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«Il Medioevo è un patrimonio comune a tutta l’Europa»

Calarsi nei panni di un alabardiere per un fine settimana alla festa, come nella foto al castello della Gruyère. swissinfo.ch

Negli ultimi anni le feste a carattere storico, soprattutto medievali, proliferano. I gruppi di ricostruzione storica svolgono un ruolo centrale in queste manifestazioni. Intervista a Olivier Renaudeau, conservatore al Museo dell’esercito di Parigi.

Festa della Saint Jean a Gruyères, mercato storico ad Ardez, spettacolo medievale a Burgdorf, festival medievale a Saint-Ursanne… Chi vuole ammirare cavalieri bardati di tutto punto, gentil donne vestite alla moda del XV secolo o scoprire i segreti della cucina medievale ha l’imbarazzo della scelta.

Ma come sono nati questi gruppi di ricostruzione storica? E perché il Medioevo affascina così tanto? Lo abbiamo chiesto a Olivier Renaudeau, conservatore del dipartimento che riunisce armi e armature dal XIII al XVII secolo presso il Museo dell’Esercito di Parigi, e autore di un articolo (vedi link) sul fenomeno delle ricostruzioni storiche.

swissinfo.ch: Da qualche anno si assiste a una moltiplicazione delle feste in cui la ricostruzione storica, soprattutto medievale, svolge un ruolo centrale. È un fenomeno recente?

Olivier Renaudeau: Vi sono alcuni luoghi in Europa dove vi sono feste tradizionali a carattere commemorativo molto antiche. A Orléans, in Francia, dal 1492 si svolgono le fêtes johanniques, che celebrano la liberazione della città da parte di Giovanna d’Arco. Oppure a Ribeauvillé, in Alsazia, vi è una festa che risale al XIV secolo.

Nel XIX secolo, con il movimento del romanticismo, vi è stata una proliferazione di queste manifestazioni, spesso puntuali.

Le feste storiche di cui stiamo parlando si sono invece sviluppate più di recente. Soprattutto a partire dagli anni ’80, quando molte città hanno voluto organizzare eventi a carattere soprattutto turistico.

swissinfo.ch: Queste feste hanno anche una dimensione identitaria?

O.R.: Vi è forse una volontà di ritrovare un passato idealizzato. Tuttavia la dimensione identitaria mi sembra alquanto ridotta. Queste feste sono legate soprattutto alla volontà di fare rivivere città o villaggi che erano un po’ disertati dai turisti.

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swissinfo.ch: Qual è stata l’evoluzione dagli anni ’80?

O.R.: A partire da queste prime manifestazioni, organizzate spesso da enti turistici, sono nate associazioni di appassionati, in particolare di epoca medievale. Gli organizzatori delle feste e le associazioni hanno in seguito preso strade divergenti. I primi sono rimasti in una prospettiva turistica, con un contenuto scientifico assai limitato. Molte feste storiche non sono evolute dagli anni ’80. Tra l’altro, ciò che mi ha colpito è che a volte queste manifestazioni sono organizzate in posti che non hanno nulla di medievale.

Le associazioni hanno dal canto loro compiuto un vero lavoro di documentazione. Alcune di esse si avvicinano all’archeologia sperimentale. Le prime ad aver effettuato questo lavoro sono state le compagnie inglesi. In Svizzera, la Compagnie de Saint Georges, fondata nel 1988, ha funto da modello in tutta Europa.

swissinfo.ch: Perché il Medioevo affascina così tanto?

O.R.: Probabilmente tutti hanno giocato al cavaliere quando erano piccoli. Ciò che constato è però soprattutto la dimensione internazionale del Medioevo. Nell’ambiente della ricostruzione storica, sia che ci si trovi in Francia, in Svizzera o in Inghilterra, tutti conoscono ad esempio il repertorio musicale dell’epoca.

I vestiti, le forme artistiche, le musiche e i testi circolavano molto nel Medioevo. Nel XV secolo, uno svizzero non vestiva in modo molto diverso rispetto a un francese o a un inglese. È una sorta di patrimonio comune a tutta l’Europa. Tutti possono riconoscersi in questa eredità collettiva, che in seguito ha preso strade diverse con la nascita dello Stato-nazione.

Lo stesso fenomeno si sta riproducendo per l’Antichità. Vi sono moltissimi gruppi di ricostruzione antica, segnatamente romana. Anche in questo caso si può parlare di un patrimonio comune a tutta l’Europa.

In Svizzera, alcune feste a carattere storico hanno una tradizione molto antica. I Tellspiele di Interlaken esistono da oltre cent’anni, l’Escalade di Ginevra dal 1926 e la Sechseläuten di Zurigo dall’inizio del XX secolo nella sua forma attuale.

Alcune sono molto più recenti, come Les Médiévales di Saint-Ursanne, nel Giura, che si svolgono a scadenza biennale da 18 anni, o la Festa romana di Augusta Raurica (Augst, Basilea Campagna), che esiste pure da 18 anni. Queste manifestazioni contribuiscono alla messa in scena turistica del patrimonio costruito», ci indica per e-mail Véronique Kanel, portavoce di Svizzera Turismo.

L’ente turistico nazionale non dispone di cifre precise per quantificare l’importanza di questo genere di feste: «Tuttavia nell’insieme sembra che siano sempre più popolari».

Ad esempio, le Médiévales de Saillon, in Vallese, sono passate da 10’000 visitatori nel 1991 a 24’000 nel 2011, mentre i figuranti da 600 a 1’080. Saint-Ursanne ha invece accolto nel 2011 55’000 spettatori.

«Da un punto di vista sociologico, il successo di queste manifestazioni può essere accostato a quello delle feste a carattere tradizionale, come le feste di lotta o le feste della discesa dall’alpe», osserva Véronique Kanel.

«Globalmente si tratta di offerte di nicchia, sviluppate da regioni o destinazioni turistiche che dispongono di un decoro adatto a simili messe in scena – aggiunge la portavoce di Svizzera Turismo. Tuttavia per alcune destinazioni, ad esempio Ginevra con l’Escalade o Saint-Ursanne con Les Médiévales, costituiscono un’opportunità turistica estremamente interessante, in particolare per attirare visitatori che forse non verrebbero se non ci fossero questi avvenimenti».

swissinfo.ch: Non vi è però anche una certa tendenza ad idealizzare il passato?

O.R.: Non sono sicuro che si possano fare delle interpretazioni sociologiche o psicologiche, parlando di un Medioevo sognato, di un’età d’oro medievale. La maggior parte di coloro che praticano questo passatempo sono generalmente coscienti della realtà dell’epoca, ovvero un periodo di insicurezza, socialmente difficile.

swissinfo.ch: Il cinema e la letteratura ‘fantasy’ hanno giocato un ruolo in questo interesse per il Medioevo?

O.R.: Senza dubbio. Soprattutto la letteratura, che nei primi anni del movimento ha funto un po’ da miccia. Molti giovani hanno iniziato ad interessarsi a questo passatempo perché volevano avere una grossa spada come gli eroi del Signore degli Anelli di Tolkien.

Del resto, all’inizio queste compagnie avevano un’idea piuttosto vaga del Medioevo. Erano delle troupe di ricostruzione medievale sui generis. Però il Medioevo dura 1’000 anni… Piano piano queste associazioni si sono sviluppate e hanno ridotto la loro fascia cronologica di riferimento, dicendo ad esempio ‘facciamo del XIV o XV secolo’. Il riferimento a un Medioevo universale, immutabile è così scomparso.

La Compagnie de Saint-Georges, ad esempio, ricostituisce la vita di una truppa di artiglieri borgognoni alla fine del XV secolo, durante le guerra tra Svizzera e Borgogna. Un lasso di tempo di appena una ventina d’anni.

swissinfo.ch: Perché una simile precisione cronologica?

O.R.: Quando ci si interessa veramente al tema, ci si rende conto che si possono datare gli oggetti, le mode o i costumi con una precisione di 10-20 anni. Nel Medioevo la moda evolve altrettanto rapidamente di oggi. Da qui la necessità, se si vuole essere rigorosi da un punto di vista storico, di concentrarsi su un periodo preciso.

swissinfo.ch: Il mondo accademico come considera questi gruppi? Non vi è una certa tendenza a guardarli dall’alto in basso?

O.R.: Sì, a volte li considera un po’ come dei sempliciotti. Guardando certe feste, dove i fondamenti culturali sono assai limitati, non ha per forza torto.

Tuttavia, secondo me gli universitari dovrebbero interessarsi di più a questi ambienti. Le persone che praticano questo passatempo sono spesso i loro primi lettori. E valutano con molta finezza i lavori universitari che riguardano il loro periodo preferito.

swissinfo.ch: Come spiega questa mancanza d’interesse, allor quando queste compagnie potrebbero essere un vettore importante nella trasmissione delle conoscenze storiche?

O.R.: Dagli anni ’70, gli universitari si sono interessati soprattutto alle mentalità, ai fenomeni sociali. Sono ambiti difficili da illustrare con la ricostruzione. È per questa ragione che gli storici sono poco sensibili a questo genere di manifestazioni.

Il mondo accademico s’interessa soprattutto a questo ambiente quale soggetto di studio, in particolare i sociologi. Gli storici, invece, non hanno ancora capito la dimensione del fenomeno.

I responsabili dei musei e dei beni patrimoniali hanno per contro un’attitudine molto più disinibita. Si sono resi conto che è un modo per far vivere il luogo e permettere ai visitatori di avere un contatto diverso con oggetti che normalmente sono esposti in una vetrina.

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