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Bisogna prendere sul serio gli animali

Masoala-Halle im Zürcher Zoo
Gli animali della sala Masoala dello zoo di Zurigo non sono chiusi in gabbie. I visitatori devono scovarli da soli. Keystone / Walter Bieri

Heini Hediger, direttore dello zoo di Zurigo dal 1954 al 1973, è considerato il fondatore della biologia dei giardini zoologici. Si è sempre concentrato sulle necessità degli animali. Un concetto applicato oggi in tutti i migliori zoo.

Per conoscere il lavoro e il pensiero di Heini Hediger sul campo, abbiamo appuntamento con il suo successore Alex Rübel, [ex] direttore dello zoo di Zurigo [che ha guidato fino al 2020]. Ci porta nella cosiddetta Freiflughalle (“sala del volo libero”), la prima del suo genere in Europa – e opera di Heini Hediger.

All’interno, una luce crepuscolare e un turbinio di richiami d’uccelli. Quando gli occhi si abituano alla penombra, si può ammirare una foresta tropicale e innumerevoli uccelli che saltellano in giro scavando con i becchi nel terreno o volano liberamente. Non ci sono sbarre né vetri – eppure nessun volatile esce dalla foresta svolazzando.

“Non ne hanno motivo”, spiega Rübel. “All’interno del recinto aperto possono soddisfare tutti i loro bisogni”. In questo modo il direttore dello zoo cita il principio più importante di Heini Hediger, pioniere della moderna biologia dei giardini zoologici: “Un animale non è un oggetto da esporre, ma un essere vivente con varie esigenze che vanno ben oltre quella dell’essere nutrito”.

Nella Freiflughalle, gli uccelli possono ritirarsi in zone protette e vivere le loro relazioni sociali – dalla riproduzione al volo territoriale. Come in natura.

Ma perché non volano fuori dalla foresta e non vanno ad esempio nell’auditorium? “Perché noi siamo al buio, ma la foresta è illuminata. Un uccello diurno non ha motivo di avventurarsi in un’oscurità sconosciuta”, spiega Rübel.

Vedere il mondo dal punto di vista degli animali: è la linea giuda seguita da Heini Hediger per costruire anche la Afrikahaus, nel 1965, senza angoli retti o pavimenti piatti, senza scale e porte convenzionali – e senza grate.

Qui non si trovano solo i rinoceronti neri, ma anche diversi uccelli: bufaghe e aironi guardabuoi che si arrampicano sui grossi pachidermi e, come nella loro terra d’origine, beccano i parassiti.

Hediger è stato il primo a far convivere in un recinto animali che vivono in simbiosi in natura. Molti pensano che i modelli di un allevamento rispettoso degli animali siano zoo famosi come quello di San Diego. Ma l’idea è di Heini Hediger.

Heini Hediger mit Chamäleon
Heini Hediger era prudente. Ogni volta che toccava un animale allo zoo, indossava i guanti (1965). Zoo Zürich

All’ingresso del prossimo recinto, Rübel ci indica il piccolo pannello informativo sugli animali. Questo dettaglio che oggi i visitatori danno per scontato è un’invenzione di Hediger diventata standard per i migliori zoo di tutto il mondo.

La cosiddetta “scheda Hediger” contiene anche il nome scientifico dell’animale e informazioni concise su distribuzione, habitat e il modo di vita. “Prima di Hediger, gli zoo esponevano animali solo per l’intrattenimento”, spiega Rübel, “senza alcuna scientificità, né motivazione educativa”.

Nato a Basilea nel 1908, Hediger si è interessato agli animali come creature a sé stanti. Cresciuto vicino allo zoo della città, da ragazzo ha tenuto rettili, scorpioni, pesci e anche una volpe per alcuni mesi, fino a quando il padre non l’ha cacciata di casa a causa del peggiorare dei voti del figlio a scuola.

Già allora, Hediger diceva che sarebbe diventato direttore di uno zoo per poter concretizzare le sue idee. Si recava a quello di Basilea più volte a settimana ed era convinto che i giardini zoologici non dovessero essere dei serragli, ma istituzioni culturali.

“Un animale non è un oggetto da esporre, ma un essere vivente con varie esigenze che vanno ben oltre quella dell’essere nutrito”.

Heini Hediger

Tuttavia, come tutti gli zoologi dell’epoca, da studente Hediger prese parte a spedizioni in tutti gli angoli del mondo, dove catturava gli animali e li portava in patria, dove venivano esposti impagliati nel Museo di storia naturale.

Nel 1937, in Marocco, stava sviluppando un metodo per uccidere in modo delicato i serpenti, quando arrivò a una nuova presa di coscienza. “Quella fu l’ultima volta”, si legge nel suo diario. D’allora in poi, ha sempre cercato di guardare il mondo attraverso gli occhi degli animali.

Mentre era studente viaggiò ancora in lungo e in largo per svolgere delle ricerche e pubblicò diversi articoli sulle reazioni di fuga dei rettili. Ottenne il dottorato a soli 24 anni e, poco tempo dopo, il Museo di storia naturale di Basilea lo nominò curatore del dipartimento di zoologia.

A 30 anni raggiunse il suo obiettivo, diventando l’amministratore dello zoo di Dählhölzli a Berna. Cinque anni più tardi era alla guida dello zoo di Basilea. Una lite con gli influenti zoologi Rudolf Geigy e Adolf Pormann lo portò poi allo zoo di Zurigo che diresse fino al 1973.

Hediger non si limitò ad ottimizzare il modo in cui erano custoditi gli animali, ma svolse ricerche sulla loro psicologia e il loro ciclo del sonno che pubblicava senza sosta. Il suo libro “Wildtiere in Gefangenschaft” (“Animali selvatici in cattività”) è considerato l’opera fondamentale della biologia dei giardini zoologici.

Assieme a Konrad Lorenz e Bernhard Grzimek, nel 1960 fondò la rivista “Das Tier”. Fece anche radio, televisione e tenne lezioni all’Università di Basilea per ben 84 semestri. I suoi interventi erano estremamente popolari anche ben oltre la cerchia dei biologi.

“Hediger regalava comunicazioni scientificamente corrette che avevano al contempo un grande valore d’intrattenimento”, scrive René Honegger, ex curatore dello zoo di Zurigo, nel suo necrologio. Descrive il suo ex capo come “uno degli inventori del moderno ‘infotainment'”.

Questo non significa che si debbano costruire degli zoo che tengono conto dei bisogni degli animali ma non di quelli dei visitatori. Anche l’ex direttore Rübel si dice d’accordo con questa filosofia mentre entriamo nella zona del Pantanal, aperta nel 2012.

Qui dei corsi d’acqua serpeggiano tra la vegetazione, ispirata a quella della regione amazzonica ma resistente al clima elvetico. Scimmie scoiattolo e cappuccine si divertono sugli isolotti. Lungo le sponde c’è una capanna di legno all’interno della quale si intravede un prigioniero dietro le sbarre, un manichino. Di fronte, un’auto della polizia brasiliana.

“I visitatori amano questa scenografia”, dice Rübel. “Non si tratta solo di intrattenimento. È un elemento educativo che sensibilizza sui problemi del bracconaggio e della distruzione della foresta pluviale.”

In questo modo e con progetti concreti in loco, spiega Rübel, lo zoo si assume una responsabilità per la conservazione della natura e delle specie. Un aspetto richiesto da Hediger.

I recinti progettati sul modello naturale hanno uno svantaggio: si vedono meno animali. “Questo non disturba i visitatori”, dice l’ex direttore. In un sondaggio svolto nello zoo, solo il 10% degli interpellati ha espresso questa lamentela. “Il design naturalistico dà una sensazione migliore che guardare gli animali attraverso le sbarre”.

Molti animali non avrebbero comunque bisogno di più spazio? Dopotutto, un orso in natura cammina per diversi chilometri al giorno. “Non lo fa perché gli piace girovagare”, spiega Rübel, “ma per trovare cibo. Se un animale può soddisfare i suoi bisogni in uno spazio più piccolo, si trova bene anche in uno zoo.”

Entrando nel padiglione Masoala con i suoi alberi di 30 metri, i fitti arbusti, le scimmie, le volpi volanti, i camaleonti, le tartarughe e gli insetti Rübel dice: “Questo è probabilmente come Hediger lo immaginava: un intero biotopo sotto una campana di vetro”.

Un pioniere, ma non un manager

Hediger aveva sviluppato l’idea degli ecosistemi coperti già negli anni ’50. Voleva, ad esempio, che il laghetto dei rinoceronti nell’Afrikahaus potesse essere visibile anche sotto la superficie dell’acqua grazie a una parete di vetro.

Si sarebbero visti i pesci che vivono in simbiosi con i rinoceronti. Ma all’epoca non c’erano soldi per una tale costruzione. “Hediger si lamentava molto della mancanza di soldi”, ricorda Rübel. “Era un pioniere della zoologia, ma non un buon manager”.

Un’altra dicotomia accompagnò Hediger per tutta la vita: l’incompatibilità tra la sua fede cattolica e il fenomeno scientificamente provato dell’evoluzione. Sebbene l’accettasse come un dato di fatto, non poteva ammettere che qualcosa di così meraviglioso come la ruota del pavone fosse solo il risultato di tentativi ed errori.

“Dobbiamo tutti vivere con un residuo di inspiegabile”, dice Rübel, il quale ha assistito Hediger nell’ultima fase della sua vita, in una casa di riposo. “Lì ha sofferto”, ricorda. Era un creatore spinto dalla passione.

Dopo Hediger, fu Ernst Weilenmann a dirigere lo zoo per 18 anni. Poi, dal 1991 [al 2020], è stato il turno di Rübel alla guida del più grande giardino zoologico della Svizzera. Sa che sono orme importanti quelle lasciate dai suoi predecessori. Ma ne è stato all’altezza. Non solo ha portato avanti la filosofia di Hediger, ma ha reso lo zoo economicamente redditizio, cosa che Hediger riteneva impossibile.

Nel 2012, Rübel ha ricevuto il premio Heini Hediger “per il suo straordinario impegno nella scienza e nell’educazione alla protezione della natura, degli animali e dell’ambiente” – il più alto riconoscimento nel mondo degli zoo.

Elefanten, die baden
Gli elefanti amano fare il bagno. La piscina fa parte del recinto aperto nel giugno 2014. I pachidermi possono essere osservati sott’acqua attraverso una grande parete di vetro. Jean-Luc Grossmann/Zoo Zürich

Il nostro tour termina nei pressi del nuovo recinto degli elefanti. Copre un’area di circa due campi da calcio. C’è una parete di roccia artificiale con una cascata e un lago. Dall’estate 2014 vi vive un branco di elefanti.

“Un gruppo sociale come in natura”, dice Rübel, prima che il suo sguardo si sposti sul grande prato sottostante al parco. Lì, vorrebbe creare una savana. “Se dobbiamo fare qualcosa, la faremo nel modo giusto”, dice Rübel. Proprio come Heini Hediger avrebbe voluto”.

Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2018  su Higgs.chCollegamento esterno la prima rivista indipendente per la conoscenza in Svizzera. SWI swissinfo.ch pubblica regolarmente articoli di Higgs.ch.

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