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I difensori delle libertà russi contrattaccano in rete

I tre nominati al premio Martin Ennals 2013 sono stati presentati l’8 ottobre a Ginevra. Patrick Gilliéron Lopreno

Attribuito a Ginevra, il premio Martin Ennals riconosce quest’anno il lavoro dell’organizzazione non governativa russa Joint Mobile Group. L’associazione per la difesa dei diritti umani prosegue collettivamente l’azione in Cecenia iniziata dalla giornalista Anna Politkovskaja, assassinata sei anni fa.

C’è stata la giornalista Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006 per aver indagato sulle violenze contro le libertà e i diritti in Cecenia. Nel 2009, Natalia Estemirova, Zarema Saydulayeva e Alik Dzhabrailov, ferventi attivisti, hanno subito la stessa sorte. Togliendo di mezzo queste figure, gli assassini hanno voluto dare un segnale forte per zittire ogni voce critica in Cecenia.

Ma quando si taglia la testa dell’Idra, ne rispuntano almeno sette, narra la leggenda. Ed è su questo leitmotiv che nel 2009 è stato creato il Joint Mobile Group (JMG), una rete di avvocati e di difensori dei diritti umani che tramite rapide missioni di squadra opera in Cecenia a partire dalla Russia. Il suo punto di forza: un’organizzazione disseminata che rende impossibile una repressione mirata da parte delle autorità.

L’8 ottobre 2013 a Ginevra, il JMG ha ricevuto il premio Martin Ennals quale riconoscimento della sua determinazione e della sua inventiva, in un periodo in cui la Cecenia, così come la Russia, stanno sprofondando nell’impunità. Questa prestigiosa distinzione, frutto di una collaborazione tra dieci delle più importanti organizzazioni internazionali per i diritti umani, intende incoraggiare i difensori in pericolo e che necessitano di una protezione immediata.

Definito il Nobel dei diritti umani, il premio Martin Ennals – dal nome di uno dei principali difensori dei diritti umani, diventato nel 1968 segretario generale di Amnesty International – è stato istituito nel 1993.

Ogni anno, un premio del valore di 20’000 franchi è assegnato a una persona che fa prova di una lotta eccezionale, tramite mezzi coraggiosi e innovativi, contro le violazioni dei diritti umani. Il premio intende incoraggiare i difensori in pericolo e che necessitano di una protezione immediata.

Accanto ai dipartimenti degli affari esteri di Svizzera, Spagna, Germania, Irlanda e Finlandia, la città di Ginevra è un partner particolarmente importante siccome si assume i principali costi della cerimonia annuale.

La Fondazione Martin Ennals è il frutto della collaborazione di dieci tra le più importanti organizzazioni internazionali per i diritti umani, che compongono la giuria: Amnesty International, Human Rights Watch, Federazione internazionale dei diritti umani, Organizzazione mondiale contro la tortura, Front Line, Commissione internazionale dei giuristi, Servizio internazionale per i diritti umani, Human Rights First, Diakonie Germania e HURIDOCS.

Terrore sulla Cecenia

«Gli omicidi del 2009 hanno gettato un velo di terrore sulla Cecenia. Tutte le ong sono state costrette a interrompere le loro attività: i loro impiegati erano ceceni e la loro vita era dunque in pericolo», spiega Igor Kalyapin. Tra i principali fautori del JMG, Igor Kalyapin dirige in Russia il Comitato contro la tortura.

Agli ordini del presidente pro-russo Ramzan Kadyrov, il governo ceceno controlla la vita dei cittadini nei minimi dettagli: rapimenti, torture e omicidi sono all’ordine del giorno.

«Ci trovavamo di fronte a un dilemma, ricorda Igor Kalyapin. O ammettevamo che i killer avevano raggiunto il loro scopo e avevano vinto, oppure dovevamo trovare un altro modo per lottare contro gli abusi. Con la nostra nuova configurazione, le autorità russe e cecene non possono più attaccare dei simboli. Se uno di noi dovesse sparire, le missioni non cesserebbero. Era essenziale dare alle popolazioni questo barlume di speranza e mostrare loro che è sempre possibile battersi e denunciare le violazioni».

Procedure legali

I membri del JMG sono costantemente minacciati, detenuti o intimiditi. Durante le loro missioni, le squadre continuano a indagare su casi di rapimento, di tortura, di sparizioni forzate e di omicidio. È stata creata una struttura aperta 24 ore su 24 per sostenere le vittime e le loro famiglie e per evitare rappresaglie.

Oggigiorno, il movimento conta decine di membri ed è diventato una delle principali fonti d’informazioni sulle violazioni dei diritti umani commesse in Cecenia. Il suo approccio consiste nell’utilizzare il sistema giudiziario russo e nel ricorrere ai meccanismi internazionali ratificati da Mosca. «Lavoriamo pubblicamente, insiste Igor Kalyapin, siccome interveniamo nelle procedure legali. Tutte queste informazioni vengono poi utilizzate per fare pressione sulle autorità o come prova durante il processo».

«Una distinzione mondiale quale il premio Martin Ennals ci permette di alzare la voce e di ricordare che la Russia viola tutte le leggi internazionali. I paesi stranieri manifestano imbarazzo quando chiedono alla Russia un comportamento accettabile. Questo ci delude. Ancora più inquietante è il fatto che gran parte della popolazione russa ritiene che la democrazia e la difesa dei diritti umani rimangano concetti propriamente occidentali».

Oltre al Joint Mobile Group, due persone sono state nominate per il premio Martin Ennals 2013.

Mona Seif: nata in una famiglia di difensori dei diritti umani, l’egiziana è tra i fondatori del movimento popolare “No to Military Trials for Civilians”, che si batte per evitare che i civili siano processati da un tribunale militare.

«La mia storia è quella di quel bambino, Amr el-Beheir, che l’esercito ha arrestato un quarto d’ora dopo averlo liberato. Molto rapidamente hanno inventato un processo in gran segreto, senza informare né la famiglia né un avvocato. L’hanno condannato a cinque anni di prigione. Da allora, nella mia mente scorrono le stesse immagini: la mia mano che lascia il suo braccio, lasciandolo entrare nell’automobile. Non avrei mai dovuto lasciarlo partire, avrei dovuto ascoltare la voce che mi diceva di trattenerlo. Ma questa è la mia storia, il mio destino ed è qui che ho iniziato», racconta Mona Seif.

Mario Joseph: riconosciuto come uno dei più influenti avvocati haitiani per i diritti umani, dal 1996 dirige l’Ufficio degli Avvocati Internazionali di Port-au-Prince (Haiti). Nel 2000 ha lavorato sul massacro di Raboteau, Yvon Neptune contro Haiti, il primo caso haitiano trattato dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani.

«Oggi, la più grave violazione dei diritti umani a Haiti è l’occupazione del paese da parte dell’ONU. Questa missione continua a violare i diritti del popolo haitiano nella più totale impunità», sottolinea Mario Joseph.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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