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Ditta svizzera implicata in un traffico d’armi con l’Iraq

Il dittatore iracheno Saddam Hussein Keystone Archive

La Confederazione ha aperto un'inchiesta contro un'impresa svizzera che avrebbe consegnato illegalmente materiale militare all'Iraq.

All’origine dell’inchiesta è una rogatoria tedesca, ha detto venerdì alla radio svizzerotedesca DRS Jürg Blaser, portavoce del Ministero pubblico. La richiesta di assistenza giudiziaria è stata trasmessa alla fine di gennaio dall’Ufficio federale di giustizia (UFG).

Secondo la DRS, le consegne di materiale vietato, per un valore di 1,3 milioni di dollari, risalgono al 1999 e la società indagata avrebbe sede a Zurigo. In Germania, a Mannheim, è attualmente in corso un’indagine contro sei tedeschi sospettati di aver infranto l’embargo imposto contro l’Iraq: la rogatoria è da collegare a questa inchiesta. Per ora è tutto quanto si sa sulla vicenda.

Altri casi di ditte svizzere implicate in traffici illegali

In passato diverse imprese svizzere sono finite nel mirino della giustizia o per lo meno della stampa per asserite forniture di armamenti all’Iraq. Il caso più noto è stato quello delle forniture della Von Roll per il cosiddetto «supercannone».

Il 1. febbraio 1996 la Corte penale federale ha condannato tre manager della Von Roll, tra cui il presidente della direzione Heinz W. Frech, a un mese di detenzione con la condizionale e a multe tra gli 8 e i 25 mila franchi per violazione della legge federale sul materiale bellico (LMB). L’impresa di Gerlafingen (SO) aveva fornito fino al 1990 a Baghdad cilindri idraulici fatti passare come pezzi per l’industria petrolchimica ma destinati alla costruzione del «supercannone», l’arma segreta del presidente Saddam Hussein che tuttavia non ha mai sparato un colpo perché non è stata portata a termine. Il progettato cannone lungo 150 metri e con un calibro di un metro avrebbe dovuto essere in grado di sparare ordigni a testata nucleare o chimica fino a 700 chilometri di distanza.

Durante la guerra del Golfo imprese svizzere erano state citate quali fornitrici di pezzi per i missili Scud utilizzati dall’esercito iracheno. Il 30 marzo 1999 il Tribunale regionale di Mannheim ha condannato a un anno e due mesi di carcere un uomo d’affari svizzero per l’esportazione in Iraq alla fine degli anni Ottanta di elementi per la fabbricazione di missili.

L’impresa Pilatus aveva dal canto suo fatto parlare di sé per la fornitura a Baghdad di aerei PC-7 e PC-9 che sarebbero stati utilizzati nel 1988 per bombardare la popolazione nel Kurdistan iracheno. La ditta di Stans aveva riconosciuto soltanto di aver fornito all’Iraq velivoli d’addestramento nel 1982.

Anche in rapporto al programma nucleare alcune imprese svizzere erano state messe nella lista nera dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica quali presunte fornitrici di impianti per lo sviluppo di armi nucleari.

Una legislazione criticata

Il coinvolgimento di società elvetiche nella fornitura di materiale a doppio uso civile e militare aveva innescato una discussione in Svizzera alla fine degli anni Ottanta sulla legislazione in fatto di esportazioni belliche. Una iniziativa socialista che chiedeva il divieto di materiale bellico, compreso quello «dual-use», era tuttavia stata respinta dal popolo svizzero l’8 giugno 1997 con il 77 per cento di no.

Come controprogetto indiretto governo e parlamento avevano proposto una revisione in senso più severo della LMB ed elaborato una nuova legge sul controllo dei beni a duplice impiego (LBDI). Entrambe sono entrate in vigore entrambe all’inizio del 1998.

swissinfo e agenzie

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