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Il CEO di Fastweb: «La mia azienda è onesta»

Stefano Parisi, CEO di Fastweb. Keystone

Secondo Stefano Parisi, CEO di Fastweb, la vicenda che vede coinvolta la sua azienda è stata eccessivamente mediatizzata. La società – aggiunge – potrà provare di aver agito correttamente e non creerà problemi a Swisscom.

«Mi dispiace, anzi chiedo scusa alla Svizzera, alla sua opinione pubblica, perché capisco che questa vicenda super-mediatizzata possa sollevare interrogativi; ma posso assicurare che Fastweb è un’azienda sana, guidata da gente che potrà tranquillamente dimostrare la propria onestà, e ribadisco quindi che Swisscom ha fatto un ottimo acquisto».

Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb (3’500 dipendenti, ma altre ottomila persone coinvolte nell’indotto), ci riceve nella sede centrale di Milano.

Anche lui è tra gli indagati per una bufera che ha investito non solo il gruppo comprato nel 2007 da Swisscom (proprietaria per oltre l’80%), ma anche i vertici di Sparkle, azienda controllata da Telecom, l’altro gigante della telefonia italiana.

Circa 400 milioni di euro di evasione fiscale: è questa l’accusa del giudice dell’inchiesta preliminare, più un giro di due miliardi di euro su cui si sarebbe innestata la ‘ndrangheta – la potente mafia calabrese – con operazioni di riciclaggio a livello internazionale e con brogli elettorali commessi in Germania che due anni fa portarono all’elezione del senatore Nicola Di Girolamo.

swissinfo.ch: Quelle rivolte a Fastweb sono accuse pesantissime.

Stefano Parisi: Proprio questo è l’aspetto peggiore, questo associare Fastweb alla peggior criminalità internazionale: un danno di immagine enorme, mentre posso assicurare che Fastweb è del tutto estranea a questa situazione.

swissinfo.ch: Eppure allo scoppio della scandalo lei ha licenziato due collaboratori di Fastweb, proprio per i loro rapporti col crimine organizzato; qualche giornale ha anche sollevato il dubbio che in questo modo si sia voluto scaricare sulle «due mele marce» – come lei le ha definite – tutta la responsabilità della vicenda. Insomma, un classico scaricabarile…

S.P.: Nient’affatto. La lettura delle carte, basate sulle intercettazioni telefoniche, dimostra che la posizione delle due persone licenziate giustifica la nostra decisione, mentre nelle stesse carte del magistrato inquirente non c’è nulla che dimostri un coinvolgimento dei vertici del nostro gruppo.

swissinfo.ch: Sembra comunque esserci una lacuna nei controlli: se c’erano due «collaboratori infedeli», come escludere che ve ne siano stati altri?

S.P.: I nostri sistemi di controllo interni sono ottimi, e direi che sono nettamente migliorati proprio grazie a Swisscom. In ogni caso, se la magistratura ha impiegato anni per fare le proprie indagini, cosa poteva fare un’azienda?

Noi accertiamo la correttezza dei nostri collaboratori quando operano nell’ambito dell’azienda, ma non possiamo intervenire al di fuori di essa. Noi non intercettiamo i nostri dipendenti!

swissinfo.ch: Ciononostante, il procuratore dell’antimafia di Roma sostiene che, vista l’organizzazione del gruppo – e soprattutto il ruolo del fondatore Silvio Scaglia (una delle 56 persone per le quali è scattato il mandato di cattura) – i vertici aziendali non potevano non sapere…

S.P.: La magistratura inquirente si è fatta le sue convinzioni, ma anche noi abbiamo la nostra da dire, e le ripeto che noi non abbiamo fondi neri, né rapporti con le organizzazioni criminali del riciclaggio di denaro sporco. Non mi sembra d’altra parte che nell’ordinanza vi siano elementi credibili. Io ho fiducia nella giustizia italiana: sono certo che la verità verrà a galla.

swissinfo.ch: Nell’ordinanza si insinua anche un pesante dubbio, ovvero che tre anni fa Fastweb sia stata venduta a Swisscom proprio per realizzare quanto prima un importante guadagno (3 miliardi e 700 mila euro), perché soprattutto Silvio Scaglia intuiva a quali conclusioni sarebbe arrivata l’indagine della magistratura.

S.P.: Lo nego nel modo più categorico. L’idea di Silvio Scaglia di vendere Fastweb – e c’erano diversi possibili acquirenti – era precedente al 2007. L’operazione di acquisto da parte elvetica fu fatta nella massima trasparenza, attraverso un’offerta pubblica di acquisto, e fornimmo a Swisscom tutti gli elementi necessari.

È vero che già allora c’era un’inchiesta, e li informammo. E quando venimmo a conoscenza dell’apertura di quella indagine smettemmo subito il tipo di attività che ne era all’origine. In sostanza si trattava anche allora di accuse di frode fiscale.

Noi abbiamo sempre pagato l’IVA. Non possiamo essere ritenuti colpevoli se poi i nostri clienti non la riversarono all’erario. Lo dico con un esempio: come cliente di un ristorante io pago un conto che include l’IVA, ma se poi il proprietario del ristorante non la versa allo Stato, non sono certo io il responsabile.

swissinfo.ch: E non potevate capire o intuire quali sarebbero stati gli sviluppi di quell’indagine?

S.P.: Assolutamente no, non certo in base al tipo di attività di Fastweb. Ciò che sta avvenendo è una sorpresa anche per noi.

swissinfo.ch: Ma non sarà poi Swisscom a dover pagare il conto di tutta questa faccenda, ritrovandosi con la patata bollente in mano?

S.P.: No, le ripeto che ho fiducia nella nostra giustizia e nel fatto che stabilirà la verità, e cioè l’estraneità di Fastweb rispetto ai fatti oggi contestati.

swissinfo.ch: La prossima settimana verrà deciso se le due aziende sotto inchiesta (c’è anche la controllata di Telecom) debbano essere commissionate. In caso di commissariamento, quali sarebbero le conseguenze negative per Fastweb?

S.P.: Prima di tutto quella che è stata avanzata è solo una richiesta cautelare, e a nostro avviso avrà tempi limitati. In ogni caso, è evidente che un’azienda come la nostra pianifica i suoi programmi di crescita con anticipo, si tratta di piani che già coprono il 2010 e gli anni successivi. Non ci sarà quindi una perdita di valore dell’azienda, né sarà compromessa la sua attività.

swissinfo.ch: Ma la Borsa parla chiaro. Fastweb ha subìto durante la settimana perdite anche pesanti.

S.P.: Lo si può capire. C’è una reazione ai grandi titoli: proprio per questo ho detto subito che così facendo si uccide un’azienda. Il danno d’immagine c’è, ma sarà superato e la fiducia della Borsa tornerà, perché l’emergere della verità confermerà il valore della nostra azienda, del suo personale, e dei suoi azionisti.

swissinfo.ch: Stefano Parisi, visto che è a sua volta indagato, non sarebbe opportuno che lei facesse un passo indietro, dimettendosi dalla carica di amministratore delegato a beneficio proprio dell’immagine di Fastweb?

S.P.: Io ho la coscienza tranquilla, la mia posizione rispetto al giudice inquirente dipende esclusivamente dal fatto che sono io ad aver firmato i bilanci, e ho quindi la rappresentanza legale di Fastweb.

Sono convinto che tutto si risolverà bene. Ma dobbiamo combattere per l’azienda e per la sua immagine. Dimettermi adesso sembrerebbe un atto di vigliaccheria. Lo ripeto: mi scuso con la Svizzera, che ha investito nell’operazione di acquisto di Fastweb, ma posso assicurare che il governo elvetico e Swisscom hanno fatto un acquisto oculato, l’acquisto di un’azienda sana, in attivo e fatta di gente onesta.

Aldo Sofia, Milano, swissinfo.ch

Dal 23 febbraio Fastweb – unitamente a Telecom Italia Sparkle (di proprietà di Telecom Italia) – si trova al centro di una delle più “colossali frodi della storia” ai danni dell’erario italiano, come dichiarato dal giudice d’istruzione preliminare Aldo Morgigni, che ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 56 persone.

Perquisizioni sono state effettuate anche in Svizzera, nei cantoni di Ginevra e Ticino presso diversi istituti di credito e fiduciarie, ha indicato il Ministero pubblico della Confederazione.

Tra gli indagati per frode e riciclaggio di denaro vi sono tra gli altri Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb, che nel 2007 ha ceduto la società a Swisscom ed è stato posto in stato di fermo venerdì, l’attuale amministratore delegato della Fastweb Stefano Parisi e il senatore del Popolo della libertà Nicola Di Girolamo, la cui elezione nel 2008 nella circoscrizione estero sarebbe stata resa possibile dalla ‘ndrangheta calabrese

I fatti risalgono al periodo tra il 2003 e il 2007. Gli indagati avrebbero messo in piedi un complesso giro di riciclaggio di capitali, provenienti da una serie di operazioni commerciali fittizie di acquisto e di vendita di servizi di interconnessione telefonica internazionale per un valore stimato a quasi due miliardi di euro.

Questo sistema, attuato tramite una rete di società di comodo con sede in Italia e all’estero e con l’intervento della ‘ndrangheta, avrebbe permesso di evadere circa 360 milioni di euro di IVA e di accumulare nei confronti dello Stato 96 milioni di euro di crediti fittizi di IVA.

Fastweb è stata fondata nel 1999 da Silvio Scaglia, oggi uno degli uomini più ricchi d’Italia, e dal finanziere Francesco Micheli.

Nel 2007 la Swisscom ha lanciato un’offerta pubblica d’acquisto, rilevando oltre l’82% del capitale azionario per 5,1 miliardi di franchi, nonché un debito netto di 1,8 miliardi.

Nel corso degli ultimi anni, la società è diventata la più importante azienda italiana nel settore delle comunicazioni in fibra ottica. Oltre all’accesso ad internet e alla telefonia fissa, Fastweb fornisce pure un servizio televisivo ed ha un’offerta di telefonia mobile.

Nel 2009 deteneva il 13% delle parti di mercato della banda larga in Italia, alle spalle di Telecom Italia (57%). La sua rete copre circa il 90% del territorio italiano.

Tra il 2008 e il 2009, il numero di allacciamenti a banda larga è passato da 1,48 milioni a 1,64 milioni (su una cifra complessiva di 12 milioni in Italia, +9,7%). Il giro d’affari dell’azienda è cresciuto dell’8,5% a 1,8 miliardi di euro.

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