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Orologi svizzeri di nuovo regolati sulla crescita

Fiore all'occhiello dell'industria d'esportazione, l'orologeria svizzera esce dal periodo più difficile dalla crisi del 2009. Keystone

Dopo due anni in calo, le esportazioni orologiere sono tornate a crescere nel 2017, sfiorando la soglia di 20 miliardi di franchi. L'occupazione non ne ha tuttavia beneficiato: nel settore, lo scorso anno, sono stati soppressi quasi 1700 impieghi.


Non è ancora euforia, ma i produttori di orologi cominciano a riprendere fiato. Dopo una notevole flessione registrata nel 2016, le esportazioni di orologi svizzeri hanno ritrovato la via della crescita nel 2017. Secondo le cifre pubblicate martedì dalla Federazione svizzera dell’industria orologieraCollegamento esterno (FH), la progressione è stata del 2,7% a 19,9 miliardi di franchi. 

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“Il risultato va oltre le nostre previsioni. Il mercato si è stabilizzato prima del previsto”, dichiara il presidente della FH, Jean-Daniel Pasche, a swissinfo.ch. “Questo incremento, per quanto modesto rispetto al boom osservato tra il 2000 e il 2014 (+40%), è dovuto in particolare all’indebolimento del franco svizzero e a un miglioramento dell’economia globale”, stima Pasche. “Le maison orologiere hanno inoltre compiuto grossi sforzi per restare competitive rinnovando gli stock e lanciando nuove collezioni”, sottolinea.

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L’evoluzione è, comunque, sensibilmente diversa da un mercato all’altro. Se Hong Kong (+6%) e la Cina (+18,8%) sembrano conoscere un rinnovato interesse per i segnatempo elvetici, le esportazioni verso gli Stati Uniti arretrano per il terzo anno consecutivo (-4,4%). “È un po’ un enigma”, ammette Jean-Daniel Pasche. “Dagli Stati Uniti riceviamo segnali piuttosto positivi. Gli analisti del mercato americano sostengono che gli orologi svizzeri continuano a vendere bene”.

Una spiegazione potrebbe risiedere nello sviluppo del commercio online, che colpisce in pieno l’orologeria, in particolare oltreoceano. “Gli orologi ordinati su Internet non sono necessariamente consegnati direttamente dalla Svizzera. Non figurano pertanto nelle statistiche del commercio tra la Confederazione e gli USA”, sottolinea il presidente della FH.

Per il 2018, Pasche prevede una crescita simile a quella dell’anno scorso. “Cerchiamo di mantenere un ottimismo prudente, perché non tutti i mercati e non tutte le fasce di prezzo hanno ricominciato a crescere”, dice.

Perso il 3% degli impieghi

L’occupazione nel settore orologiero non ha beneficiato di questa relativa ripresa nelle esportazioni. In linea con la tendenza negativa nel 2016, nel ramo si è perso complessivamente il 3% degli impieghi, distribuiti su circa 700 imprese censite l’anno scorso. È quanto indica a swissinfo.ch Ludovic Voillat, responsabile della comunicazione della Convention patronale de l’industrie horlogère suisseCollegamento esterno (CP, associazione degli imprenditori del settore). In cifre assolute, il dato equivale a quasi 1700 posti di lavoro cancellati.

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Secondo il portavoce della CP, la situazione non è comunque allarmante. “L’occupazione ha resistito piuttosto bene alla crisi in questo periodo difficile”, ritiene. “Molte imprese hanno tenuto duro e fatto ogni sforzo per mantenere il personale. È anche per questo che non ci sono state molte assunzioni, una volta passata la tempesta”.

I circa 4000 impieghi soppressi in due anni sono inoltre da mettere in relazione con i 10’000 posti di lavoro creati tra il 2009 e il 2015, sottolinea la CP. Quanto all’anno in corso, dovrebbe tornare il sereno per l’industria orologiera. “Ricominciano le assunzioni, in particolare attraverso il personale temporaneo. Questo ci fa pensare che l’occupazione dovrebbe ricominciare a crescere”, dice Ludovic Voillat.

Dopo il calo delle vendite e degli utili nel 2016, Swatch Group ha ricominciato a crescere l’anno scorso. La cifra d’affari del numero uno mondiale dell’orologeria segna una progressione del 6% e si attesta a 7,96 miliardi di franchi. L’utile è intanto salito del 27,3% a 755 milioni di franchi. La direzione del gruppo di Bienne si mostra ottimista per l’anno in corso e prevede “ulteriore, forte crescita nelle valute locali, non solo grazie ai canali di vendita propri, ma anche quelli di terzi”.

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Complessivamente, nel 2017 il commercio estero svizzero ha fatto registrare ancor maggiore dinamismo dell’anno precedente. Le esportazioni sono cresciute del 4,7%, stabilendo un nuovo record. Le importazioni sono pure cresciute, del 6,9%. Entrambe le direzioni di traffico sono state segnate dal miglioramento dell’economia globale e dalla flessione del franco svizzero, rispettivamente l’evoluzione dei prezzi. La bilancia commerciale chiude con un surplus di 34,8 miliardi di franchi, il 6% in meno rispetto al 2016.


Traduzione dal francese: Rino Scarcelli

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