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Una valigia piena di sogni

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Da 25 anni in Svizzera, la brasiliana Samaritana Pasquier descrive il «lungo processo di integrazione» in un paese diverso da come se lo immaginava. Ormai cittadina elvetica, l'etnologa racconta la sua esperienza in un libro intitolato "Sono diventata svizzera?". Una domanda alla quale è però difficile rispondere con un semplice sì o no…

Samaritana Pasquier è nata a São Luís (nel nord-est del Brasile) da una famiglia povera con 16 bambini. Per loro, i morsi della fame non erano certo cosa rara. Quando aveva sette anni, racconta Samaritana nel libro, piegava il braccio e immaginava di avere una baguette davanti agli occhi.

Destino

Il racconto (scritto in francese) inizia con i ricordi delle sue origini umili e di tutte le difficoltà che la sua famiglia ha dovuto affrontare. Il destino prende finalmente le sembianze di un’amica svizzera che lavora con le comunità più povere del Brasile e le offre la possibilità di vivere per qualche tempo in Svizzera. È il 1985.

Tre anni più tardi, sempre con l’aiuto di questa amica, la trent’enne torna in Svizzera, ma questa volta con un biglietto di sola andata. Una borsa di studio federale le permette di seguire una formazione all’Istituto universitario di studi sullo sviluppo di Ginevra (IUED).

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Non tutti gli stranieri vogliono la cittadinanza elvetica

Questo contenuto è stato pubblicato al In Svizzera sono circa 900’000 le persone che avrebbero il diritto di chiedere la cittadinanza elvetica, secondo uno studio della Commissione federale della migrazione relativo al 2010. Tuttavia, soltanto 36’000 persone, ovvero il 2% della popolazione straniera, ha ottenuto il passaporto svizzero nel 2011. «Rispetto ad altri paesi, in Svizzera i criteri per la naturalizzazione…

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Sono molte le ragioni che spingono ogni anno migliaia di stranieri a stabilirsi in Svizzera, tra queste anche l’opportunità di un impiego o una relazione sentimentale. L’etnologa sottolinea come oltreoceano la gente coltivi ancora molte illusioni. «Emigrare è mettere in una valigia il sogno di una vita migliore. La gente pensa che sia facile, che basti venire in Svizzera per realizzare i propri desideri».

«Bisogna però essere coscienti che molti migranti non ce la fanno e sono confrontati con difficoltà considerevoli. Bisogna fare attenzione alle opportunità facili, avverte Samaritana Pasquier. Conosco brasiliane venute in Svizzera con contratti d’artista, che sono poi state vittime di sfruttamento sessuale».

divulgaçao

Questione complessa

Vivendo in Svizzera – dove si è sposata e ha avuto due figlie – e studiando con persone provenienti da tutto il mondo, Samaritana Pasquier si familiarizza poco a poco con la cultura elvetica, con i suoi usi e costumi. L’etnologa osserva l’importanza del rispetto delle regole e il modo in cui ciò influenza un certo «inconscio collettivo».

«In Brasile quando chiediamo qualcosa, iniziamo con un cortese “per favore”. Qui in Svizzera, non si può tralasciare un “buongiorno”, anche se secco, altrimenti si è considerati maleducati. E ciò anche se la domanda è formulata con voce candida. La gente vive sulla propria pelle queste differenze attraverso i gesti semplici della vita quotidiana. Se non vi si presta attenzione, si rischia di avere uno shock culturale».

Dopo oltre vent’anni in Svizzera, la brasiliana sente il bisogno di interrogarsi su sé stessa. «Qual è la mia identità? Sono diventata svizzera?». Quest’ultima domanda si ritrova nel titolo del suo libro, che ha scritto proprio per tentare di dare una risposta a questi interrogativi esistenziali.

Per Samaritana Pasquier è però difficile rispondere con un semplice sì o no. La questione è molto più complessa. L’integrazione, ai suoi occhi, è un apprendistato continuo. L’etnologa sottolinea in particolare l’importanza del rispetto delle regole in vigore nel luogo in cui si vive. Ritiene però fondamentale poter conservare anche una certa libertà interiore in modo da restare sé stessi.

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Importanza della cittadinanza

«Ho analizzato le diverse tappe della mia vita. Ho realizzato che sono ormai diventata cittadina. L’importante per me non era acquisire il passaporto svizzero, ma sentirmi cittadina a pieno diritto», spiega Samaritana Pasquier.

Per farlo, la cosa più importante non è saper cucinare la fondue o appassionarsi allo sci – attività che tra l’altro adora – ma acquisire i diritti politici, poter eleggere ed essere eletta. E per questo ci vuole un passaporto rossocrociato. Lei stessa è politicamente attiva nel comune di Villars-sur-Glâne, nei pressi di Friburgo.

«Alla fine anche se hai il passaporto svizzero, la gente continua a vederti come una straniera, un’immigrata. Mi ci sono abituata e non mi disturba. L’importante è andare oltre, essere aperti per poter ricevere l’altro».

La procedura per l’ottenimento della cittadinanza svizzera può essere lunga e complicata. La domanda viene infatti valutata su tre livelli: comunale, cantonale e nazionale.
 
Gli stranieri che hanno risieduto per almeno 12 anni in Svizzera hanno il diritto di presentare una richiesta di naturalizzazione a livello federale. I requisiti relativi alla durata della permanenza sul territorio variano però da comune a comune.
 
I coniugi stranieri di cittadini elvetici possono richiedere il passaporto dopo aver vissuto in Svizzera per 5 anni (la coppia deve però aver convissuto negli ultimi 3 anni). Analogamente, se una coppia straniera presenta una domanda di naturalizzazione comune, soltanto uno dei due deve soddisfare il criterio dei 12 anni (l’altro 5 anni).
 
Per i giovani stranieri nati in Svizzera (“secondos”), gli anni trascorsi nella Confederazione tra il 10. e il 20. anno d’età contano doppio.
 
I richiedenti devono dimostrare una certa famigliarità con il modo di vita, gli usi e i costumi della Svizzera. Devono inoltre conformarsi all’ordine giuridico elvetico e non compromettere la sicurezza interna o esterna del paese.

(Traduzione dal francee, Stefania Summermatter)

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