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La crisi, un’opportunità per costruire un altro mondo

Keystone

Il crollo del sistema finanziario internazionale e le sue ripercussioni sull'economia reale sono stati uno dei temi forti del Forum sociale mondiale di Belém. Per rifondare il sistema economico emergono numerose piste.

“Il Dio mercato è ormai morto. I paesi ricchi, che si sentivano infallibili e giudicavano i paesi più poveri incompetenti, hanno provocato la crisi e oggi non hanno più lezioni da dare a nessuno. La gente diceva che un altro mondo era possibile. Oggi diciamo che un altro mondo non solo è possibile, ma che è necessario e imprescindibile”.

Il presidente brasiliano Luiz Inacio da Silva, giunto giovedì a Belém assieme ai suoi olomoghi Hugo Chavez (Venezuela), Evo Morales (Bolivia), Rafael Correa (Ecuador) e Fernando Lugo (Paraguay), ha suscitato uno scroscio di applausi tra i circa 10’000 partecipanti a un dibattito sulla crisi e le sfide per l’America latina.

La sua diagnosi è condivisa da tutti al Forum sociale mondiale. Il sistema finanziario è fallito e con lui quella teoria economica che si chiamava neoliberalismo, dichiara il professore peruviano Oscar Ugarteche, durante un seminario sulla crisi e le sue conseguenze.

Secondo Frei Betto, una delle voci più autorevoli del movimento altermondialista, “anche se è vero che nel sistema capitalista la crisi è ciclica, questa volta la situazione è ben diversa, poiché la logica da qualche anno si è invertita, ossia da quando la speculazione ha sovrastato la produzione”. “Il mondo ha vissuto in una bolla di ricchezza virtuale che è esplosa. E le prime vittime di questa esplosione saranno evidentemente i più poveri”.

“Progetti concreti”

La riflessione che si è svolta nelle tende e nelle aule surriscaldate delle due università di Belém – dove si tiene il Forum – non si è limitata alla condanna di un sistema e a un dibattito puramente ideologico.

Come auspicato da Antonio Martins, giornalista e cofondatore del Forum, durante i dibattiti sono state esplorate piste, spesso già conosciute, per “trasformare dei valori in progetti concreti”.

Lo svizzero Bruno Gurtner, presidente del Tax Justice Network (TJN), una rete che combatte i paradisi fiscali, evoca ad esempio la necessità di instaurare standard internazionali per una maggiore trasparenza nella contabilità delle filiali delle multinazionali, “affinché non possano più spostare gli utili verso un paese dove si pagano meno tasse”.

“I paradisi fiscali hanno svolto un ruolo molto importante nella crisi. Basti pensare che circa i due terzi degli ‘hedge funds’ sono basati in questi Stati”, spiega Gurtner.

Un’altra idea è di instaurare una tassa internazionale sulle transazioni finanziarie, una versione migliorata della Tobin Tax, i cui proventi potrebbero essere utilizzati per finanziare il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio dell’ONU.

Prodotti finanziari come i farmaci?

Da più parti è stata anche sottolineata la necessità di potenziare gli organismi di controllo della finanza. Gurtner dubita tuttavia che sia possibile controllare veramente un mercato così complesso. “I meccanismi finanziari – gli fa eco Jersen Christensen, direttore di TJN – sono ormai così oscuri che anche gli specialisti non capiscono più nulla”.

Andreas Missbach, esperto di finanze dell’ONG svizzera Dichiarazione di Berna, auspica “l’introduzione di regolamentazioni per vendere dei prodotti finanziari, un po’ come succede per i farmaci”. Una proposta, questa, avanzata anche al Forum economico di Davos dal professore di etica all’Università di San Gallo Peter Ulrich.

Rifondare il sistema

Più in generale, la richiesta spesso emersa a Belém è di rifondare il sistema economico sui principi di bene pubblico, di sostenibilità e di inclusione dei più sfavoriti.

“Il modello secondo cui tutte le decisioni di produzione e consumazione sono adottate a livello individuale non è più idoneo, poiché porta alla distruzione del pianeta”, afferma Antonio Martins. Se tutta la popolazione mondiale avesse uno stile di vita come gli statunitensi, spiega dal canto suo Frei Betto, ci vorrebbero almeno cinque pianeti per soddisfare le nostre esigenze.

Crisi come opportunità

In quest’ottica, la crisi potrebbe rappresentare un’opportunità. Ad esempio, investendo nelle centrali eoliche, come propone il nuovo presidente statunitense Barack Obama, “si potrebbe sostenere l’economia e nello stesso tempo contenere la crisi climatica ed energetica”, indica Oscar Ugarteche.

“I nostri governi hanno speso miliardi per salvare il sistema finanziario”, aggiunge Martins. “Non abbiamo nulla in contrario, ma ciò dimostra anche che l’idea che gli Stati non potevano creare soldi è falsa. Quante volte si è sentito ripetere ‘no, è una misura inflazionista’ quando si chiedeva di aumentare un po’ l’assistenza sociale?”.

Martins propone quindi che per ogni franco versato per le banche, un altro venga speso per i servizi pubblici, per la ferrovia, per l’energia solare o per l’accesso gratuito ad internet e un terzo franco per la redistribuzione diretta delle rendite, come il salario minimo di reinserimento che esiste in Europa o la ‘bolsa familia’ (aiuto ai più poveri) in Brasile.

“Sono misure non solo indispensabili, ma che hanno anche un impatto positivo sull’impiego”, sottolinea.

Per evitare che delle proposte forti si perdano in un mare di rivendicazioni, quest’anno i partecipanti hanno deciso di tentare una sintesi in occasione dell’ultimo giorno. Un modo di procedere nuovo per il Forum, che spera così di dare maggiore risalto al suo messaggio.

swissinfo, Daniele Mariani, Belém

L’Ufficio internazionale del lavoro stima che, nello scenario peggiore, il numero dei disoccupati nel mondo quest’anno potrebbe aumentare di 51 milioni.

Ciò corrisponderebbe a un tasso di disoccupazione mondiale del 7,1% e 230 milioni di senza lavoro, contro il 5,7% e 230 milioni di disoccupati nel 2008.

Il numero di posti di lavoro soppressi a causa della crisi potrebbe raggiungere quota 20 milioni.

Cinque dei leader della sinistra sudamericana si sono incontrati giovedì a Belém per “passare all’offensiva” contro il capitalismo, come ha esclamato il presidente venezuelano Hugo Chavez.

Il suo omologo boliviano Evo Morales ha proposto di lanciare delle campagne mondiali per la riforma del Consiglio di sicurezza dell’ONU, per la costruzione di un nuovo ordine economico mondiale e per l’ambiente.

L’ecuadoriano Rafael Correa e il paraguaiano Fernando Lugo hanno lanciato un appello per “un socialismo del XXI secolo” in America latina.

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