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Fastewb presenta cifre negative e il nuovo CdA

Fastweb sarà guidata da un Cda quasi tutto svizzero Keystone

Il turbolento 2009 si è concluso per Fastweb con una perdita di 34 milioni di euro. Accantonati inoltre 70 milioni di euro per i rischi legati alla vicenda giudiziaria di false fatturazioni e riciclaggio. Ma secondo il CEO di Swisscom e direttore di Fastweb Carsten Schloter, l’azienda uscirà pulita.

Sarà un Consiglio d’amministrazione (Cda) quasi tutto svizzero quello di Fastweb. Così ha deciso l’assemblea degli azionisti riunita giovedì a Milano.

Su proposta di Swisscom, azionista di maggioranza e detentrice dell’82.08% delle azioni della società che aveva presentato l’unica lista di candidati nei tempi e secondo le modalità, sono stati infatti eletti 9 consiglieri: Ulrich Dietiker, Daniel Ritz, Urs Schaeppi, Eros Fregonas, Andrea Broggini (tutti cittadini svizzeri), Carsten Schloter (CEO di Swisscom e nominato presidente del Cda), Alberto Giussani, Manilo Marocco e Stefano Parisi. Quest’ultimo, ex amministratore delegato dell’azienda si è auto-sospeso dalla carica il 2 aprile in seguito all’inchiesta sul riciclaggio e l’evasione dell’Iva dalla procura di Roma.

Un’inchiesta menzionata anche durante l’assemblea, la cui accusa è quella di aver prodotto un danno di 365 milioni di euro al fisco italiano per false fatturazioni e riciclaggio e per la quale si trova in carcere da 56 giorni Silvio Scaglia, ex numero uno dell’azienda.

Quest’ultimo ha fatto pervenire, tramite i suoi avvocati, una lettera al presidente del gruppo nella quale afferma che “non vuole perdere la speranza, anche se questa, indubbiamente, è una prova molto dura e non solo per lui” dicendosi convinto che “i vertici della società, Fastweb stessa, come lui, sono stati vittime di un ben congegnato raggiro”.

Risultato negativo

L’assemblea ha approvato anche il bilancio dell’esercizio 2009 che evidenzia ricavi consolidati che ammontano a 1.853 milioni di euro, registrando un incremento dell’8,5% rispetto ai 1.708 milioni di fine 2008.

A seguito dello stanziamento straordinario effettuato a fondo rischi per 70 milioni per le contestazioni connesse alla già menzionata Ordinanza della Procura di Roma del 22 febbraio, il margine operativo lordo (EBITDA) è risultato pari a 481 milioni rispetto ai 518 dall’esercizio precedente con una marginalità del 26%; il risultato netto consolidato è risultato negativo per 34 milioni a fronte di un risultato positivo di 6 milioni a fine esercizio 2008.

Parallelamente ai lavori assembleari, la riunione del nuovo consiglio di amministrazione, oltre ad attribuire a Carsten Schloter le deleghe operative ha, tra l’altro, istituito un Comitato per la remunerazione e un Comitato per il Controllo Interno, entrambi composti da Manilo Marocco, Andrea Broggini e Alberto Giussani. Una misura sollecitata anche da alcuni azionisti intervenuti prima della votazione e resasi necessaria alla luce delle irregolarità emerse.

Fastweb uscirà pulita

Rispondendo alle domande dei giornalisti che assistevano ai lavori assembleari nella sala stampa attigua, oltre a ribadire che Fastweb è stata utilizzata da associazioni criminali e che il potenziale di crescita della società è enorme, Schloter ha esternato i suoi timori sulle scelte che i regolatori italiani effettueranno per sviluppare la rete di nuova generazione.

Secondo il neo presidente infatti “l’attitudine di incentivare Telecom Italia a usare la rete di rame più a lungo possibile e la ventilata proposta dell’authority di aumentare i prezzi di unbundling (cioè della concessione ai nuovi operatori telefonici di usufruire delle infrastrutture esistenti, proprietà di altro operatore pagando un canone all’operatore legalmente proprietario delle infrastrutture) nel settore della telefonia fissa, rischia di allontanare l’Italia dall’Europa sul fronte dello sviluppo delle reti di telecomunicazioni di nuova generazione”.

Il nocciolo della questione, secondo Schloter, risiede proprio su questo punto “Voglio capire se ciò è un incentivo ad usare la rete di rame fino alla fine del secolo o se sono pronti a creare un quadro regolatorio che incentivi gli investimenti sulla rete di nuova generazione. Cosa di cui si sta discutendo in tutta Europa”.

In conclusione, ribadendo che Fastweb uscirà pulita dalla vicenda giudiziaria, il manager tedesco ha ammesso che: “Se avessimo saputo, l’intera dimensione del danno e le potenziali connessioni di alcuni fornitori con organizzazioni criminali, se avessimo saputo tutto ciò nel momento dell’acquisizione, avremmo aspettato di vedere quale sarebbe stato il danno potenziale alla reputazione della società sul mercato italiano”.

Michele Novaga, Milano, swissinfo.ch

Dal 23 febbraio Fastweb – unitamente a Telecom Italia Sparkle (di proprietà di Telecom Italia) – si trova al centro di una delle più “colossali frodi della storia” ai danni dell’erario italiano, come dichiarato dal giudice d’istruzione preliminare Aldo Morgigni, che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 56 persone.

Perquisizioni sono state effettuate anche in Svizzera, nei cantoni di Ginevra e Ticino presso diversi istituti di credito e fiduciarie, ha indicato il Ministero pubblico della Confederazione.

Tra gli indagati per frode e riciclaggio di denaro vi sono tra gli altri Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb, che nel 2007 ha ceduto la società a Swisscom ed è stato posto in stato di fermo venerdì, l’attuale amministratore delegato della Fastweb Stefano Parisi e il senatore del Popolo della libertà Nicola Di Girolamo, la cui elezione nel 2008 nella circoscrizione estero sarebbe stata resa possibile dalla ‘ndrangheta calabrese

I fatti risalgono al periodo tra il 2003 e il 2007. Gli indagati avrebbero messo in piedi un complesso giro di riciclaggio di capitali, provenienti da una serie di operazioni commerciali fittizie di acquisto e di vendita di servizi di interconnessione telefonica internazionale per un valore stimato a quasi due miliardi di euro.

Questo sistema, attuato tramite una rete di società di comodo con sede in Italia e all’estero e con l’intervento della ‘ndrangheta, avrebbe permesso di evadere circa 360 milioni di euro di IVA e di accumulare nei confronti dello Stato 96 milioni di euro di crediti fittizi di IVA.

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