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Frammenti di Bisanzio nelle Alpi

Frammenti sbiaditi dal tempo, ma anche rarissime testimonianze d'epoca bizantina. Rätisches Museum Chur

Non nel bacino del Mediterraneo, ma nei Grigioni si trovano le più antiche rappresentazioni bizantine del giudizio universale e dell'assunzione di Maria.

Dei dipinti monumentali (750 d.C.) che ornavano il convento di Disentis oggi rimangono 12’000 frammenti. Il Museo retico di Coira dedica loro una mostra suggestiva.

Lontano dai grandi centri, racchiuso dalle sue montagne, a prima vista il cantone dei Grigioni potrebbe sembrare un paradiso per gli amanti della natura, più che per gli amanti dell’arte. Eppure nelle sue valli apparentemente discoste dal mondo si trovano dei gioielli di rara bellezza.

Qualche esempio? Il soffitto ligneo illustrato della chiesa di Zillis (XII secolo), unico nel suo genere, la chiesetta di Mistail con i suoi affreschi (VIII secolo), il convento di San Giovanni in Val Monastero (IX-XIII secolo), dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Ora, grazie al decennale lavoro degli archeologi e alla mostra realizzata dal Museo retico il grande pubblico può ammirare ciò che resta di un’opera d’importanza mondiale: una monumentale rappresentazione paleobizantina del Giudizio universale e della Koimesis, la morte di Maria, così come ancora oggi la raffigurano gli ortodossi.

Storia da riscrivere

I primi frammenti vennero alla luce ad inizio Novecento, quando furono intrapresi degli scavi archeologici intorno al convento di Disentis/Mustér. L’impianto odierno è essenzialmente barocco, ma il convento fu fondato agli albori del secolo VIII. Guardati inizialmente come resti di un malriuscito tentativo autoctono di decorazione plastica, i frammenti rappresentano in realtà un ritrovamento eccezionale. Si tratta delle più antiche rappresentazioni di un Giudizio universale e di una Koimesis di cui si abbia traccia.

Ad interpretarli correttamente, dedicando loro anni di appassionato lavoro, è stato lo storico dell’arte Walter Studer. «Ci voleva una certa conoscenza dell’epoca e dell’arte bizantina, conoscenza che in Svizzera non è molto diffusa», spiega Studer a swissinfo. Proprio l’eccezionalità della scoperta ha in un certo senso ostacolato la sua diffusione.

«Se invece che a Disentis questi reperti fossero stati scoperti a Gerusalemme, a Costantinopoli, a Tessaloniki o in Italia sarebbero già conosciuti da tutti». In Svizzera, costata Studer con una certa amarezza, il mondo accademico – orientato verso altri temi – sembra non avere ancora afferrato l’importanza della scoperta ed è difficile trovare i fondi necessari alla ricerca.

«Ora bisogna far conoscere questi frammenti alla comunità scientifica internazionale», racconta Studer che ha già preso dei contatti per portare in Austria la mostra allestita a Coira. «Il ritrovamento dei resti di questa pittura monumentale ci costringe a riscrivere enciclopedie ed opere di riferimento. Sono delle testimonianze importanti per la storia, la storia dell’arte, la teologia, la mariologia… Provengono da un’epoca, quella paleobizantina, per la quale esistono pochissime fonti».

Angeli dai colori sgargianti

Aldilà della loro importanza scientifica, i frammenti sono in grado di «parlare» anche ad un pubblico di non specialisti, un pubblico che magari non s’interessa alle differenze tra la morte di Maria paleobizantina (l’anima di Maria viene portata in paradiso da Gesù, mentre il suo corpo muore, è deposto in una tomba e sale al cielo dopo tre giorni) e l’assunzione anima e corpo che si affermerà nella tradizione cattolica dopo lo scisma.

La mostra allestita a Coira è poetica. I frammenti, sistemati in vetrine posate a terra, emergono dal ghiaietto bianco su cui sono adagiati e invitano l’osservatore a ricostruire con la mente ciò che manca: i viticci di un angolo di paradiso, le foglie d’acanto degli ornamenti, il corpo di Maria, le posaune degli angeli… Poi sulle pareti delle sale del museo, le ricostruzioni di Studer, laddove era possibile ricostruire volti e colori, o il tratteggio in grandi linee di quelli che avrebbero potuto essere i contorni di un personaggio o di una scena.

La sottrazione di elementi voluta dalla regia del tempo e del caso costringe a focalizzare l’attenzione sui dettagli, dettagli che, come il volto dolce e dormiente di Maria, rimangono fissi nella memoria proprio perché non appesantiti da altro. «La mostra piace molto», ci conferma Jürg Simonett, direttore del Museo retico.

«Le ricostruzioni sono precise, non delle approssimazioni», ci tiene a precisare Studer. «È difficile far capire alla gente che questi colori sgargianti, a base minerale, erano davvero quelli che si potevano ammirare prima che fossero rovinati dalle intemperie. I colori erano necessari per far risaltare le opere in chiese molto buie».

swissinfo, Doris Lucini, Coira

La mostra “Bisanzio a Disentis”, allestita al Museo retico di Coira, è aperta fino al 12 marzo 2006.
Presenta i più significativi tra i 12’000 frammenti di pittura bizantina (intonaco di malta di calce e stucco) rinvenuti a Disentis, là dove sorgeva la chiesa di San Martino.
I frammenti, databili intorno al 750 d.C., risalgono ad un’epoca avara di fonti, quella paleobizantina quando Costantinopli era ancora il centro della cultura cristiana.

I frammenti ritrovati a Disentis provengono da una monumentale raffigurazione del Giudizio universale (Castigo di sette angeli con trombe, Gloria di angeli, Santi) e della Koimesis, la raffigurazione bizantina della morte di Maria.

Si devono probabilmente a due monaci bizantini, oppositori dell’iconoclastia, inviati da Roma a Disentis.

I personaggi sono a grandezza almeno naturale. Con il ritrovamento dei frammenti, Disentis/Mustèr è diventato il luogo in cui sono conservate le più antiche rappresentazioni al mondo di un Giudizio universale o di una Koimesis.

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