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Il Credit Suisse era l’allievo modello

La "nave ammiraglia" alla deriva? AFP

La stampa elvetica reagisce con stupore alla notizia delle misure di risparmio annunciate giovedì dal secondo istituto bancario elvetico. Si chiede inoltre come mai la banca creduta fino a ieri la "nave ammiraglia" sia finita in acque tanto burrascose.

«Il Credit Suisse è andato a picco – soltanto così si può spiegare l’evoluzione della grande banca negli ultimi quattro-cinque trimestri», scrive il Tages Anzeiger parlando del momento difficile della banca zurighese. «Quasi da non credere», commenta l’altro foglio sulla Limmat, il Blick, in merito al nuovo corso del Credit Suisse. «Non c’è nulla che funzioni nel regno delle banche», scrive invece Le Matin.

È infatti stata grande la sorpresa alla notizia della soppressione di 2000 posti di lavoro e dei risparmi di un miliardo di franchi annunciati giovedì dal Credit Suisse (CS). Il secondo istituto bancario svizzero era considerato fino a ieri l’allievo che le altre banche dovevano prendere come modello.

Ora, invece, questa immagine è stata offuscata dall’attuale crisi del debito e dal franco forte. Nel secondo trimestre di questo anno, il CS ha realizzato un utile netto di 768 milioni, contro gli 1,14 miliardi registrati nei tre mesi precedenti e gli 1,6 miliardi di franchi del secondo trimestre 2010.

Eppure era la «nave ammiraglia»

Nel suo corsivo, il Tages Anzeiger sottolinea che il secondo istituto bancario elvetico si era lasciato alle spalle meglio di altri la crisi finanziaria e per questo veniva considerata la «nave ammiraglia».

Aspetto evidenziato anche dalla Neue Zürcher Zeitung. «Il CS aveva fatto quasi tutto giusto. Aveva superato la crisi meglio della concorrenza, si era preparato al periodo dopo la crisi. Tuttavia, dopo Goldman Sachs, HSBC o UBS, anche il Credit Suisse deve fare i conti con un ampio pacchetto di risparmio».

Per il Tages Anzeiger, il Ceo Brady Dougan si è lasciato prendere dall’euforia e ha voluto approfittare delle situazione favorevole. «Ha fiutato la possibilità di strappare fette di mercato alla concorrenza indebolita. Ha così impiegato dalla fine del 2009 più di 3000 nuovi collaboratori», scrive il foglio zurighese.

Nel suo commento, il Tages Anzeiger rileva inoltre come proprio quelli che aveva ammesso a bordo, sono diventati in questo momento «zavorra» da gettare in mare. «Attualmente, nessun’altra grande banca registra costi tanto elevati. Nella banca di investimento dei 100 franchi di reddito, quasi 90 se ne vanno in costi», illustra il Tagi.

«Anche se si tratta di una cattiva notizia, va dato merito al direttore Brady Dougan che ha il coraggio di prendere delle decisioni e di annunciarne il colore», annota invece Le Matin, che illustra in seguito come i collaboratori in Svizzera non saranno licenziati, ma avranno la possibilità di seguire un programma interno di ricerca d’impiego o di formazione.

Modello vincente?

La Neue Zürcher Zeitung si sofferma in seguito sulla strategia che doveva riportare la banca alla normalità del periodo pre-crisi. Invece, oggi, il CS non si trova dove dovrebbe essere. «Cosa succede se la ripresa non si fa sentire?», si chiede il quotidiano zurighese, «Infatti, la prova che il modello di gestione messo in piedi da Brady Dougan generi una crescita redditizia anche in tempi difficili non c’è ancora».

«Contrariamente a quanto annunciato da UBS, il Credit Suisse continua a puntare sul suo modello di banca integrata», scrive Le Temps, secondo il quale, così come UBS, anche il CS è «penalizzato da una struttura dai costi inflessibili». Stando al foglio romando, dopo la crisi, «le due banche hanno commesso l’errore di aumentare la parte fissa dei salari dei banchieri d’affari, con effetti disastrosi».

Pure la Südostschweiz e la Basler Zeitung si chiedono se la via intrapresa dalla banca con sede a Zurigo sia quella giusta. «La banca di investimenti ha gettato alle ortiche il secondo trimestre» titola la prima, «Il CS soffre di investment banking», sottolinea invece la seconda.

Lo spettro del fisco americano

Il Blick chiama in gioco anche l’altra grande banca elvetica, l’UBS, e si chiede quali delle due stia meglio al momento. Se finora il Credit Suisse era in netto vantaggio sulla sua rivale di sempre, ora, invece, pare che il vento abbia cambiato direzione. «UBS si è già lasciata alle spalle le controversie fiscali. Per il CS, si stanno adesso addensando nuvole di tormenta sotto forma di multe milionarie».

«A crogiolarsi troppo al sole, la banca zurighese si è bruciata le ali?», si chiede invece La Liberté, che a sua volta mette l’accento sulla vertenza con il fisco americano: «Niente è come prima dopo che alcuni collaboratori sono stati incolpati negli Stati Uniti in relazione a possibili reati fiscali».

Anche il St. Galler Tagblatt ritorna sul contenzioso tra il Credit Suisse e l’erario statunitense. «Il caso UBS ha mostrato che la situazione non va presa alla leggera», mette in guardia il foglio sangallese.

Dello stesso avviso è anche l’Oltner Tagblatt. Il quotidiano teme che l’attuale vento proveniente dagli USA sia premonitore di burrasca. «Le indagini della giustizia stelle e strisce in merito ai presunti reati fiscali potrebbero concludersi in un’ammenda milionaria, multa che potrebbe divorarsi un utile trimestrale».

14 luglio 2011.

Tre anni dopo la vicenda dell’UBS negli Stati Uniti, il Credit Suisse (CS) riceve una lettera in cui il Dipartimento di Giustizia USA informa la grande banca che è oggetto di un’inchiesta penale.

21 luglio. La giustizia americana incrimina 3 ex dirigenti del CS e il fondatore di una società svizzera che collaborava con l’istituto di credito.

In precedenza, in gennaio, la polizia americana ha arrestato un dipendente del CS che deve essere processato in Florida.

In febbraio, la procura mette sotto accusa tre ex dipendenti e un attuale dipendente del CS. Dato che i quattro si trovano fuori dagli Stati Uniti, non sono arrestati.

Capi d’accusa. Complotto per aiutare dei clienti americani a frodare il fisco degli Stati Uniti. A uno degli accusati è rimproverato di avere mentito al Servizio tributario americano e alla Federal Reserve dello Stato di New York in merito alle attività del CS.

Il Credit Suisse è accusato di avere gestito, fra il 1953 e il 2008, migliaia di conti segreti di clienti americani, per un importo totale che potrebbe raggiungere i 3 miliardi di dollari (2,5 miliardi di franchi).

A causa dell’ulteriore rafforzamento del franco rispetto a euro e dollaro, nel primo semestre la Banca nazionale svizzera (BNS) ha accumulato una perdita di 10,8 miliardi di franchi.

Le perdite di cambio sono state di 11,7 miliardi di franchi nella prima parte del 2011.

Un’ulteriore perdita di 1,6 miliardi di franchi va imputata al cambio sull’oro, anche se il metallo prezioso ha raggiunto livelli record in dollari.

Per contro, il fondo di stabilizzazione (StabFund) in cui sono confluiti i cosiddetti “titoli tossici” di UBS ha realizzato un utile di 1,33 miliardi di dollari.

Questa situazione potrebbe avere presto conseguenze per le casse della Confederazione e dei cantoni. Un accordo tra la BNS e questi enti pubblici prevede elargizioni annue di 2,5 miliardi di franchi fino al 2017. A causa delle perdite i cantoni si devono attendere il blocco dei versamenti o quantomeno una loro riduzione nei prossimi anni.

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