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Dati bancari agli USA: altro veto della giustizia svizzera

La sentenza del TAF dà ragione ai clienti di UBS, ma potrebbe creare altre difficoltà alla banca EPA/JUSTIN LANE

Il Tribunale amministrativo federale dà ragione ad una cittadina statunitense e frena la procedura di assistenza amministrativa prevista dall'accordo firmato lo scorso agosto dalla Svizzera e dagli Stati uniti.

Accogliendo il ricorso della cittadina statunitense, il Tribunale amministrativo federale (TAF) riduce di fatto la portata dell’accordo tra Svizzera e USA. In base all’accordo, la Svizzera si era impegnata a esaminare domande di assistenza amministrativa relative a 4’450 conti bancari.

In numerosi casi – come quello alla base della sentenza in questione – l’Amministrazione federale delle contribuzioni avrebbe concesso assistenza agli USA senza averne il diritto.

Diffuso venerdì, il verdetto del TAF costituisce – stando al comunicato dello stesso tribunale – una «decisione pilota». La sentenza dà piena ragione alla donna e non può essere impugnata davanti al Tribunale federale.

Il governo svizzero, per il momento, non ha commentato la decisione del TAF. Tuttavia, in una nota, precisa che per l’approvazione dell’accordo con gli Stati Uniti, «il Consiglio federale si è basato sul parere di diversi esperti». Il governo discuterà la questione durante la seduta di mercoledì prossimo, «dopo una prima analisi del Dipartimento federale di giustizia».

Reazioni contrastanti

Per l’avvocato Paolo Bernasconi, intervistato da swissinfo.ch, «questa sentenza è molto importante e rende quasi nulla la portata dell’accordo firmato il 19 agosto dai governi svizzero e statunitense». Come la sentenza del 5 gennaio in merito all’agire della FINMA, anche quella odierna stabilisce che l’accordo tra i due paesi «non costituisce una base legale».

«Questa decisione significa che UBS deve smettere di consegnare dossier alle autorità fiscali», continua Bernasconi. «Ritengo che questo riguardi centinaia di casi, anche se non parlerei di migliaia».

Dal canto suo, Andrea Arcidiacono, portavoce del TAF, afferma che l’accordo con gli USA resta valido, in quanto la sentenza riguarda soltanto una delle quattro categorie contenute nell’allegato dell’intesa.

Per il Partito liberale radicale, il verdetto rafforza lo stato di diritto e il segreto bancario.

L’Unione democratica di centro e il Partito socialista, che avevano già chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta, ritengono che questa sentenza sia un’ulteriore prova della necessità di fare chiarezza su quanto successo nel corso del 2009.

Hans Grunder, presidente del Partito borghese democratico, ha dimostrato una certa incomprensione nei confronti della sentenza del TAF. Grunder ritiene che il Consiglio federale abbia agito nell’interesse della Svizzera e abbia cercato di conciliare i sistemi legali dei due paesi in modo da non nuocere a nessuno dei due. Ora spetta al parlamento pronunciarsi.

Anche per Marianne Binder, portavoce del Partito popolare democratico, il Consiglio federale ha fatto un buon lavoro. Il governo ha agito basandosi sul parere di giuristi rinomati e non c’è nulla di scandaloso in questo.

Extragiudiziale

Secondo il TAF, l’accordo sottoscritto lo scorso agosto tra la Svizzera e gli USA è da ritenersi «extragiudiziale»; esso non può modificare o completare la Convenzione di doppia imposizione tra i due Paesi, che distingue tra evasione e frode fiscale.

Nel caso in esame, la contribuente americana aveva omesso di inviare al fisco il formulario tramite il quale dichiarava di possedere un conto bancario all’estero. Per i giudici del TAF, questo non è un caso di frode. Di conseguenza non può essere accordata l’assistenza amministrativa secondo l’articolo 26 della Convenzione di doppia imposizione.

Lo stesso discorso dovrebbe valere per i numerosi casi oggetto di contestazione. In particolare per 25 altri procedimenti pendenti davanti al TAF, che riguardano l’accusa di evasione ai danni del fisco americano. Sempre a giudizio del TAF, l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), dovrebbe riconsiderare le centinaia di decisioni amministrative prese fin qui.

Non solo milionari

L’accordo firmato in agosto tra Berna e Washington riguarda in particolare i clienti americani, domiciliati negli Stati Uniti, titolari diretti di un conto o conti UBS non dichiarati tra il 2001 e il 2008.

Ciò vale anche per i beneficiari economici. L’accordo ingloba anche gli statunitensi domiciliati all’estero che si erano nascosti dietro società offshore. La Svizzera si era impegnata a esaminare domande di assistenza relative a 4’450 conti bancari.

Secondo l’accordo, la trasmissione dei dati da parte svizzera non si limita ai clienti milionari: in caso di comportamento fraudolento, l’assistenza può riguardare anche un conto a partire da 250 mila franchi.

swissinfo.ch e agenzie

Febbraio 2009: la FINMA (Autorità federale di vigilanza dei mercati finanziari) autorizza la consegna agli USA dei nomi di 255 clienti di UBS sospettati di evasione fiscale.

Marzo 2009: il governo annuncia di volersi adeguare agli standard dell’OCSE; per farlo, deve allentare il segreto bancario.

Agosto 2009: la Svizzera e gli Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. La Confederazione si impegna a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4’450 conti.

5 gennaio 2010: il Tribunale amministrativo federale (TAF) giudica che la FINMA non disponeva di una base legale sufficiente per consegnare alla giustizia statunitense i dossier di 255 clienti di UBS. La FINMA deposita un ricorso al Tribunale federale.

22 gennaio 2010: il TAF dà ragione ad una cittadina statunitense e stabilisce che l’assistenza giudiziaria agli USA può essere accordata solo nei casi di frode fiscale, ma non in quelli di evasione. L’accordo tra Svizzera e Stati uniti è da considerarsi extragiudiziale e non può prevedere modifiche su questo punto.

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