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I cambiamenti climatici minacciano il turismo invernale

Se la neve è insufficiente, i turisti si divertono come possono... Keystone

Quasi la metà delle stazioni sciistiche svizzere sono confrontate ad un futuro incerto a causa del surriscaldamento climatico. Lo rivelano due studi, uno europeo e uno svizzero.

Le regioni più colpite rischiano di essere l’Oberland bernese, i cantoni di Vaud e Friborgo, la Svizzera centrale e il Ticino.

Le tinte dipinte dagli esperti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sono molto fosche soprattutto per quel che riguarda Germania e Austria, dove il surriscaldamento climatico potrebbe colpire tutti rispettivamente il 70% dei centri turistici invernali. Seguono le località sciistiche in Italia, Francia e Svizzera.

Le Alpi sono particolarmente sensibili alle modifiche del clima e il riscaldamento recente è risultato quasi il triplo della media mondiale, osservano gli esperti.

Stando all’OCSE, oggi circa il 90% delle 666 piste alpine prese in esame dispone di un manto nevoso sufficiente per un ragionevole periodo di tempo, pari più o meno a 100 giorni.

Un aumento delle temperature di un grado porterebbe il numero delle piste praticabili a 500: secondo le stime più ottimistiche, questo potrebbe avvenire tra il 2020 e il 2025.

Un rialzo di due gradi ridurrebbe il numero delle piste utilizzabili a 200, e questo potrebbe succedere entro il 2050.

La prospettiva per la fine del secolo è di un aumento di quattro gradi con un’ulteriore conseguente diminuzione delle piste, annuncia l’OCSE, che in Svizzera, prevede difficoltà soprattutto per gli impianti nell’Oberland bernese, nelle Alpi vodesi e friborghesi, nella Svizzera centrale e in Ticino.

Scenario peggiore

Pure l’Istituto di ricerca sul turismo dell’Università di Berna (FIF) ha realizzato uno studio sul tema. Secondo lo scenario peggiore elaborato, il FIF anticipa un riscaldamento climatico di 2.6 gradi entro il 2030.

Un aumento di 2.6 gradi causerebbe l’elevamento di 250-300 metri della quota limite per le precipitazioni nevose (in Svizzera si scia in una fascia compresa tra i 1000 ed i più di 3000 metri). In un primo tempo, il fenomeno riguarderebbe quindi le stazioni situate ad altezze medie.

“Il surriscaldamento climatico si tradurrà nella diminuzione delle precipitazioni in estate e nel loro aumento in inverno”, spiega Hansruedi Müller, direttore del FIF. “Ci sarà dunque più neve in quota”.

Secondo lo specialista, la Svizzera centrale sarà particolarmente colpita. Nella regione, sempre secondo lo scenario più nero elaborato dal FIF, soltanto il 40% delle stazioni potrebbero continuare ad operare.

Vallese e Grigioni sarebbero invece poco toccate: il 90% delle stazioni potrebbero continuare a funzionare. Secondo questo studio, la Svizzera conserverebbe circa i due terzi dei suoi centri invernali.

Lungo termine

Il FIF si sta occupando anche degli effetti economici di questi cambiamenti. Uno studio sul tema sarà pubblicato in gennaio 2007.

Secondo Hansruedi Müller, le piccole stazioni a media quota hanno già constatato il problema e stanno iniziando a correggere la loro offerta. “Ma si tratta di cambiamenti a lungo termine. Il settore turistico ha dunque il tempo per adattarsi”.

swissinfo e agenzie

Secondo i ricercatori, le stazioni alpine devono fare i conti quest’anno con le temperature più elevate degli ultimi 1300 anni.

Il clima mite può essere un fenomeno straordinario. Tuttavia molti esperti ritengono che si tratti di una conseguenza del riscaldamento del globo a causa dell’emissione di gas a effetto serra.

In Svizzera il fenomeno è all’origine del continuo scioglimento dei ghiacciai.

Già oggi le banche svizzere rifiutano la concessione di finanziamenti per impianti e attrezzature sciistiche nelle aree situate ad un’altitudine inferiore ai 1.500 metri. Alcuni impianti di risalita a livelli più bassi hanno già dovuto chiudere.

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