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Gli svizzeri nella capitale degli zar

La città in una fotografia di metà Ottocento del ticinese Ivan Bianchi (foto: Le Ricerche, Lugano) Keystone

Dalla sua nascita dalla palude incolta, la città ha visto un gran numero di emigrati europei che le hanno dato il carattere voluto da Pietro il Grande.

Dall’architettura alla scienza e alla tecnologia, dall’educazione alle delizie del palato, gli svizzeri hanno dato un contributo notevole.

Pietro il Grande voleva una Venezia del nord, una nuova porta d’Oriente, un’altra Amsterdam, un manifesto di cultura europea in riva al Baltico. Il 27 maggio questo monumento straordinario ha compiuto ufficialmente 300 anni.

Nel 1703, lo zar di tutte le Russie chiamò gli architetti migliori per realizzare il suo sogno. Fra questi c’era il ticinese Domenico Trezzini (1670-1734) che costruì numerosi palazzi e diede un contributo fondamentale alla pianificazione della città. Era un esponente di una lunga e fortunata serie di architetti della Svizzera italiana.

In un disegno urbanistico tutto europeo, fatto di lunghi viali – le «prospettive» – sorsero palazzi barocchi, espressione della volontà della nobiltà russa di avere una capitale che potesse misurarsi con le grandi città dell’Occidente.

Stile di vita e economia

L’apporto elvetico non si è fermato ai primi decenni della città sorta dal nulla. Da Basilea arrivarono scienziati per dare lustro all’università voluta da Caterina la Grande, da Zurigo teologi a cui era affidato il compito di diffondere lo spirito protestante.

Nelle famiglie bene era poi un onore particolare disporre di una governante elvetica che insegnasse alla prole il francese e il tedesco, oltre che le buone maniere all’occidentale.

Nell’Ottocento dalle campagne bernesi arrivarono contadini e casari che, grazie alla loro esperienza alpina, diedero nuovi impulsi alla magra agricoltura del nord.

Ma anche nell’industria i tecnici e i commercianti elvetici seguirono il richiamo degli zar per sviluppare l’economia che soffriva di ritardi rispetto agli altri paesi del continente.

Vizi svizzeri per gli ozi russi

I nobili russi della nuova ed elegante capitale scoprivano i gusti dolci e amari nelle pasticcerie dei grigionesi. Con arte impareggiabile gli emigrati offrivano ai clienti aristocratici il caffè e la cioccolata calda da consumare nei pomeriggi d’ozio.

L’arte dei confettieri era fatta inoltre di filigrane figure di zucchero e marzapane, creme di burro e panna per torte a sette piani e ingredienti esotici.

Una stagione finita

L’emigrazione svizzera nel regno degli zar non è mai stata un fenomeno di massa. La Russia non era l’America della febbre dell’oro, ma un paese che cercava forze altamente qualificate.

La fine di questa stagione è segnata dalla Rivoluzione d’ottobre del 1917. Gli emigrati avevano conservato un forte legame con la patria e il ritorno fu la salvezza. Nel paese passato al bolscevismo, il loro contributo, legato all’aristocrazia, non era più richiesto.

Eppure grazie alla sua qualità, il contributo elvetico è ancora visibile ed ha anche uno spazio nei festeggiamenti del 300esimo della città: a luglio il paese delle Alpi sarà in riva alla Newa per riscoprire un’amicizia dimenticata.

swissinfo, Daniele Papacella

Dalla sua nascita nel 1703, la città sulla Neva ha attirato personalità e semplici operai da tutta Europa. L’apertura è stata promossa dal fondatore, Pietro I, e continuata dai suoi successori.

Prima della costruzione delle ferrovie, a metà Ottocento, il viaggio verso San Pietroburgo era un’epopea di stenti. Ci volevano almeno due mesi di cammino.

Eppure il contributo dell’emigrazione svizzera è importante. Dal 1978 un progetto del Fondo nazionale di ricerca ha promosso una serie di studi che rievocano quei tempi con rigore scientifico.

Particolare attenzione è stata inoltre dedicata agli architetti ticinesi, capostipiti di una professione che vede ancora oggi gli svizzeri di lingua italiana in prima fila.

A questo giubileo la Svizzera è presente con numerose azioni e convegni culturali che rievocano questa stagione di coraggiosi pionieri.

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