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Ricola, Ragusa o Rivella: ode alle aziende familiari

La presentazione del libro è avvenuta nel luogo di lavoro di una delle famiglie di imprenditori più note della Svizzera: i Knie SP

Resistono meglio alla crisi e compongono la spina dorsale del Paese: da Knie a Rivella, passando dai cosmetici Louis Widmer, le aziende familiari svizzere sono sotto le luci della ribalta. Un libro rende loro omaggio.

“Nel mondo economico attuale, sempre alla ricerca dei soldi facili e del profitto puramente personale [le aziende familiari] fanno da contrappunto benefico e benvenuto”. È con queste parole che la ministra dell’economia Doris Leuthard loda queste strutture creatrici di idee e impieghi, oggi molto in voga.

La consigliera federale firma la prefazione del libro in versione bilingue (tedesco e francese) e dal titolo molto esplicito: “Le grandi famiglie di imprenditori”, appena pubblicato a Zurigo. Autentica ode in omaggio allo spirito imprenditoriale svizzero, il volume di 420 pagine è una sorta di annuario alfabetico. Il volume recensisce in totale 96 nomi di società create tra il 1748 e il 1996

Il tema è sicuramente azzeccato. Diventato un campo di ricerca universitario negli anni Novanta, dal primo gennaio 2006 è dotato di un istituto universitario proprio: il Centro per le aziende familiari dell’Università di San Gallo.

L’attenzione su questo tipo di realtà economica, è indubbiamente aumentato con la crisi: “La rinascita del tema delle aziende familiari non deve stupire”, afferma Kurt Imhof, sociologo e specialista dei media dell’Università di Zurigo.

“Senso morale e sociale”

Pur precisando di non essere uno specialista in materia, il sociologo evidenzia un possibile elemento di successo: “Queste società hanno ancora il senso della responsabilità aziendale e morale del loro patrimonio; responsabilità irrinunciabile per un capitalismo che funziona bene. Per le aziende quotate in borsa, le azioni sono solo oggetti da investire”.

Il libro non ha la pretesa di proporre analisi scientifiche, ma è piuttosto un invito “ad intraprendere un viaggio nella storia dell’economia svizzera”. Le aziende sono presentate su quattro pagine, affiancate dall’istoriato e da cifre chiave.

Certi nomi sono arcinoti, come Knie, Louis Widmer, Bernina, Ricola o Rivella. Altri sono noti senza che si sappia esattamente quale prodotto si cela dietro il nome, come Hilcona (derrate alimentari), Brunschwig (negozi Bon Génie).

Ci sono altri nomi che probabilmente non diranno niente alla maggior parte dei lettori e delle lettrici, come Habasit (cinghie di trasmissione) o Bertschi (ditta specializzata nel trasporto sciolto dei prodotti chimici).

Circa il 10% dei rifiuti

In che modo gli editori – la casa editrice Standards Suisses, che lavora con esperti – hanno reclutato i loro candidati per l’annuario delle “migliori famiglie”, secondo il titolo in inglese? “Volevamo una combinazione di generi, prodotti vecchi e nuovi”, spiega Pierre-Alain Cardinaux, responsabile della regione romanda di Ernst & Young e coautore del volume.

“Siamo stato confrontati con una percentuale del 10% di aziende che hanno declinato l’invito. La famiglia svizzera – aggiunge l’autore – è tradizionalmente discreta. Molte delle persone che hanno risposto no, hanno precisato che anche gli impiegati andavano messi in valore. Alla base del rifiuto mi sento di dire che non c’è stata la paura di correre il rischio di tradire qualche segreto”.

“L’abbinamento di tradizione e innovazione – sottolinea Pierre-Alain Cardinaux – è una delle caratteristiche che colpisce maggiormente quando si guardano da vicino queste aziende”. Alcune di esse sono ancora dirette dai fondatori, altre dagli eredi; nella maggior parte dei casi si tratta della seconda generazione, ma a volte si arriva fino alla quinta, sebbene sia piuttosto raro.

Tra le società romande,spiccano per il canton Vaud Bobst, Kudelski e Vetropack; per Ginevra brillano i banchieri Pictet, Lombard e Odier mentre per il Giura bernese brilla Camill Bloch (cioccolata, tra cui Ragusa).

Finanziamento meglio assicurato

“Le aziende familiari resistono meglio alla crisi – evidenzia ancora Cardinaux – poiché il loro finanziamento è meglio assicurato e gli investimenti si concentrano principalmente sugli strumenti di lavoro”. Secondo lui, la prossimità con le università rappresenta un vantaggio molto svizzero, così come il radicamento nel territorio regionale.

Rimante tuttavia un neo, che è sempre lo stesso: le successioni non si regolano con sufficiente rapidità. “È normale, poiché le emozioni sono più grandi. Il fondatore fatica a lasciare il posto di comando e a volte ha una visione distorta del valore della propria azienda”.

Thomas Zellweger, autore di un capitolo all’interno del libro e direttore del Centro per le aziende familiari dell’Università di San Gallo, elenca alcune sfide che le famiglie interessate dovrebbero raccogliere: “Meno eredi perché le famiglie sono meno numerose, individualizzazione della carriera professionale, tendenza a lasciare il luogo natìo”.

Le previsioni degli economisti degli anni Trenta – secondo cui la fine delle aziende familiari era vicina a causa della crescente dispersione del patrimonio aziendale – non si sono realizzate. Ma “le altre forme di trasmissione, come l’acquisto da parte dei dirigenti o dei salariati oppure l’acquisto da parte di imprenditori esterni, tenderanno a crescere”. Questo, perlomeno, il pronostico di Zellweger.

Ma Ricola, Ragusa e Rivella continueranno ad esistere…

Ariane Gigon, Zurigo, swissinfo.ch
(traduzione dal francese Françoise Gehring)

L’88% di tutte le aziende elvetiche possono essere considerate familiari, come indicano gli autori del libro “Les grandes familles d’entrepreneurs” (le grandi famiglie di imprenditori).

Una maggioranza di esse è una piccola e media impresa (PMI)

Il 50% delle grandi aziende e il 37% delle società quotate in borsa sono delle imprese familiari.

Gli autori del volume stimano che le aziende familiari della Svizzera, contribuiscano al prodotto interno lordo (PIL) nella misura del 60%.

Secondo gli autori di “Standards suisses –Les grandes familles d’entrepreneurs”, è stabilito che due terzi delle successioni aziendali falliscono alla seconda generazione.

Alla terza generazione, resta solo il 10-15% delle aziende familiari. Quelle che sopravvivono e giungono nelle mani degli eredi della quarta generazione, sono solo il 3-5%.

In Svizzera oggi più della metà delle direttrici o dei direttori di aziende familiari di taglia media hanno tra i 51 e i 60 anni.

Secondo uno studio del Credit Suisse e dell’Università di San Gallo, aumenta il numero delle aziende familiari che passa in mani esterne.

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