlocutrice. In quanto all’annunciato altro libro di prosa Suite in la con gli anni, di cui lo scrittore ci parlò nel 2011 definendolo «un lungo racconto in prosa, in qualche modo autobiografico», dovrebbe anche uscire prossimamente: «Non siamo però in possesso del manoscritto e non sappiamo quindi dove sarà pubblicato», ci dice Matteo Terzaghi delle Edizioni Casagrande. In Italia lo scrittore era pubblicato dalle prestigiosi edizioni Garzanti. «Va però detto che con il passare degli anni Giorgio Orelli non aveva più fretta e ci teneva molto a curare i suoi scritti nei minimi dettagli», sottolinea Matteo Terzaghi.

Addio al poeta del post-ermetismo

Decisamente un’arte della longevità quella curata dal poeta ticinese, attivo fino all’ultimo. Tuttavia, malgrado il suo fisico agile ed asciutto, il suo sguardo vivace e la sua battuta pronta, Giorgio Orelli non si considerava in perfetta forma fisica. Lamentava alcuni disturbi di cuore ai quali rimediava, ci disse, «grazie all’aiuto del mio medico che prende cura della mia augusta carcassa» e forse anche grazie alla bicicletta, con la quale continuava ad andare ogni giorno, come potevano constatarlo i suoi concittadini bellinzonesi. Da giovane lo scrittore era di salute cagionevole e più di una volta ha rischiato di «passare sull’altra sponda», come all’età di cinque anni a causa di un’appendicite acuta. Il giorno dei suoi 90 anni, ammise di «aver saputo invecchiare bene, come un albero pluricentenario che rimane giovane».

La morte di Giorgio Orelli ha suscitato un grande cordoglio in tutto il Ticino nonché in Italia dove il defunto era molto noto. L’agenzia di stampa  italiana Adnkronos intitola così un suo dispaccio odierno: «Addio a Giorgio Orelli, poeta del post-ermetismo». I suoi funerali si terranno martedì a Ravecchia, dove viveva con la moglie Mimma.

Nato nel 1921 ad Airolo, Orelli è considerato come uno dei maggiori poeti e saggista di lingua italiana del dopoguerra. È stato allievo del filologo Gianfranco Contini (Domodossola 1909-1990), che lo ha definito «un toscano nato in Ticino». Orelli è stato un grande conoscitore della letteratura e della poesia italiane e in particolar modo delle opere di Eugenio Montale, Ugo Foscolo, Dante Alighieri e Giacomo Leopardi nonché traduttore eccelso delle opere di  Goethe e dell’engadinese Andri Peer.

Tra le numerose distinzioni conferitegli, da segnalare in particolare il Gran Premio Schiller nel 1988 e il Premio Chiara alla carriera nel 2001.

Nato ad Airolo il 25 maggio 1921 in una famiglia conservatrice e cattolica, ha insegnato per molti anni al Liceo cantonale e alla Scuola di commercio di Bellinzona. Era primo cugino di Giovanni Orelli, anch’egli scrittore e poeta (1928). Sposato con Mimma, aveva due figli e sei nipoti.

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