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La gestione patrimoniale di fronte a un bivio

L'ottimizzazione fiscale, un tipo di consulenza sempre più richiesta Keystone

Come l’intero settore finanziario, anche il ramo della gestione patrimoniale si trova sotto pressione in Svizzera. Le banche private potrebbero trasferire parte delle attività nei paesi emergenti, dove il numero di potenziali clienti cresce di giorno in giorno.

I banchieri privati sono degli amministratori patrimoniali. In Svizzera, questo settore è stato favorito da un carico fiscale più basso rispetto ad altrove. Da quando però la piazza finanziaria elvetica e il segreto bancario sono nel mirino di molti paesi occidentali, per i patrimoni originari dell’Unione Europea e degli Stati Uniti la pressione fiscale si è fatto molto più forte.

I banchieri privati che vogliono rimanere in Svizzera si pongono spesso la domanda se non si stiano trasformando in una sorta di preziosi consiglieri fiscali. Altri si chiedono invece se non sia meglio trasferirsi direttamente all’estero. In questo modo potrebbero offrire le loro competenze in materia di ‘Swiss Private Banking’ in piazze finanziare fiscalmente più attraenti – e legali – come Sao Paulo o Singapore.

«I banchieri, soprattutto quelli ginevrini, non sono così soddisfatti del loro nuovo ruolo di consulenti fiscali», afferma Christoph Lechner, dell’istituto di management dell’Università di San Gallo. «Ma le alternative sono poche, soprattutto in Europa». «Al contrario, i consulenti fiscali che collaborano con le banche private sono molto contenti».

Mario Bassi, direttore in Asia della Solution Providers, società che fornisce servizi a banche private, risponde in maniera diplomatica. Secondo Bassi, che vive dal 2001 a Singapore, il banchiere deve valutare i bisogni dei suoi clienti e, se necessario, far capo ai servizi di un esperto fiscale. «Un buon banchiere privato deve essere una sorta di imprenditore generale», riassume.

Un’opinione condivisa da Franco Rossi, consulente per le banche private e gli svizzeri espatriati che vivono in Canada: «Un banchiere privato non deve trasformarsi in un consulente fiscale. La sua banca deve però potenziare i servizi offerti in materia di ottimizzazione fiscale».

Esternalizzare?

Al pari di molte aziende manifatturiere, che hanno smantellato le loro capacità produttive in Svizzera trasferendole nei paesi dell’est europeo o in Asia, sempre più banche potrebbero voler esternalizzare parte delle attività in Asia o in Sudamerica, per limitare così la crescita dei costi e far fronte alla stagnazione che caratterizza il Vecchio continente.

Christoph Lechner però relativizza, poiché «ogni nuova crisi dell’euro convoglia altro denaro in Svizzera». L’agenzia di rating Standard & Poor’s parla di diversi miliardi di euro provenienti da paesi in crisi come la Spagna o l’Italia. Più che esternalizzare, si tratta di decidere se dichiarare o meno i capitali: i banchieri privati svizzeri dovrebbero impiantarsi nei nuovi paesi e cercare di acquisire sul posto nuovi patrimoni, a patto che fiscalmente sia tutto trasparente.

Anche per Bassi, piazze finanziarie consolidate come quella svizzera devono adattarsi ai bisogni del nuovo mondo. Entro circa una decina d’anni, la metà della ricchezza mondiale sarà detenuta dai ‘nuovi Stati’ asiatici.

In queste regioni, afferma Bassi, le competenze svizzere in materia di gestione patrimoniale sono ampiamente riconosciute. Recentemente, la Bank of China e la Julius Baer hanno sottoscritto un accordo di collaborazione secondo cui i clienti della banca cinese con esigenze di private banking al di fuori della Cina si rivolgeranno all’istituto elvetico.

Franco Rossi conferma invece che è in atto un certo spostamento delle attività. Uno dei motivi è legato ai pericoli di un’eccessiva regolamentazione. «Nel settore dell’amministrazione dei fondi, in Svizzera vi è una sovraregolamentazione rispetto a piazze finanziarie come Lussemburgo o Malta. Nel ramo della gestione patrimoniale ciò non è ancora avvenuto».

Sempre Singapore

Gli amministratori patrimoniali consigliano ai loro clienti di diversificare i loro investimenti: non solo azioni, ma anche altri titoli, non solo valori in franchi, ma anche altre obbligazioni. La diversificazione permette di ripartire i rischi.

«Quando le banche private dispongono di un booking center in altri paesi, le operazioni contabili non vengono più registrate in Svizzera». In altre parole, se un cliente di una banca svizzera è titolare di un conto nella filiale di Singapore, il suo nome non esiste nella sede elvetica, eccezion fatta nel caso in cui abbia trasferito da poco i soldi.

In Germania, diversi esponenti dell’opposizione temono che molti patrimoni tedeschi depositati in Svizzera possano essere ‘diversificati’ e trasferiti a Singapore, sfuggendo ancora una volta al fisco tedesco.

Per Bassi una cosa è comunque chiara: il mercato asiatico della gestione patrimoniale crescerà con o senza i clienti tedeschi e con o senza il contributo della piazza finanziaria svizzera. «Già oggi circa un terzo della ricchezza mondiale si trova in Asia. E contrariamente a quanto accade in Europa, la crescita non si è interrotta».

Se a ciò si aggiunge che un terzo dei circa mille miliardari del mondo sono asiatici e che in questo continente risiede il 60% della popolazione del pianeta, è facile rendersi conto di quale sarà la tendenza.

Viste le circostanze, le banche private svizzere avranno sufficientemente da fare per sfruttare tutto questo potenziale, sottolinea Mario Bassi.

I banchieri privati rimasti in Svizzera dovranno dal canto loro chiedersi come rispondere alle accuse tedesche di aver aiutato i loro clienti a trasferire i loro averi. Un trasferimento che magari questi clienti hanno già effettuato per conto proprio, come permesso dalla libera circolazione dei capitali, e senza aver per forza usufruito di un consiglio da parte dei loro banchieri.

Se gli Stati dovessero dal canto loro cercare di porre dei freni a questi trasferimenti, ciò equivarrebbe a un attacco alla libera circolazione dei capitali, sottolinea Lechner. La liberalizzazione in questo ambito è iniziata durante la metà degli anni ’80, spiega Rossi, poiché il mondo politico si era reso conto di non poter ostacolare il trasferimento di denaro.

Negli ultimi mesi il movimento di capitali tra la Svizzera e Singapore sembra essere aumentato. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha parlato di un importo miliardario a due cifre, trasferito per motivi fiscali verso Singapore. La Segreteria di Stato svizzera per le questioni finanziarie internazionali stima invece l’importo a meno di mezzo miliardo.

Anche la Banca dei regolamenti internazionli ha indicato che il movimento di capitali tra i due paesi è in forte crescita.

A metà ottobre, Schäuble ha incontrato a Singapore il premier Lee Hsien Loong. Durante la riunione i due politici hanno discusso soprattutto della revisione dell’accordo contro la doppia imposizione. Secondo i termini dell’accordo, che non è ancora stato ratificato, il fisco tedesco potrà chiedere informazioni sui titolari di conti a Singapore, informazioni che finora erano coperte dal segreto bancario.

Grazie allo scambio automatico di informazioni, Berlino riuscirebbe a risalire ai dati di quei suoi cittadini che hanno trasferito capitali dalle banche svizzere a quelle del paese asiatico.

Nel 2010 in Svizzera vi erano 320 banche e società finanziarie (2007: 330; 1990: 625).

Di queste, 122 erano banche o società estere (2007: 122; 1990: 126). Le banche private erano 13 (2007: 14; 1990: 22).

Alla fine del 2009 gli istituti finanziari svizzeri gestivano complessivamente (On- e Offshore) 5’600 miliardi di franchi.

Nel settore del Private Banking Offshore la Svizzera detiene una quota di mercato del 27%, un punto percentuale in più rispetto alla Gran Bretagna (comprese le isole del canale della Manica).

Da alcuni anni Singapore è la piazza finanziaria con il più alto tasso di crescita. Alla fine del 2009 erano gestiti patrimoni offshore per 1’208 miliardi di dollari. A titolo di paragone, in Svizzera erano 2’000 miliardi e a Hong Kong 1’091 miliardi.

Sempre alla fine del 2009 i cosiddetti High Net Worth Individuals – i super-ricchi nel linguaggio comune – possedevano patrimoni On- e Offshore per 39’000 miliardi di dollari; 10’700 dagli USA, 9’700 dall’Asia-Pacifico e 9’500 dall’Europa.

Fonti: SwissBanking, SFI

(traduzione di Daniele Mariani)

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