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A cosa servono le graduatorie sulla competitività?

La classifica annuale dell’IMD è diventata un obiettivo ambito per molti paesi. AFP

Le classifiche internazionali sulla competitività stilate dall’IMD di Losanna sono considerate un indicatore importante dello stato economico di un paese. Il fatto che potenze economiche come la Cina non figurino però nella Top 10 suscita qualche interrogativo tra gli esperti.

Dopo un quarto di secolo, la classifica sulla competitività elaborata dall’Institute for Management Development (IMD) di Losanna è diventata un obiettivo ambito da tutti i paesi del mondo. Raggiungere il primo posto equivale a una sorta di Oscar del mondo degli affari. Un passo nella giusta direzione può convincere delle aziende a investire nel paese.

Il rituale si è ripetuto poche settimane fa, quando è stata pubblicata la graduatoria 2013. Paesi come l’Irlanda, gli Emirati Arabi Uniti o l’Ucraina hanno celebrato la loro progressione, mentre quelli che sono scivolati indietro di qualche posizione si sono fatti fustigare dalla stampa locale.

Per Simon Evenett, professore di commercio internazionale e di sviluppo economico all’Università di San Gallo, questo genere di classifiche è da prendere con le pinze. «Nessuno è d’accordo sulla definizione di competitività nazionale», osserva. «Le classifiche dell’IMD si basano su fattori che favoriscono la competitività, che non tutti condividono».

I tempi cambiano

Nel 1989, quando fu stilata per la prima volta, la lista comprendeva 32 paesi. Oggi ne elenca 60. La graduatoria si basa su 333 criteri. I dati provengono per due terzi da cifre di organizzazioni internazionali e istituzioni private e per un terzo da ricerche e sondaggi tra i leader d’opinione.

«All’inizio, quando si parlava di competitività, tutti pensavano alla competitività delle aziende», spiega Stéphane Garelli, direttore e fondatore dell’IMD World Competitiveness Center. «Il concetto di competitività applicato alle nazioni era ancora inesplorato».

L’IMD definisce la competitività come uno «strumento per la prosperità», osserva Garelli. «In altre parole il modo in cui i paesi si gestiscono per diventare più ricchi».

Per le organizzazioni che si occupano di promuovere le regioni svizzere ed attirare investimenti stranieri, l’indice dell’IMD, così come altre classifiche, ad esempio quella del World Economic Forum, sono strumenti interessanti. «Analizziamo i dettagli di queste graduatorie quando un investitore è interessato a un punto in particolare, come le pratiche in materia di assunzione e di licenziamento o le capacità innovative», osserva Philippe Monnier, direttore della Greater Geneva Bern Area, l’organo di promozione economiche di alcuni cantoni della Svizzera occidentale.

Per Sonja Wollkopf Walt, direttrice della Greater Zurich Area, l’IMD è considerato un istituto «imparziale e che gode di grande credibilità». Particolarmente apprezzabile è il fatto che la classifica si basi sia su elementi quantitativi che qualitativi, ad esempio le interviste aziendali.

La Greater Zurich Area utilizza il ranking come strumento di riferimento e di marketing. Uno dei desideri di Sonja Wollkopf Walt è di avere una simile classifica anche per delle regioni, al fine di poter paragonare differenti aree metropolitane.

Paesi emergenti

Negli anni seguenti, la globalizzazione ha completamente modificato il paesaggio del mondo degli affari, con dei mercati emergenti che hanno conquistano sempre più spazio. Nel 1997, l’IMD ha preso atto di questo cambiamento, includendo nella lista anche queste economie, piuttosto che prenderle in considerazione in una classifica separata.

Ciò nonostante, le economie sviluppate ancora oggi dominano la classifica. Nel 2013 gli Stati Uniti figurano al primo posto, come nel 1997, e nella Top 20 si trovano ben dieci paesi europei, tra cui Svizzera, Norvegia, Olanda e Gran Bretagna,

Questa dimostrazione di forza riflette la ripresa del settore finanziario e l’innovazione tecnologica degli Stati Uniti, nonché la diversificazione economica e la produzione orientata all’esportazione nei paesi europei più competitivi, spiega l’IMD.

Al contrario, la Cina – 27esima nel 1997 – è salita faticosamente alla 21esima posizione. Lo stesso vale per la Russia, 46esima nel 1997 e 42esima nel 2013. Mentre il Brasile è scivolato dal 34esimo rango del 1997 al 51esimo.

Le prospettive di crescita di questi paesi raccontano però un’altra storia. Il capo economista della Scotiabank in Canada ha recentemente affermato che il tasso di crescita nei paesi in via di sviluppo sarà fino a tre volte superiore rispetto a quello dei paesi sviluppati e che i primi rappresenteranno presto la metà dell’economia mondiale.

Uno dei tanti fattori

Malgrado queste previsioni al rialzo, una società non rischia di scoraggiarsi dall’investire in Cina a causa del suo rating in materia di competitività? Poco probabile, affermano gli esperti.

«Le informazioni racchiuse in questa classifica non sono nulla più che uno dei tanti fattori che intervengono in una simile decisione», spiega Graham White, professore assistente della facoltà di economia dell’Università di Sydney.

«Se un investitore pensa che la domanda proveniente dalla Cina crescerà, la classifica difficilmente sarà il fattore decisivo», aggiunge.

Un’analisi condivisa da Simon Evenett. «Il peso demografico di un paese e un’elevata spesa per i consumi sono motivi più importanti per gli investitori, ma non rappresentano necessariamente un fattore di competitività», afferma il professore di San Gallo riferendosi alla Cina.

Il paese asiatico è infatti un mercato interessante per l’espansione delle aziende elvetiche. Stando a una recente ricerca dello Swiss Center di Shanghai, più della metà delle ditte svizzere interrogate afferma che la Cina fa parte dei tre paesi più importanti per i loro investimenti.

Le due ragioni principali sono la forte crescita e una penetrazione inferiore delle aziende elvetiche se paragonata a quella esistente nel mercato europeo e statunitense, rileva Nicolas Musy, fondatore di China Integrated, una società con sede a Shanghai che si occupa di fornire consulenza alle ditte svizzere che vogliono impiantarsi in Cina.

«La competitività è basata soprattutto sull’efficienza di un ambiente economico, mentre in Cina il principale elemento motore è il mercato più che le opportunità di produzione».

Più di un esercizio di relazioni pubbliche

Per Stéphane Garelli, la classifica dell’IMD ha invece ragione di essere e non si limita a un esercizio di relazioni pubbliche per i governi. La crescita – sottolinea – è solo uno degli elementi della competitività. Nel caso degli Stati Uniti, l’innovazione tecnologica è stata notevole negli ultimi decenni, con lo sbocciare di giganti come Google, Amazon, Apple o Facebook, che hanno trasformato la vita di tutti.

I governi – prosegue Garelli – utilizzano la graduatoria per monitorare le loro politiche ed imparare dai successi di altri paesi. Il professore dell’IMD paragona la classifica a un sistema GPS di un’auto. «Vi dice dove vi trovate e dove vi trovavate… Ciò che facciamo è aiutare i governi a prendere delle decisioni».

Prendiamo l’esempio dell’Irlanda. Al 17esimo posto quest’anno, l’isola è riuscita a compiere dei passi in avanti grazie alla disponibilità di manodopera qualificata e alla flessibilità della forza lavoro. L’ente irlandese per lo sviluppo industriale (IDA) ritiene che il ranking sia importante, poiché evidenzia l’impatto delle politiche seguite dal governo e mostra i settori in cui è necessario un ulteriore sviluppo.

Brendan McDonagh, direttore dell’IDA, indica che le aziende si interessano in particolare ai diversi criteri della classifica e ai loro cambiamenti. Tuttavia, questa graduatoria non è un fattore decisivo per investire o meno in Irlanda.

Oggi, grazie a Internet, le aziende hanno accesso a una mole di dati ben maggiore rispetto a 25 anni fa, annota Evenett. E queste informazioni dettagliate sono più rilevanti rispetto all’indice di competitività generale di un paese. «Forse – conclude il professore di San Gallo – nei prossimi anni le classifiche di competitività dovranno far fronte a una competizione maggiore».

Quella di quest’anno è la 25esima edizione dell’«IMD World Competitiveness Yearbook». Nel 2013, gli esperti dell’IMD hanno passato in rassegna 60 paesi, tenendo conto di 333 criteri, due terzi dei quali si basano su indicatori statistici e il restante terzo sulle percezioni dei leader d’opinione e altre ricerche.

La Svizzera figura al secondo posto, un risultato mai raggiunto prima. Gli Stati Uniti ritrovano dal canto loro la prima posizione. Altri due paesi europei (la Svezia al quarto posto e la Germania al nono) figurano nella Top 10.

A causa della crisi economica, molti paesi europei hanno perso diverse posizioni, all’immagine dell’Italia (44) e della Spagna (45).

(traduzione di Daniele Mariani)

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