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Gli Stati Uniti chiedono alla Svizzera di sanzionare l’Iran

Per il futuro ambasciatore Usa alla Nato Kurt Volker, fra la Svizzera e gli Stati Uniti c'è una solida amcicizia. swissinfo.ch

Le relazioni fra Berna e Washington sono eccellenti: Kurt Volker, numero due per gli affari europei al Dipartimento di Stato americano desidererebbe però che la Svizzera imponesse delle sanzioni contro l'Iran. Intervista.

Volker sarà il prossimo ambasciatore degli Stati Uniti alla Nato. Il presidente George W. Bush lo ha recentemente nominato a questa carica.

Ex braccio destro di Condoleeza Rice al Consiglio nazionale di sicurezza della Casa bianca, nel 2005 l’ha seguita al Dipartimento di Stato, dove ha contribuito a rilanciare il dialogo con l’Europa dopo l’invasione dell’Iraq e la rielezione di Bush.

swissinfo: Condoleeza Rice definisce i tre accordi bilaterali firmati nel 2006 da Svizzera e Stati Uniti come un “programma in vista di una cooperazione rafforzata”. Quali sono le priorità americane in questo campo?

Kurt Volker: Occorre precisare che gli Stati Uniti hanno relazioni eccellenti con la Svizzera. Nel 2006, i nostri due paesi hanno compiuto un passo in avanti strutturare maggiormente le loro relazioni. Gli Stati Uniti avevano già solide relazioni con la Nato e l’Unione europea. Avevano dunque bisogno di rafforzare quelle con la Svizzera.

Oggi vi sono numerosi campi di cooperazione bilaterale fra i due paesi. Citerei la lotta antiterrorismo, le crisi regionali come quelle dei Balcani e dell’Afghanistan, il sostegno alla democrazia e ai diritti umani.

Il mondo oggi è complesso e pericoloso. Ci sono molti dossier sui quali si può lavorare insieme.

Una priorità è il problema dell’estremismo violento, che spesso si fa passare per una forma dell’islam, benché non sia il vero islam. È una cosa che si vede fra popolazioni immigrate in Europa e in certe regioni del mondo musulmano, come in Iran.

swissinfo: La Svizzera rappresenta gli interessi statunitensi in Iran. In cosa consiste questo ruolo?

K.V.: Ci sono due aspetti. Dapprima il ruolo di potenza protettrice. Vale a dire che la Svizzera costituisce una base e fornisce un quadro diplomatico per il proseguimento degli interessi americani.

Per esempio, la Svizzera ha recentemente contribuito all’ottenimento di informazioni su un cittadino statunitense scomparso in Iran. Questo ruolo è importante e la Svizzera lo svolge molto efficacemente.

In secondo luogo, c’è la questione della nostra politica nei confronti dell’Iran. Qui vi sono punti di vista divergenti. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato tre volte per imporre sanzioni volte a dissuadere l’Iran dall’arricchire l’uranio e dallo sviluppare un’arma atomica.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno applicato delle sanzioni contro Teheran. Desidereremmo dunque che la Svizzera adottasse una posizione di sostegno alle risoluzioni dell’Onu sull’Iran.

swissinfo: In marzo, una società svizzera ha firmato un contratto petrolifero con l’Iran. Il Congresso ebraico mondiale l’ha definita un “trionfo della propaganda per i mollah”. Washington ha giudicato che viola lo spirito delle sanzioni dell’Onu. A suo a

K.V.: Mentre il resto della comunità internazionale esercita pressioni sull’Iran per impedirgli di acquisire un’arma nucleare, questo contratto invia un messaggio opposto. È dunque un errore. Ma in termini di neutralità non penso che la Svizzera stia diventando un’alleata dell’Iran. Dunque non tocca il suo ruolo di intermediaria.

swissinfo: Gli Stati Uniti non hanno una bella immagine in Svizzera, a causa dell’invasione dell’Iraq e dei maltrattamenti inflitti ai prigionieri di guerra e alle persone sospettate di terrorismo. C’è un fossato fra i due paesi sui diritti umani?

K.V.: In ampia misura, gli Stati Uniti vengono definiti sulla base dei problemi che cercano di trattare, quali l’Iraq, i palestinesi, eccetera. Ciò dà un’immagine negativa del nostro paese. Ma siamo anche una delle democrazie più dinamiche e una delle società più multiculturali del mondo. Ciò che dovremmo fare è cercare di spiegare i valori sulla base dei quali agiamo.

Riguardo all’Iraq ci sono state divergenze sulla guerra, ma non c’è stato un grande dibattito sul fatto che dobbiamo aiutare gli iracheni a costruire una democrazia stabile nel cuore del Medio Oriente.

In merito ai diritti umani, riteniamo che né il quadro giuridico nazionale né le norme sui conflitti armati siano adeguati per combattere organizzazioni terroristiche, che non sono stati, ma che possono sferrare un attacco contro uno stato. Occorre sviluppare altre regole.

Nel frattempo, gli Stati Uniti sono firmatari delle Convenzioni del’Onu. Non torturiamo, non trasportiamo nessuno con l’obiettivo di torturare. Osservatori internazionale che hanno visitato la base Usa di Guantanamo l’hanno paragonata a un carcere normale.

swissinfo: La più grave crisi fra Stati Uniti e Svizzera è stata quella dei fondi ebraici in giacenza. Che lezione avete tratto?

K.V.: Si è trattato di un problema difficile, ma alla fine è stato risolto. Oggi non ha più alcun impatto sulle relazioni bilaterali. Quel che abbiamo imparato è che gli amici con solidi legami sono capaci di gestire situazioni difficili.

Redigendo la Dichiarazione d’Indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1776, Thomas Jefferson e gli altri “padri fondatori” degli Stati Uniti si ispirarono alla Svizzera e a pensatori come il ginevrino Jean-Jacques Burlamaqui, teorico del diritto naturale.

Nel 1848, i redattori della Costituzione federale svizzera si ispirarono a loro volta agli Stati Uniti per i modelli bicamerale e federalista.

Gli Stati Uniti allacciarono relazioni diplomatiche con la Svizzera nel 1853 e la Confederazione contraccambiò nel 1868.

Dopo le tensioni causate dalla vicenda dei fondi ebraici in giacenza nelle banche svizzere, Washington e Berna hanno ricucito lo strappo e riconsolidato i loro rapporti.

Nel 2000, in occasione del vertice di Davos, è stata creata una Commissione economica

Nel 2006, gli Stati Uniti e la Svizzera hanno proseguito questa strategia di riavvicinamento firmando tre accordi: uno politico, uno sull’assistenza poliziesca e giudiziaria per la lotta al terrorismo e un terzo economico e commerciale.

(Traduzione dal francese di Sonia Fenazzi)

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