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«Vengono senza nessuna informazione e sono sfruttati»

José Sebastião è segretario sindacale dal 2008. swissinfo.ch

José Sebastião, rappresentante del sindacato UNIA, è sempre più spesso confrontato con casi di immigrati portoghesi che arrivano in Svizzera senza nessuna conoscenza della realtà, della legislazione e del mercato del lavoro elvetici. E spesso cadono nelle mani di gente disonesta.

Uno dei casi più recenti con cui ha avuto a che fare riguardava un’impresa di costruzioni appartenente a un portoghese che faceva venire manodopera dal suo paese natale. Gli operai erano stati installati in una casa che la società affittava in Francia. Alloggiavano in tre o quattro per stanza e ognuno di loro pagava 700 euro di affitto. «Il padrone li remunerava per sette o otto ore di lavoro, quando in realtà ne lavoravano nove o dieci. Inoltre non ha mai dato a nessuno di loro una busta paga», racconta José Sebastião.

La situazione si è trascinata fino a quando questi lavoratori hanno scoperto, discutendo coi colleghi che si trovavano in Svizzera da più tempo, che guadagnavano meno della metà di quanto avrebbero dovuto. «Per questo sono venuti al sindacatoCollegamento esterno per chiedere informazioni», prosegue il delegato. Casi del genere si moltiplicano: «I padroni sfruttano l’ignoranza di queste persone, pagando loro salari inferiori e derubandoli con gli affitti».

Sindacalista e consigliere

José Sebastião è arrivato in Svizzera nel 1998, senza un permesso di lavoro e quindi illegalmente. Erano tempi in cui esistevano ancora dei contingenti per i lavoratori stagionali, i cosiddetti permessi A. Per due anni ha lavorato in un’impresa di pulizia, prima di riuscire ad ottenere l’agognato permesso. Nel 2000 ha iniziato a lavorare nel settore della costruzione metallica.

L’attività sindacale è iniziata quando viveva ancora in Portogallo. Al suo arrivo in Svizzera, ha aderito al comitato dei lavoratori dell’edilizia, come delegato. Nel 2008 è stato assunto dal sindacato UNIA, come segretario sindacale.

Oltre ad esercitare questa attività, dal settembre 2015 José Sebastião è uno dei quattro membri del Consiglio delle comunità portoghesi residenti in Svizzera. «Ho sempre sostenuto che i portoghesi dovevano partecipare di più alla vita politica e per questo mi sono candidato per far parte del consiglio».

I contratti collettiviCollegamento esterno esistenti in alcuni settori – in particolare alberghiero o edile – prevedono dei salari minimi. Vi sono però datori di lavoro che non li rispettano. Oltre a dare stipendi molto più bassi di quelli stipulati in questi contratti, a volte non pagano le assicurazioni sociali e le imposte alla fonte.

«Recentemente il sindacato ha denunciato il caso di due portoghesi che lavoravano dieci ore al giorno ma ricevevano il salario per sole cinque ore. Quando si è arrivati in tribunale, i datori di lavoro portoghesi hanno dichiarato fallimento e i contributi sociali non sono stati pagati. Dal canto loro, i dipendenti quando reclamano sono messi alla porta; non avendo diritto alle indennità di disoccupazione si ritrovano in situazioni deplorevoli».

Nuova ondata migratoria

La Svizzera è il secondo paese più gettonato dagli emigrati portoghesi. Da quando è scoppiata la crisi economica in Portogallo, l’immigrazione lusitana è tornata a crescere in Svizzera. Molti arrivano nella Confederazione disperati e non riescono a trovare lavoro. «Siamo confrontati ogni giorno con persone che vengono qui al sindacato per informarsi e cercare sostegno», spiega José Sebastião.

In passato, gli immigrati portoghesi che arrivavano in Svizzera avevano una formazione assai limitata. Questa nuova ondata migratoria porta invece persone ben formate. Purtroppo non tutti riescono a trovare un impiego all’altezza delle loro capacità. «Conosco un ingegnere ambientale che raccoglieva insalata e giovani formati che lavano i piatti negli alberghi».

Il delegato sindacale punta il dito contro Lisbona: «Ciò accade anche perché il governo portoghese non ha mai collaborato con le autorità svizzere per cercare di fare riconoscere i nostri diplomi. Ad esempio, un pittore o un macchinista che arriva con un certificato professionale non hanno nessun tipo di riconoscimento. Si tratta di un complesso lavoro diplomatico che non è stato fatto».

I lavoratori in possesso del permesso di lavoro B che si trovano in disoccupazione, se arrivano alla fine del periodo in cui percepiscono le indennità senza aver ritrovato un lavoro sono espulsi dalla Svizzera. Le vittime di abusi e sfruttamenti si trovano in una situazione ancora peggiore. Il sindacato non può fare molto, ma «si sforza di dare informazioni e di indirizzare queste persone verso i centri sociali o i servizi giuridici del consolato generale del Portogallo a Ginevra». «Vi sono stati molti casi di persone che sono rimaste senza nulla e sono dovute rientrare in patria».

«La Svizzera non è il paradiso»

Questa ignoranza della situazione è fonte di molti problemi. I «nuovi migranti» non sanno che in Svizzera non vi è la sicurezza sociale, che per aver diritto alle cure mediche è obbligatorio stipulare un’assicurazione privata o che gli affitti e il costo della vita sono molto alti.

«Arrivano senza sapere che in Svizzera non vi è un salario minimo (ndr: un progetto in tal senso è stato respinto in votazione nel 2014) e che il padrone può pagare quello che vuole», aggiunge José Sebastião. I contratti collettivi stabiliscono delle condizioni minime, ma esistono solo in alcuni settori. «Il sindacato difende la posizione secondo cui un salario inferiore a 4’000 franchi non permette di avere un livello di vita minimo. Vi sono però molti contratti collettivi settoriali che prevedono un salario minimo inferiore», deplora il delegato sindacale.

«Quando qualcuno in Portogallo mi dice che pensa di venire in Svizzera, gli faccio sempre notare che la Svizzera non è il paradiso che forse immagina. Inoltre il diritto svizzero è molto favorevole per il datore di lavoro e la situazione si deteriora di giorno in giorno».

Traduzione e adattamento dal portoghese di Daniele Mariani

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