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Euro: la Svizzera è pronta

Un isola svizzera in un oceano di euro swissinfo.ch

Consumatori, turisti, albergatori, piccoli e grandi imprenditori, esportatori. L'euro riguarda tutti, anche in Svizzera. E tutti, o quasi, sembrano pronti.

Il ministro dell’economia Pascal Couchepin ha definito l’euro “una chance per la Svizzera”. Per i diversi settori economici elvetici, il passaggio all’euro sembra in effetti riassumersi in una semplificazione e in una standardizzazione delle relazioni economiche con i 12 paesi dell’Unione economica e monetaria (UEM).

Relazioni di un’importanza vitale per la Svizzera: nel corso del primo semestre del 2001, il 53.7% delle esportazioni ed il 73% delle importazioni svizzere hanno avuto destinazione o rispettivamente origine nell’UEM. Senza contare, soprattutto nelle regioni di frontiera, la fitta rete economica e sociale che lega migliaia di cittadini residenti nell’isola elvetica con la zona UEM. L’euro non passerà dunque inosservato in Svizzera. Vediamo nel dettaglio come ci si è preparati.

Consumatori poco interessati

“Riceviamo davvero poche telefonate al riguardo ed in generale sembra che il tema non accenda particolari entusiasmi nell’opinione pubblica” dice a swissinfo Monique Pichonnaz-Oggier, direttrice dell’Ufficio federale del consumo (UFC). L’euro stimolerà la concorrenza grazie alla maggiore trasparenza internazionale dei prezzi e ai minori costi di cambio. Ciò dovrebbe tradursi in un contenimento dei prezzi, a tutto vantaggio dei consumatori finali.

D’altra parte, “notiamo un certo timore della gente riguardo a possibili abusi sui prezzi di prodotti importati” sottolinea Monique Pichonnaz. Il costo dei prodotti europei dovrà essere convertito in euro ed è possibile che qualcuno tenti di fare il furbo, soprattutto nel caso di prezzi “di soglia”. Ad esempio le 9’990 lire avevano a che fare con la barriera psicologica delle 10’000 lire, barriera che varierà con il prezzo in euro. “In ogni caso non bisogna dimenticare il ruolo della concorrenza: casi del genere avverranno, ma non saranno generalizzati” conclude la direttrice dell’UFC.

L’Associazione delle Consumatrici della Svizzera italiana (ACSI), ribadisce che “per i consumatori svizzeri cambierà poco. Consigliamo tuttavia alla gente di informarsi e di non accettare soldi in euro prima del 2002: rischio di contraffazioni!”.

Nessun problema per il settore turistico

“Invece di dover trattare con diverse monete, avremo a che fare solo con l’euro. Dal nostro punto di vista si tratta di una semplificazione benvenuta” sottolinea Dick Marty, presidente di Svizzera Turismo. “Il settore è pronto da tempo: già da un paio d’anni, ad esempio, la maggior parte degli alberghi allestisce le fatture in doppia valuta. Gli operatori turistici che regolarmente hanno a che fare con la clientela straniera accetteranno pagamenti in euro senza nessun problema”.

Dick Marty segnala inoltre l’importante contributo alla trasparenza dei prezzi apportato dalla moneta comune. “Le tariffe in euro, facilmente confrontabili, faranno emergere come la Svizzera sia un paese meno caro di quello che si pensa all’estero”.

Anche i piccoli si preparano

“La grandi società sono già abituate a lavorare con l’euro” rileva Germain Hennet, membro del comitato esecutivo dell’associazione svizzera dei banchieri. “Per le banche e le multinazionali non cambierà niente”. Ciò nonostante, sia la Confederazione che i grandi istituti di credito hanno promosso molta informazione al riguardo. Questi ultimi, considerato il loro ruolo nella conversione, non potevano certo esimersi dal farlo. “La nostra associazione, nel corso del mese di giugno, è stata la prima a lanciare una campagna informativa sull’euro” aggiunge Germain Hennet.

Quali sono invece le attese delle piccole e medie industrie (PME)? “L’approccio è da differenziare in funzione del settore d’attività e della posizione geografica: l’impatto dell’euro sarà, ad esempio, ben maggiore nelle regioni di frontiera piuttosto che nella Svizzera centrale” dice Marco Taddei dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM).

“Per prepararci abbiamo realizzato e distribuito, in collaborazione con il Segretariato di Stato dell’economia (Seco), un opuscolo destinato alle PME” ricorda Marco Taddei. “Il cambiamento non sarà comunque immenso. Pensiamo al rivenditore di Chiasso: al posto delle lire incasserà degli euro”.

Esportatori tranquilli

Thomas Daum, direttore di Swissmem, organizzazione mantello dell’industria delle macchine, all’origine di ben il 43 % delle esportazioni svizzere, non prevede particolari sconvolgimenti neppure per gli esportatori. “La grande svolta è stata l’introduzione dell’euro contabile all’inizio del 1999. La tappa attuale, benché storica e politicamente importante, non ha grande influenza sulla nostra attività”.

Fors’anche per questo motivo, Swissmem non ha organizzato niente di particolare per informare i propri membri. “Se escludiamo un paio di sondaggi realizzati nel recente passato, non abbiamo ritenuto necessario lanciare chissà quale campagna. Nel 1999 avevamo invece provveduto ad informare adeguatamente tutti i nostri aderenti” ricorda Thomas Daum.

Salari in euro?

Il mutamento attuale, a differenza di quello dell’euro finanziario, permetterà a chi lo volesse di versare salari in euro. La possibilità potrebbe essere interessante per quelle aziende elvetiche che operano esclusivamente con euroland. “Questa opzione è effettivamente realistica” sottolinea Germain Hennet. “Va però ricordato che ciò sarà fattibile solo con l’assenso dei dipendenti interessati”.

Il direttore di swissmem è invece abbastanza scettico: “Non lo escludiamo completamente, ma le informazioni in nostro possesso ed i feedback dalle aziende ci indicano una diffusa riluttanza al proposito. La nostra branca continuerà dunque a versare i salari in franchi svizzeri”.

Marzio Pescia

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