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UBS: un’assemblea degli azionisti ad alta tensione

Le assemblee generali dell'UBS attirano ogni anno migliaia di azionisti Keystone

Gli azionisti della grande banca si ritrovano mercoledì a Basilea per un'assemblea generale che potrebbe passare alla storia. Al centro delle discussioni figurano infatti il sistema dei bonus e la proposta di costringere gli ex dirigenti ad assumere le loro responsabilità per la crisi degli ultimi anni.

“Già soltanto il fatto che si discuta della possibilità di non concedere il discarico agli ex membri del consiglio di amministrazione per le gestioni passate rappresenta un vero e proprio cambiamento d’epoca”, afferma Stéphane Garelli, docente all’Institute for Management Development di Losanna.

Finora una simile eventualità era praticamente fuori discussione. “I giochi erano fatti prima ancora dell’inizio dell’assemblea generale: i grandi investitori istituzionali si mettevano d’accordo su come votare”, spiega Garelli.

La discussione attuale evidenzia invece “la profonda insoddisfazione che regna presso molti azionisti”, dopo le pesanti perdite subite dall’UBS nell’ambito della crisi dei subprime, i suoi problemi di fronte al fisco americano e l’intervento della Confederazione e della Banca nazionale svizzera per salvare l’istituto bancario in difficoltà.

Il 14 aprile, a Basilea, almeno una parte degli azionisti non accorderà un biancosegno ai vertici dell’UBS per la gestione durante gli esercizi 2007 e 2008, nei quali l’istituto bancario aveva perso rispettivamente 19,7 e 4,4 miliardi di franchi.

Un discarico a favore della dirigenza non permetterebbe più agli azionisti d’intentare un’azione legale nei confronti dei responsabili della banca, salvo nel caso in cui dovessero risultare nuovi elementi considerati gravi dal profilo legale.

Denuncia respinta

Da parte loro, gli attuali dirigenti dell’UBS hanno rifiutato di inoltrare una denuncia nei confronti dei loro predecessori. Sulla base di un decina d’inchieste interne ed esterne relative all’era in cui Marcel Ospel e Peter Kurer erano alla presidenza della banca, hanno costatato “delle mancanze sul piano istituzionale, ma nessun delitto da parte dei membri della direzione o del consiglio di amministrazione”.

Una decisione che non ha soddisfatto la fondazione delle casse pensioni per uno sviluppo sostenibile Ethos, la società dei fondi d’investimento dellle banche cantonali Swisscanto e l’associazione per un azionariato durevole Actares. Ma neppure altri azionisti meno impegnati a livello sociale, come Riskmetrics e Glass Lewis & Co, due società d’investimenti che figurano tra i pesi massimi americani.

La probabilità di un rifiuto del discarico è ancora più grande in ragione del fatto che oltre la metà degli azionisti non risiede in Svizzera ed è quindi meno legata alla grande banca, osserva Roby Tschopp, direttore di Actares. A suo avviso, non sono state finora accertate le responsabilità per il coinvolgimento dell’UBS nella crisi immobiliare negli Stati uniti e neppure nell’ambito dei casi di frode ai danni del fisco americano.

Cartellino giallo

Nuovi elementi importanti potrebbero inoltre emergere nel caso in cui le Camere federali dovessero raggiungere un accordo sulla creazione di una commissione d’inchiesta parlamentare.

“Gli azionisti non hanno accesso ai documenti interni. Non possono sapere ad esempio chi ha messo in piedi il sistema destinato a frodare il fisco o in che misura Peter Kurer era al corrente di quanto stava succedendo. È quindi troppo presto per accordare il discarico”, afferma Roby Tschopp.

Contrario ad un ricorso alla giustizia, Stéphane Garelli sostiene invece l’idea di esibire un cartellino giallo all’ex dirigenza dell’UBS e si attende un dibattito fiume: “Molta gente vuole vederci un po’ più chiaro sul modo in cui gli affari sono stati gestiti. Perfino all’interno della banca e del consiglio di amministrazione si è aperto un dibattito su questo tema”.

Per gli oppositori ad un procedimento giudiziario nei confronti degli ex responsabili dell’UBS, bisogna lavare i panni sporchi in casa ed evitare di indebolire ancora di più la grande banca. Una visione condivisa da Stéphane Garelli: “Vi sono stati degli errori da parte dei manager, ma, a quanto sembra, non sono emerse attività condannabili dal profilo legale”.

A detta di Roby Tschopp, il presidente del consiglio di amministrazione Kaspar Villiger “non ha ancora capito che è giunto il momento di fare pulizia all’interno dell’UBS e questo rientra nell’interesse dello stesso istituto bancario, se vuole salvaguardare la sua immagine”.

L’ex consigliere federale e i suoi colleghi, prosegue il direttore di Actares, non hanno mantenuto le loro promesse l’anno scorso sulle retribuzioni dei manager. “Invece di adottare un sistema bonus-malus, come proposto dall’assemblea generale, hanno preferito rinunciare ai malus e continuare a versare gratifiche ingiustificate”.

Tensioni interne

Nel 2009 l’UBS ha registrato una perdita di 2,7 miliardi di franchi, ma prevede comunque di versare bonus per 3 miliardi di franchi. La questione delle retribuzioni sarà un altro punto fondamentale in discussione durante l’assemblea degli azionisti in programma questa settimana. Il voto sui bonus avrà però soltanto un valore consultivo.

Pur contestando la soppressione dei malus, Stéphane Garelli difende i bonus proposti dai vertici dell’UBS. A suo avviso, la banca non aveva altra scelta per rispettare i contratti di lavoro. Secondo il docente dell’IMD, “bisogna inoltre ricompensare coloro che stanno salvando l’UBS, altrimenti si demotiva il personale”.

Secondo Garelli, i dirigenti dell’UBS non formano un blocco compatto. “Le tensioni tra Oswald Grubel (Ceo) e Kaspar Villiger non sono un segreto per nessuno”. Il secondo nutrirebbe qualche simpatia per un rifiuto del discarico agli ex responsabili della banca.

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(traduzione Armando Mombelli)

L’UBS, che ha sede a Zurigo e Basilea, è la più grande banca svizzera e impiega circa 65’000 collaboratori.

Nel 2009 ha registrato una perdita di 2,7 miliardi di franchi e un deflusso netto di capitali pari a 147 miliardi. Il patrimonio in gestione ammonta ad oltre 2’200 miliardi di franchi.

È il terzo anno consecutivo che la banca chiude i propri conti con un disavanzo. Nel 2008 aveva accusato perdite record per oltre 20 miliardi di franchi, mentre nel 2007 l’eccedenza è stata di 4,4 miliardi.

L’ultimo anno positivo è stato il 2006, quando l’UBS aveva totalizzato un utile di 11,5 miliardi di franchi.

Particolarmente esposta sul mercato statunitense dei crediti a rischio (subprime), UBS è stata una delle banche più toccate dalla crisi finanziaria del 2008.

La Confederazione è intervenuta aiutando UBS con un credito di 6 miliardi e con un piano per liberare la banca dai cosiddetti fondi tossici.

UBS è stata messa sotto pressione anche dal fisco USA che ha minacciato gravi ritorsioni contro la banca, accusata di aiutare cittadini statunitensi ad evadere le tasse.

Gli USA hanno richiesto i dati dei clienti UBS sospettati di evasione fiscale. Nel febbraio 2009, le autorità elvetiche hanno autorizzato la banca a consegnare i nomi di 255 clienti.

Ad agosto, Svizzera e Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. Gli USA abbandonano la richiesta di ottenere i nomi di 52’000 titolari di conti. La Confederazione s’impegna a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4’450 conti.

Entrambe le decisioni sono state giudicate illegali dal Tribunale amministrativo federale.

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