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I tricicli cinesi: da mezzi di trasporto a oggetti d’arte

Colpo d'occhio sui tricicli esposti al Museo Tinguely di Basilea Paola Beltrame

Un tempo onnipresenti nelle strade delle metropoli cinesi le bici a tre ruote stanno diventando un segno del passato. Il Museo Tinguely di Basilea sottolinea questo cambiamento con l'esposizione Chinetik che presenta una trentina di veicoli raccolti a Pechino dal "Littmann Kulturprojekt".

Se in Cina, prima dell’era moderna erano i carretti a trazione e a spinta ad affollare le strade delle città, il loro posto nel 20esimo secolo è stato occupato dalle biciclette a tre ruote e possederne una, ancora negli anni 70, era un segno esteriore di ricchezza perché garantiva la possibilità di praticare un qualche commercio.

Usati come cucine mobili, atelier e negozi ma anche per il trasporto dei materiali più diversi – dagli alimenti, al mobilio, agli utensili di lavoro, al carbone fino ai rifiuti – questa sorta di tricicli riempivano le strade, i mercati, le vie commerciali e i quartieri delle grandi città marcandone in modo indelebile il paesaggio urbano.

La mobilità motorizzata: una nuova cultura della strada

Entrata nel nuovo millennio pedalando, la Cina ora sembra aver afferrato saldamente il volante e spinto a fondo l’acceleratore. Con il rapido sviluppo economico e il forte aumento del benessere – visibile soprattutto nelle grandi città – la nobiltà della bicicletta sembra scomparsa e il suo significato mutato. Se gli adulti ricordano che nella loro infanzia possedere una bicicletta era simbolo di ricchezza, i bambini di oggi probabilmente crescono pensando che pedalare significhi essere poveri.

Attualmente l’oggetto del desiderio e del riconoscimento sociale di milioni di cinesi sono diventate le automobili e le motociclette – anche se c’è chi si accontenta dei ciclomotori elettrici – e i pronostici più ottimisti annunciano che da qui a 10 anni la Cina avrà 130 milioni di automobili.

Con la crescita di una mobilità sempre più motorizzata, nelle metropoli cinesi come Pechino o Shanghai le biciclette da trasporto oggi stanno praticamente scomparendo e con esse un’intera cultura della strada.

Il quotidiano nell’arte

Non è però per nostalgia che Klaus Littmann, responsabile del Littmann Kulturprojekte di Basilea, ha iniziato a raccogliere questi veicoli. “Mi sono interessato a queste biciclette per la prima volta nel 1996 quando ero a Pechino a preparare un’esposizione di pittura” dice a swissinfo l’iniziatore del progetto.

“Nelle strade mi sono imbattuto in queste insolite biciclette a 3 ruote e appena le ho viste le ho immediatamente associate a opere di artisti come Tinguely, Daniel Spoerri o Arman. Siccome questi oggetti mi affascinavano molto, un po’ in quell’occasione e un po’ anni dopo, mi sono deciso ad acquistarli direttamente nelle strade con tutto il loro carico prendendo anche veicoli vuoti già con l’idea di farli riempire da degli artisti.”

Littmann, che in passato ha lavorato anche con Tinguely, Arman e César, ha osservato le bici da trasporto cinesi con lo stesso sguardo che avrebbero posato su di loro gli artisti del Nuovo Realismo o dell’arte cinetica e operando un’estensione al concetto di ready-made di Marchel Duchamp – per il quale un oggetto quotidiano acquista un valore nuovo se spostato in un contesto artistico – ha proposto di presentarle in un quadro completamente diverso.

Oggetti trovati

Rimasto in sospeso per diversi anni il progetto di Littmann ha trovato finalmente nel Museo Tinguely il partner ideale per giungere a compimento. “Jean Tinguely ha lavorato per tutta la sua vita con oggetti trovati ed è con essi che ha sempre costruito le sue sculture e le sue macchine”, sottolinea Andres Pardey che ha curato l’allestimento.

“Mai o raramente Tinguely ha fabbricato elementi appositi per le sue opere e questo trovare nuovi ruoli e significati per dei materiali usati è qualcosa che in questa esposizione è davvero esemplare e si può dire che una mostra del genere non poteva essere presentata che da noi.”

Innalzati al rango di oggetti d’arte

Sono più di una trentina le biciclette a 3 ruote presentate nella mostra Chinetik. 18 esemplari sono esposti così come sono stati trovati, cioè con la stessa merce che trasportavano a Pechino; mentre il carico degli altri 16 è opera di artisti cinesi, europei e americani invitati da Littmann a intervenire in modo molto libero. Unica limitazione, che i veicoli fossero ancora in grado di muoversi.

Le varietà e le similitudini che s’incontrano in questo singolare incontro tra arte e quotidiano sono davvero sorprendenti. I lingotti dorati che Peter Knapp ha scelto per “Icon” (2008) ricordano incredibilmente il carico di carbone del triciclo che gli sta a fianco, mentre i fornelli di “culture & loisir” (2009) di Franz Burkhardt sono una versione occidentalizzata della cucina ambulante cinese.

Profondamente poetica la soluzione di Thomas Virnich che, usando la tecnica della carta pesta, ha prima avvolto il veicolo con sete colorate e l’ha poi tirato fuori. L’involucro, che ricorda la pelle di un rettile, è diventato la merce del suo triciclo e nella mostra è esposto accanto a una bicicletta il cui carico originale – un triciclo incidentato – sembra fargli eco.

“Il rapporto che gli artisti hanno trovato con questi veicoli – che va da una libertà estrema alla più stretta parafrasi – riflette il modo in cui i tricicli sono stati usati in Cina: con essi tutto era possibile e quest’ampiezza di possibilità è in effetti visibile anche qui”, conclude Pardey.


swissinfo, Paola Beltrame, Basilea

In corso al Museo Tinguely, “Chinetik” rimarrà aperta fino al 19 aprile. La mostra è frutto di una collaborazione tra il museo Tinguely e il Littmann Kulturprojekte e presenta oltre 30 esemplari di tricicli da trasporto cinesi, 18 con merce originale, 16 il cui carico è opera dell’intervento dei seguenti artisti: Guillaume Bijl, Daniele Buetti, Franz Burkhardt, Stephen Craig, Gao Lei, Peter Knapp, Job Koelewijn, Peter Kogler, Mu Bo Yan, Robert Rauschenberg, Ulrike Schröter, Michael Vessa, Thomas Virnich, Wang Guangyi, Xiao Yu e un gruppo di studenti di architettura dell’Università di Karlsruhe.

Gli organizzatori prevedono di portare a 40 il numero totale degli esemplari, dividendoli in 2 gruppi uguali. Si augurano inoltre di poter far girare l’esposizione in tutto il mondo e sognano di concludere la tournee in Cina in modo che le biciclette possano fare ritorno là da dove sono venute.

Malgrado in Cina circolino ancora 540 milioni di biciclette la loro presenza – e ancor di più quella delle biciclette a tre ruote – sta diventando di giorno in giorno sempre più ridotta soprattutto nei grandi centri urbanizzati.

Oggi a Pechino l’uso della bicicletta è diminuito di oltre il 60% e i ciclisti che ancora resistono combattono con i milioni di veicoli motorizzati che invadono le strade della capitale cambiandone il paesaggio urbano oltre che la qualità dell’aria. Nella sola Pechino vengono immatricolate quotidianamente 1300 nuove automobili e secondo i pronostici nel 2020 in Cina ne circoleranno 130 milioni.

Le costruzioni stradali non sono riuscite a stare al passo con l’aumento della motorizzazione e la conseguenza è un traffico intenso e caotico. Nella capitale, come nelle altre metropoli della Cina, le corsie per bici sono diventate parcheggi o vengono percorse dagli altri mezzi a motore. A Pechino e Shanghai la velocità media delle automobili nelle ore di punta varia tra gli 8-12 km all’ora.

In un panorama del genere è evidente che i veicoli legati ai mestieri ambulanti sono destinate a scomparire. Tuttavia è difficile immaginarsi che uguale destino possa toccare in sorte anche alle tanto sognate Flying Pigeon -le due ruote nere con i freni a bacchetta e il marchio del ‘Piccione Volante’ bianco stampato davanti, simbolo di un’ideologia egualitaria, nemica di ogni ostentazione individualistica- perché l’uso della bici è molto radicato nello stile di vita cinese.

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