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Mapplethorpe, la perfezione della forma

Robert Mapplethorpe: Ajitto, 1981 Robert Mapplethorpe Foundation

Il Museo d’Arte di Lugano propone un nuovo approccio alle immagini “scandalose” di Robert Mapplethorpe. I corpi scultorei ritratti dal fotografo newyorchese vengono affiancati alle opere di Michelangelo, che aveva profondamente influenzato la sua creazione artistica.

“Cerco la perfezione nella forma. Un soggetto piuttosto che un altro non fa differenza. Cerco di catturare quello che mi appare scultoreo”. Questo pensiero, espresso dallo stesso Mapplethorpe, riassume il principio fondamentale, l’ispirazione più profonda della sua arte fotografica.

Ed è a quest’ispirazione che si sono orientati i curatori della mostra luganese (e prima fiorentina, dato che c’è stata una prima tappa alle Gallerie dell’Accademia fino a gennaio), per proporre una versione inedita dell’artista, qualcosa che andasse oltre lo stereotipo del fotografo dall’erotismo scabroso ed estremo.

Cinque sezioni, oltre 90 immagini tra ritratti, fiori, nature morte e i famosi nudi, scelti fra i meno scabrosi della collezione. Prestiti straordinari dalla Galleria dell’Accademia di Firenze, da Casa Buonarroti, oltre che naturalmente dalla Mapplethorpe Foundation di New York.

Tutto questo è esposto fino al 13 giugno al Museo luganese d’Arte per illustrare la costante ricerca di Mapplethorpe di una perfezione plastica, in dialogo sia con i grandi maestri dell’età classica e del Rinascimento (in primis Michelangelo), sia con gli artisti contemporanei che lo influenzarono, da Man Ray a Andy Warhol.

Corpi scultorei

“Abbiamo provato – spiega il cocuratore Jonathan Nelson – a cambiare il modo con cui Mapplethorpe viene normalmente percepito dal pubblico. Abbiamo lasciato sullo sfondo le tematiche sessuali e le relative polemiche per cercare invece di porci dal punto di vista dell’artista, per vedere cosa lui stesso pensasse della propria arte”.

Un punto di vista confermato dalle interviste alle persone che lo circondarono, dal fratello, al direttore artistico, alla compagna e musa ispiratrice, la cantante rock Patti Smith. Quest’ultima (che il 31 marzo sarà in concerto a Lugano) ricorda: “Per Mapplethorpe non era importante che si trattasse di un nudo o un fiore o un ritratto”. E ancora: “Era quasi ossessionato dall’opera di Michelangelo”.

In mostra si susseguono così gli statuari nudi in bianco e nero, i fiori, i dettagli di mani o volti. Tutte opere che emergono dalle lastre fotografiche come sculture: Ma a definire i volumi non è lo scalpello, bensì l’uso magistrale del chiaroscuro e della luce, elemento cruciale dell’opera di Mapplethorpe.

Nei corpi scultorei i volti praticamente non si vedono. Se sono inquadrati, l’artista fa ricorso all’espediente delle palpebre abbassate: in questo modo trasforma ogni corpo in oggetto di studio, privo di identità. “Vedo le cose come fossero sculture”, ripeteva. “Se fossi nato cento o duecento anni fa avrei potuto fare lo scultore. Ma la fotografia è un modo più veloce per vedere le cose, per fare scultura”.

Confronto con Michelangelo

A sottolineare questo aspetto, l’allestimento luganese propone un diretto confronto con tre opere di Michelangelo. E poi col famoso “Ratto delle Sabine” del Giambologna e con un olio del Pontormo su disegno di Michelangelo, “Amore e Venere”, per la prima volta in prestito in Svizzera.

Il tutto negli ambienti raccolti del Museo d’Arte che, se ovviamente non può ricreare la sontuosa cornice delle Gallerie dell’Accademia di Firenze, si propone comunque come luogo privilegiato di confronto fra arte antica e fotografia moderna, nell’intimità e riservatezza delle sue sale.

Sullo sfondo anche un intento benefico. Come ogni iniziativa gestita in collaborazione con la Mapplethorpe Foundation, i ricavi verranno reinvestiti per adempiere alle due volontà espresse dall’artista prima di morire: contribuire alla ricerca contro l’aids e sostenere la diffusione della fotografia come forma d’arte nei musei, cosa che fino a vent’anni fa era tutt’altro che scontata.

Polo culturale

Del resto anche il Museo d’Arte si è aperto solo da poco alla fotografia, e quest’anno sono in molti a scommettere che, proprio grazie a questa forma artistica, ripeterà il successo delle grandi mostre tematiche del passato, da Munch a Schiele, a Chagall.

Nel frattempo si è consolidata una collaborazione col Museo Hermann Hesse di Montagnola, dove fino al primo aprile sono esposte trenta fotografie di Patti Smith, lei stessa artista figurativa oltre che musicista. Il giorno della chiusura Patti Smith verrà a leggere personalmente alcuni suoi testi a Montagnola.

Insomma un progetto forte del Polo culturale della città di Lugano. Polo che in questi anni sta vivendo continue e importanti trasformazioni, in attesa che nel 2012 sia finalmente disponibile la grande e prestigiosa sede museale dell’ex Palace, in costruzione sul lungolago.

Alessandra Zumthor, Lugano, swissinfo.ch

Il fotografo Americano Robert Mapplethorpe nasce a Long Island (New York) nel 1946 e muore a Boston nel 1989, a soli 42 anni, vittima dell’aids.

La maggior parte della sua produzione consiste in fotografie di nudi, maschili e femminili, realizzati in studio in bianco e nero. La modella preferita era la culturista Lisa Lyon, i modelli – spesso neri – provenivano dagli ambienti omosessuali di New York di cui lo stesso Mapplethorpe faceva parte.

Vengono ritratti in pose ispirate alla scultura classica e rinascimentale, ma anche in espliciti atteggiamenti erotici che più volte fecero gridare allo scandalo.

Di Mapplethorpe sono noti anche i ritratti di personaggi famosi come Andy Warhol, Patti Smith -sua compagna e musa ispiratrice- Isabella Rossellini, Richard Gere. Inoltre serie di autoritratti, foto di statue antiche, nature morte e primi piani di fiori e piante.

Situato nella Villa Malpensata sul lungolago cittadino, dopo anni di lavori di ristrutturazione nel 1992 prende il nome di “Museo d’arte moderna della Città di Lugano”, con un’impostazione orientata soprattutto a promuovere l’arte del XX secolo.

Nel 1993, con la retrospettiva dedicata a Francis Bacon, si inaugura una specifica linea espositiva che vede per protagonisti anno dopo anno gli artisti che, nell’arte moderna, rivelano interesse per l’uomo e le sue inquietudini.

Ecco così Emil Nolde (1994), Chaïm Soutine (1995), Edvard Munch (1998), Amedeo Modigliani (1999), Marc Chagall (2001), Egon Schiele (2003), Christo e Jeanne-Claude (2006), per citare solo alcuni eventi, tutti coronati da grande successo di pubblico.

Nel 2008, sotto la nuova direzione artistica del nascente “Polo culturale di Lugano”, l’istituto diventa “Museo d’arte” e comincia a collaborare più strettamente con gli altri musei cittadini e oltre, in vista dell’apertura del grande Centro culturale della città, attualmente in cantiere all’ex Palace sul lungolago.

L’inaugurazione è attesa per il 2012. Bisognerà tra l’altro definire quali spazi verranno occupati dal Museo d’Arte e come gestire gli spazi della vecchia Villa Malpensata.

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