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Friederich nega il riciclaggio

L'ambasciatore svizzero in Lussemburgo ha effettuato transazioni sospette per 750'000 dollari swissinfo.ch

Il diplomatico, sospeso martedì con effetto immediato, ammette le transazioni su un conto lussemburghese, ma non la falsificazione.

Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) Joseph Deiss ha sospeso dalle sue funzioni, con effetto immediato, l’ambasciatore in Lussemburgo Peter Friederich, sul quale gravano sospetti di riciclaggio e falsità in documenti .

Il passo si giustifica con gli sviluppi del caso presentati dal Ministero pubblico della Confederazione: il diplomatico avrebbe infatti ammesso agli inquirenti di aver falsificato una firma per giustificare transazioni bancarie con un istituto di credito lussemburghese.

L’avvocato di Friederich ha dichiarato però che questa ammissione di colpa gli pare “strana”, in quanto il suo cliente avrebbe semplicemente apportato delle modifiche ai documenti su richiesta esplicita della banca. Secondo il suo difensore, Friederich sarebbe insomma la vittima di una “messa in scena” da parte delle autorità del Lussemburgo che non ha esitato nemmeno di fronte ad un ambasciatore per provare che i suoi sistemi di controllo funzionano. Dichiarazioni queste apparse sul Tages Anzeiger.

Il portavoce del DFAE, Livio Zanolari, ha precisato che la sospensione è stata decisa «a titolo preventivo e temporaneo». Si tratta di una misura limitata nel tempo, «tanto più che l’accusato gode della presunzione di innocenza». Altre decisioni, ha proseguito Zanolari, saranno prese a seconda dell’evoluzione dell’inchiesta.

L’ambasciatore contesta l’accusa di riciclaggio di denaro, ma resta agli arresti per i sospetti di falsificazione di una firma su un documento per giustificare transazioni per un ammontare di 750mila dollari. Per tale ragione, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) indaga sul diplomatico anche per falsità in documenti.

Versamenti per 750’000 dollari

Stando al portavoce dell’MPC Hansjürg Widmer, iIl diplomatico ha effettuato diversi versamenti in denaro contante – in varie divise- presso una banca lussemburghese. Il totale delle transazioni ammonta a 750mila dollari. L’inghippo è stato scoperto nella seconda metà del 2001, quando la banca gli ha chiesto informazioni sull’origine del denaro.

Friederich ha dapprima affermato che il denaro gli era stato consegnato da conoscenti. Quando l’istituto di credito gli ha chiesto precisazioni, l’ambasciatore ha presentato vari documenti che attestavano transazioni commerciali fittizie – vendita di merci – con varie persone a lui conosciute. La firma apposta su un documento è stata da lui stesso falsificata. L’MPC ha precisato che l’inchiesta continua per determinare l’origine di tale denaro.

L’MPC, ha specificato Widmer, ha ordinato perquisizioni al domicilio del sospettato – effettuate alla fine della settimana scorsa – e nei locali dell’ambasciata svizzera nel Lussemburgo, sequestrando varia documentazione. Nel frattempo sono stati bloccati anche alcuni conti bancari e interrogate varie persone. L’MPC precisa inoltre che nel caso in esame, la funzione di ambasciatore dell’accusato non ha svolto alcun ruolo.

Tutta una messinscena

Il legale dell’ambasciatore ritiene che il suo cliente sia stato vittima di una montatura. «La divulgazione di transazioni finanziarie di Peter Friederich da parte della Banca Dexia a Lussemburgo e della stampa lussemburghese incita a credere a una messinscena, destinata ad accreditare l’idea della vigilanza bancaria lussemburghese di fronte agli attacchi dell’Unione europea», sostiene Jean-René Mermoud in un comunicato diramato martedì.

L’avvocato afferma che il suo cliente non ha nulla da rimproverarsi. Le sue transazioni finanziarie private sono sempre state trasparenti. I capitali di cui si è occupato Friederich all’estero erano defiscalizzati. Girandoli, l’ambasciatore si è assicurato, in particolare presso banche svizzere, che i beneficiari fossero correttamente noti.

Mermoud aggiunge che Peter Friederich «si è sempre dimostrato un difensore leale ed efficace degli interessi del suo Paese e degli svizzeri nei 31 anni di attività al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)». Il diplomatico si rammarica che questa vicenda privata abbia ripercussioni negative sul DFAE e sulla Svizzera. È però certo che quando saranno stabiliti i fatti sarà dimostrata l’assenza di reato.

Peter Friederich si trova in detenzione preventiva in Svizzera dall’8 luglio. Nei suoi confronti l’MPC, in stretta collaborazione con la Polizia giudiziaria federale, aveva allora aperto un’inchiesta per sospetto riciclaggio di denaro.

swissinfo e agenzie

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