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L’acqua minerale, una fonte… di affari d’oro

L'acqua minerale naturale, un ricco business, al centro del Codex Alimentarius a Lugano RDB

Liscia, frizzante, ferruginosa, effervescente naturale, povera di sodio... Le virtù "miracolose" elencate dall'industria delle acque minerali, fluiscono in abbondanza.

Così l’oro blu genera affari d’oro. E anche chi, come i delegati del Codex Alimentarius riuniti a Lugano, si occupa soprattutto di sicurezza alimentare, non sottovaluta la questione.

Nel 2006 Nestlé Waters – l’unità della multinazionale svizzera che si occupa del commercio delle acque minerali naturali e che possiede ottanta marche prodotte in oltre cento località del mondo – ha registrato una cifra d’affari di 9,6 miliardi di franchi, un decimo dell’intera cifra d’affari del gruppo (98,5 miliardi di franchi).

La moda delle bollicine ha indubbiamente messo in moto un commercio cresciuto in modo esponenziale in tutto il mondo: dal miliardo di litri nel 1970 si è passati, nel 2000, agli 84 miliardi di litri. Un’evoluzione seguita con attenzione anche dai delegati del Codex Alimentarius (un organismo della FAO e dell’OMS), il cui compito è di garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico e di assicurare transazioni commerciali leali.

Elaborare norme chiare e uniformi

Pierre Studer, capo della delegazione svizzera all’incontro internazionale di Lugano, ricorda l’importanza del ruolo del Codex Alimentarius in un contesto, come quello alimentare, in cui l’industria ha un grande potere.

“Questi organismo – spiega a swissinfo – deve stabilire una serie di norme internazionali riconosciute da tutti i paesi per poter giungere ad un definizione unitaria dei prodotti nel mondo. Così facendo sostiene gli sforzi dell’Organizzazione mondiale del commercio che mira ridurre le barriere tecniche tra i diversi paesi”.

Le norme comuni del Codex Alimentarius non sono però destinate solo a facilitare gli scambi internazionali, devono anche favorire transazioni leali. In quale modo può dunque intervenire per trovare un punto di incontro tra la dimensione etica – l’acqua è un bene comune di tutti – e il diritto al commercio?

Pierre Studer sorride, molto diplomaticamente. “Mi pone una domanda difficile, perché è vero che l’acqua in bottiglia ha per definizione un prezzo nettamente superiore all’acqua potabile. Partendo da questo dato oggettivo, possiamo dire che l’acqua in bottiglia non è forse molto etica nella misura in cui è riservata a coloro che possono permettersela. L’acqua potabile – e il diritto all’acqua è innegabile – ha pure un prezzo, ma radicalmente diverso”.

La sicurezza dei consumatori

Se è vero che un organismo di tecnici non può interferire nelle regole del mercato, Pierre Studer insiste nel rimettere al centro del problema il ruolo della sicurezza alimentare. “La nostra principale preoccupazione – sottolinea il funzionario dell’Ufficio federale della sanità pubblica – è di fissare tutte le condizioni affinché la salute del consumatore non sia messa in pericolo”.

“Nel campo delle acque minerali naturali – continua il capo delegazione – dobbiamo dunque vegliare affinché il prodotto sia di qualità dal punto di vista sanitario. Non possiamo neppure trascurare che l’acqua in bottiglia permette di alimentare dei paesi dove manca l’acqua sicura”.

Del resto il Codex Alimentarius, in termini di sicurezza, permette ai paesi che non hanno ancora un sistema di criteri di qualità – come alcuni stati africani o del mondo emergente – di avere dei validi strumenti normativi per adeguare le rispettive legislazioni.

L’acqua potabile… ha sete di immagine

Ma quali validi strumenti ha il consumatore per destreggiarsi nell’universo delle bollicine blu, inondato da marche che vantano virtù mirabolanti e che affidano la loro promozione a celebri calciatori e a reginette dei concorsi di bellezza? Forse la migliore soluzione sarebbe bere l’acqua del rubinetto.

“E vero che l’acqua potabile – riconosce Pierre Studer – ha un deficit di immagine. E questa debolezza fa la fortuna dell’industria delle acque minerali. Fa credere che la qualità dell’acqua in bottiglia sia superiore a quella del rubinetto. In Svizzera non è proprio il caso: è sicura e pulita”.

L’acqua è un bene comune prezioso. “Ma occorre rendersi conto – osserva ancora Studer – che l’acqua, qualunque essa sia, ha un prezzo e non va sprecata. Penso per esempio all’agricoltura, che utilizza tantissima acqua dolce, e all’industria che impiega l’acqua per generare i propri prodotti. Qui c’è ancora molto da fare. Di acqua ce ne sarà abbastanza – conclude Studer – a condizione di gestirla correttamente”.

Un bene da non sprecare

Un appello ad un uso più responsabile dell’acqua è giunto anche sei associazioni ticinesi che, in margine ai lavori del Codex Alimentarius, hanno criticato il commercio dell’oro blu “inquinante, antisociale e inutile”. Consumatori, ambientalisti e rappresentati di organizzazioni di aiuto allo sviluppo hanno reiterato l’invito a bere l’acqua del rubinetto come contributo a non alimentare un commercio lucroso.

Qualche cifra per riflettere. In Ticino si calcola un consumo totale annuo di 39 milioni di litri d’acqua, l’equivalente di 15 piscine olimpioniche. Una bottiglia, prima di arrivare sulla tavola, percorre in media 600 chilometri e le bottiglie in moto ogni anno raggiungono un volume di 22 milioni di tonnellate.

Mentre l’altra faccia del mondo è composta di un miliardo di persone che non ha abbastanza acqua per vivere, di 2,4 miliardi di persone costrette a consumare acqua non potabile, che causa 30 milioni di morti all’anno.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Più di 100 delegati provenienti da 47 paesi di tutti i continenti o appartenenti a organizzazioni non governative, hanno preso parte a Lugano alla sessione internazionale del Codex Alimentarius per le acque minerali naturali.

I delegati hanno dovuto trovare un accordo sulla definizione di valori massimi per decine e decine di sostanze naturali e contaminanti presenti nelle acque minerali naturali. Uno dei ruoli del Codex è infatti quello di assicurare la sicurezza alimentare.

Attualmente sono membri della Commissione del Codex Alimentarius 173 Paesi e la Comunità Europea, in rappresentanza di più del 98% della popolazione mondiale.

Il Codex Alimentarius è una raccolta di norme internazionali adottate dalla Commissione omonima.

Creato nel 1963 dalla FAO e dall’OMS, ha il compito di elaborare un corpo di norme sulla produzione ed il commercio dei prodotti alimentari, al fine di facilitare gli scambi internazionali, assicurando transazioni commerciali leali e garantire ai consumatori un prodotto sano e igienico oltre che correttamente presentato ed etichettato.

In Svizzera è presente il Comitato Nazionale Svizzero per il Codex Alimentarius. Tra i suoi compiti quello la regolare organizzazioni di incontri di tre specifici comitati Codex: quello sulle acque minerali naturali, sulla cioccolata e su brodi e minestre.

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