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I rimpianti di Cornelio Sommaruga

Cornelio Sommaruga deplora l'assenza di cooperazione di Israele e l'atteggiamento di certi Stati membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU Keystone

L'ex presidente del CICR deplora il fallimento della missione d'inchiesta sul campo profughi di Jenin, sciolta dall'ONU ancor prima di aver lasciato Ginevra.

Cos’è accaduto nel campo palestinese di Jenin durante l’offensiva dell’esercito israeliano dello scorso mese? Le accuse di massacro attribuite allo Stato ebraico sono fondate? Forse non lo si saprà mai con certezza.

Di fronte alle persistenti obiezioni del governo Sharon, il segretario generale dell’ONU ha, in effetti, deciso di sciogliere la commissione creata due settimane fa. Lo svizzero Cornelio Sommaruga, ex-presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), ne era uno dei membri. Intervista di swissinfo.

Come ha accolto la decisione di Kofi Annan?

“Di fronte all’assenza di cooperazione del governo israeliano, l’abbiamo capita.

Nello stesso tempo, siamo molto delusi per non aver potuto assolvere il nostro mandato. C’erano enormi aspettative da parte della comunità internazionale, dell’opinione pubblica e soprattutto della popolazione e delle autorità locali. Eravamo pronti a compiere il nostro lavoro: una verifica dei fatti, neutra, imparziale ed indipendente.”

Cosa pensa di questo fallimento dell’ONU?

“Le cause sono da ricercare all’interno del Consiglio di Sicurezza. All’inizio, il Consiglio ha appoggiato unanimemente il segretario generale. In seguito, questo appoggio si è indebolito a causa di altri avvenimenti in Medio Oriente.

Abbiamo notato come, negli scorsi giorni, le priorità siano state poste altrove. Ad esempio nella liberazione di Arafat, nell’eventuale nuova conferenza sul Medio Oriente, o ancora nella ricerca di una soluzione all’assedio alla chiesa della Natività di Betlemme.”

Si è trattato quindi di un negoziato e si sono fatte delle concessioni sulla questione umanitaria?

“Non lo posso confermare. Lascio che siano altri osservatori a tirar conclusioni.”

Da parte israeliana, si sono criticati il mandato, la composizione e il carattere politico della missione. Cosa risponde?

“Credo che le spiegazioni fornite da Kofi Annan su come avremmo operato, garantendo l’anonimato delle persone che avremmo incontrato ma esigendo allo stesso tempo piena libertà di movimento, siano state presentate in modo chiaro.

A proposito della composizione, tranne gli attacchi personali di una certa stampa contro questo o quel membro ma soprattutto contro di me, gli israeliani hanno capito che avremmo integrato anche dei consiglieri militari di alto livello e degli esperti in materia di terrorismo.

Penso che sia noi che il segretario generale avevamo soddisfatto tutte le obiezioni di Israele.”

Alcuni l’hanno dipinta come un ostacolo per l’accettazione israeliana della missione.

“Chi mi conosce, sia all’interno del CICR che nel mondo ebraico, sa che mi sono battuto per anni per creare la base giuridica perché la società israeliana, Magen David Adom, venisse riconosciuta.

Poi si è voluta utilizzare contro di me una mia risposta all’ex presidente della Croce Rossa americana del novembre 1999. Gli avevo detto che, al proposito di Magen David Adom, sarebbe stato difficile ottenere l’accordo degli Stati per un emblema raffigurante una stella di Davide rossa.

Inserendo un simbolo nazionale, avremmo rilanciato delle vecchie questioni, tra le quali quella dello Sri Lanka, che aveva chiesto d’avere il proprio simbolo religioso, una svastica capovolta rispetto a quella nazista.

Questa storia mi è stata lanciata contro dalla stampa americana nel marzo del 2000. Le mie repliche non erano nemmeno state pubblicate.

Ora il tutto è stato ripreso, ma almeno il Washington Post ha pubblicato una mia reazione. Ben più importante, il responsabile del servizio giuridico del ministero degli Affari esteri israeliano ha chiaramente preso le mie difese sul Jerusalem Post, spiegando che il tutto si basava su un incredibile malinteso. Io sono comunque sereno. Chi mi conosce, sa che non sono antisemita.”

Il CICR, che lei ha presieduto, assume a volte una posizione critica rispetto ad Israele a proposito del diritto internazionale umanitario. Crede che ciò abbia rappresentato un ostacolo?

“Questa è un’altra cosa. Inizialmente il CICR, in caso di violazione del diritto internazionale umanitario, lo fa notare con discrezione, bilateralmente. Ma se non ci sono progressi e le violazioni si ripetono, allora le denuncie del CICR diventano pubbliche.

Sono stato criticato da Israele, come lo sono stato da altri paesi che non rispettavano le disposizioni delle Convenzioni di Ginevra.”

Qual è l’impatto di questo scacco all’ONU sul suo ruolo nel mondo e sull’applicazione del diritto umanitario?

“Non andiamo troppo lontani. Si trattava di una commissione di verifica dei fatti. L’ONU resta molto presente nei territori, con missioni anche a carattere umanitario.

Ciò che abbiamo comunicato al segretario generale, in una lettera inviata venerdì mattina, è che una presenza più marcata di personale internazionale nei campi profughi palestinesi avrebbe potuto, e può ancora, contribuire a proteggere i civili dalle due parti.

Pensiamo inoltre che le conseguenze umanitarie dei recenti avvenimenti di Jenin rischiano di aggravarsi a causa della distruzione delle infrastrutture e dell’indebolimento dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Era già debole prima, lo è ancor più oggi.”

Come ne esce l’ONU? Discreditata?

“Non lo credo. Non bisogna dimenticare che l’ONU rappresenta la volontà dei suoi Stati membri. Se gli Stati non hanno la volontà d’agire, se il Consiglio di sicurezza non mantiene il proprio sostegno a Kofi Annan, non bisogna incolpare l’ONU in sé. Bisogna prendersela con quei paesi, membri del Consiglio di Sicurezza, che non vogliono andare fino in fondo alla questione.”

Pensa agli Stati Uniti?

“Questo lo lascio dire a lei.”

Pierre Gobet, Zurigo

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